"Arte di parte". TRE DONNE E MOLTE OMBRE

Settembre. Il mese ideale per leggere qualche articolo, fra quelli messi da parte da mesi in attesa del momento propizio, e per passeggiare fra i monumenti della nostra città.
In questa lunga mattina soleggiata, tiriamo fuori dal mucchio una chicca di Lea Melandri, apparsa su un numero di Alfabeta2, addirittura del marzo 2011, che contiene uno speciale sull’artista Carla Accardi (1924).
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tre donne
Non esistono “donne reali” fuori dai volti molteplici che sono stati storicamente attribuiti al femminile.
E giù! Melandri argomenta di come la costruzione culturale del genere femminile, “una cultura prodotta da secoli di dominio maschile”, un “copione imposto”, porti all’effetto di messa in ombra delle donne reali, alla loro insignificanza e marginalità.
E, incalza, “che rapporto c’è fra questa “femminilità” e le donne reali”?

… con questa domanda che ancora ci martella, facciamo due passi in centro. Milano a inizio settembre è l’ideale per girare fra musei e chiese, in cerca di donne e di ombre…
San Maurizio Maggiore ospitava molte religiose, escluse dalla vista dei fedeli da una grata, fatta restringere ulteriormente in epoca controriformistica. In fondo, anche loro ombre.

Ma tra i dipinti di Bernardino Luini, nell’aula delle monache, ci viene incontro la prima, Bianca Maria Scapardone. Per Matteo Bandello (1485 -1561) il suo volto è qui fra gli affreschi, forse nella lunetta di destra del tramezzo, sotto le spoglie di Santa Caterina.
Sposata con Ermes Visconti e poi con Roberto di Challant, protagonista di un dramma di Giacosa (1847 –1906) e di molti altri racconti della letteratura europea, è morta a Milano il 20 ottobre 1526, decapitata sul rivellino del Castello Sforzesco, accusata dell’omicidio di uno dei suoi molti amanti. Tradita forse proprio dal suo complice, o da una delle damigelle torturate al suo posto, per estorcerne la confessione, o da una sua imprudente missiva.
Appena più che un’ombra, ci resta forse solo il volto di questa donna ricchissima, disinvolta, vivace e irrequieta, dall’intensa vita di passioni, vendette e misteri.
Chi era veramente questa protagonista della letteratura e dell’arte? Una donna malvagia, la vittima di una crudele rappresaglia politica o sentimentale, solo una donna scomoda?
 
A Porta Venezia, il giardinetto della Galleria d’Arte Moderna, con la sua cascatella, è imperdibile. Torniamo a visitare il museo (aperto gratuitamente tutti i giorni, tranne il lunedì).
I volti delle donne animano con sguardi, vesti e gioielli, la quiete estiva nelle sale: Amalia di Baviera, moglie del viceré Eugenio di Beauharnais, (Appiani, 1806), Giuseppina Corridoni Guenzati (Eliseo Sala, 1842), la fatale Matilde Juva Branca (Hayez, 1851), Luisa d'Azeglio Blondel Maumery, moglie del letterato (Ancora Sala, 1852), Antonietta Negroni Prati Morosini (sempre Hayez, 1871), la signora Hessel (1900, Edouard Vuillard).
I ritratti di Boldini e La femme aux pompons (1879) di Giuseppe de Nittis, Maria Marozzi, ritratta da Tranquillo Cremona.
Ombre. Donne di cui non è rimasta che un’immagine. Solo a costo di faticose ricerche si potrebbe scoprire qualcosa di loro. Sono contesse, marchese, famose cantanti. Mogli, madri e amanti, come nel dipinto di Boccioni in questa pagina.
Ma che resta veramente di loro?
Su al terzo piano, unica eccezione fra le tante, il volto di Sarah Bernhardt. Di lei sappiamo certo qualcosa. Ci sono pure le popolane, contadine e artigiane, e la madre di Boccioni che lavora l’uncinetto in controluce (ritratta nei primi anni del soggiorno milanese dell’autore). Anche loro solo immagini che pittori, uomini, hanno lasciato sulle tele.

Finalmente un nome femminile. Eccola, la seconda protagonista: Fulvia Bisi, pittrice. Il suo dipinto, del 1872, s’intitola "Un turbine". Cerchiamo di sapere di più su una delle poche, pochissime pittrici rappresentate fra le opere di queste pregevoli collezioni!
Il dizionario on line della Treccani ha una voce corrispondente a Bisi, Michele e a Bisi, Luigi, entrambi artisti milanesi dell’Ottocento. En passant, c’è la voce Bisio, Claudio, e poi Bisi, Giuseppe. E lì, leggendo con pazienza, proprio in fondo alla pagina, scopriamo che Giuseppe aveva una moglie e ben due figlie artiste, una delle quali è proprio Fulvia, l’autrice di “Un turbine”: nata a Milano il 24 dicembre 1818, si è dedicata alla pittura di paesaggio, ha ricevuto molti premi e partecipato a numerose e importanti esposizioni; è morta sempre a Milano il 15 luglio 1911.
A proposito del nostro quadro si dice:
“(…) i modi spezzati, tra ombre e macchie, sono tra i più vivi e moderni del paesaggio italiano nell'ultimo quarto del secolo”.
Ma allora perché non ha una voce tutta per sé nel dizionario?
Lei non è solo un’immagine; ha prodotto, dipinto, ha espresso di sé, per se stessa. In “Una stanza tutta per sé” e magari con qualche sostanza. Virginia Woolf lo dice chiaramente. Almeno 500 sterline l’anno (al valore del 1928 fa più o meno 25 mila euro). Se non ci credete guardate a p. 43 della nuova edizione di Newton Compton: solo 99 cent. per uno dei libri più belli che siano stati scritti. Chissà se Fulvia si è guadagnata da vivere con la sua arte, chissà fra quali difficoltà; il fatto di essere “figlia d’arte” l’avrà aiutata o condizionata?

Le donne pittrici rappresentate alla GAM sono ben poche. Pochissime. Noi che curiamo questa rubrica abbiamo notato solo lei. Ma ce ne sarà di certo qualcun’altra che a noi è sfuggita. Le cose andranno meglio con l’arte contemporanea.
Facciamo un salto alla Fondazione Stelline in corso Magenta. C’è la mostra Pittura europea dagli anni Ottanta ad oggi. Qui andrà certamente meglio. Nell’ultimo scorcio del XX secolo ci saranno sicuramente molte più donne autrici, artiste, performer, degne di nota.
In effetti, quattro su ventuno, in percentuale l’incremento è notevole (ma basta?).

Alle Stelline ci attende la terza e ultima donna della nostra passeggiata: Margherita Manzelli (Ravenna, 1968). Il suo quadro rapisce: Il dominio trasformato – nessun amore. Già il titolo mette i brividi. La figura femminile, emaciata e nuda nella parte inferiore del corpo, i grandi occhi a restituire muti, indifesi e cocciuti, forse la nostra stessa domanda, mentre affonda fra luce e ombra in un paesaggio deserto e fosco. La linea della vita sottilmente separa cielo e terra, parte alta e bassa del corpo scarnificato, che riempie di sé l’ampia parete e ti porta con sé. Donna sola in mondo lunare e ombroso. Fragile e dura. Mistica.
Mi sento compresa, attratta, assorbita nel quadro, come poche volte fin ora. Finalmente una donna dipinta da una donna. Questa è la differenza. Per questo vorrei vedere molti più dipinti di donne. Non oggetti d’arte, come la bellissima, rossa dea dell’amore dipinta da Segantini (sempre alla GAM), ma soggetti, autrici in grado di prendere la parola su se stesse.
 
Terminiamo con un’osservazione di Margherita Manzelli.
Alla domanda “Cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere oggi la carriera di artista?”, risponde con franchezza: “ Cercherei di fargli cambiare idea! È una condizione orribile, solo pochissimi ci riescono. Io sono stata molto fortunata, ma conosco molti amici molto più dotati, più bravi di me che non sono riusciti. E ci vuole una sorta di vocazione, di chiamata a una religione laica. Se non si ha quella, meglio dirottarsi su altro. Se mio figlio mi dicesse che vuol fare l'artista non la prenderei bene...”
Già. E se fosse una figlia?
E se oggi non fosse più accettabile presentare una netta e schiacciante minoranza di donne in un programma culturale o in una mostra d’arte?



Loredana Metta
info@lacasadelleartiste.it

Per curiosare:
Sul dramma di Giacosa sulla Contesssa di Challant:
http://it.wikipedia.org/wiki/La_signora_di_Challant
 
Su Sarah Bernhardt, la pagina dell’enciclopedia delle donne.
http://www.enciclopediadelledonne.it/index.php?azione=pagina&id=732
 
L’intervista di Manzelli da cui è tratta la citazione:
http://www.ravennaedintorni.it/ravenna-notizie/37401/margherita-manzelli-da-ravenna-al-mondo-e-ritorno.html
 
 
 

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