Chi è il maestro del lupo cattivo?

Ico Gasparri, napoletano di nascita, vive e lavora a Milano in Zona 3. Fotografo militante, ha raccolto per anni fotografie di manifesti pubblicitari che utilizzano il corpo delle donne in maniera lesiva e scritto sull'argomento un libro. Dalla prefazione di “Chi è il maestro del lupo cattivo?”: «Sono contro il modo quasi uniforme di fare pubblicità violenta contro le donne per le strade d'Italia». Per noi lo ha intervistato Claudia Francioni.
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Lupo Cattivo tagliata
Ico, quali sono le motivazioni che ti hanno portato a scrivere questo libro?
Sono un cittadino che resiste, sono un cittadino che combatte e finché ha forza per combattere, combatte finché quella battaglia non è vinta. È un impegno democratico radicato e radicale. Il libro è una sorta di consegna a una nazione che oggi si occupa di più di questo problema, venendo da un'epoca in cui non se ne occupava per nulla.
 
Napoletano adottato da Milano alla fine degli anni 80. Che cosa hai notato di diverso nella nostra città rispetto alle altre città italiane?
Milano è diversa dalle altre città italiane, e anche europee, perché qui nasce la pubblicità, siamo all'inizio degli anni 90 lanciatissimi verso il consumismo, l'edonismo. Milano è la capitale di tutti questi pensieri. C'era anche un investimento maggiore delle aziende. Per di più c'è stata una politica a dir poco disinvolta delle amministrazioni in termini di occupazione degli spazi pubblici destinati alla pubblicità: migliaia di metri quadrati di muri, case, palazzi, metropolitane che in altre città non trovi. A Milano abbiamo messo in primissimo piano il profitto dei privati anche quando queste pubblicità deturpano paesaggi, architetture, monumenti.
 
Secondo te, quali cambiamenti ci sono stati nella pubblicità dagli anni ‘90 ad oggi?
C'è stato sicuramente un peggioramento. Se fino a metà degli anni 90 certe immagini non si potevano mostrare, pian piano queste sono state sdoganate. Questa brutta parola per dire che si è fatta passare la dogana a qualcosa che prima sarebbe stata fermata, penso alle bambine “Lolite”, alle scene che alludono a donne prostitute e altre non meno dignitose. Non esiste nessun organo pubblico che filtri queste immagini. La pubblicità è un bene comune, visto dalla collettività, da bambini, ragazzi, anziani. Anche i pubblicitari hanno delle responsabilità etiche e dovrebbero acquisirne la consapevolezza.

Cosa ti disturba in particolare nella pubblicità sessista?
Prima di tutto il fatto che sia obbligatoria, non ci si possa sottrarre. Dobbiamo far capire che c'è una moltitudine da rispettare, che è una occupazione di spazio pubblico con dei contenuti nocivi. Oggi come oggi è difficile far capire che non sono innocue perché la stragrande maggioranza delle persone ha adottato una specie di giustificazione della propaganda del pensiero unico e cioè che essere ricchi e giovani sia più bello,di essere poveri e vecchi, come se ci piacesse invecchiare o avere l'artrosi.
Nel frattempo abbiamo sostituito i valori della condivisione del tempo, della saggezza, dell'amicizia con dei valori effimeri e superficiali. Questi valori sono stati adottati, anche dalle persone in buona fede, anche quelli che dicono difendere i diritti della donna ma quando guardano queste pubblicità non vedono che lì c'è un'azione di calpestio di questi diritti.
Sembra che tutti - adulti, giovani, donne, uomini - siano passivi, tolleranti e a volte complici nell'accettazione di queste pubblicità. Siamo complici, non tanto perché non ci rendiamo conto o non vediamo; siamo complici perché dopo avere visto, acquistiamo.
Lo ripeterò fino alla nausea questi messaggi sono finalizzati alla vendita di un prodotto, al profitto, non sono espressioni artistiche. Anche il consumatore avveduto che giudica negativamente queste pubblicità poi entra nel negozio, disinvoltamente e compra.
Non acquistare sarebbe un gesto rivoluzionario la riaffermazione del valore supremo del bene comune, restituirebbe una visione, una veste di protagonista del cittadino.  Cosa possiamo/dobbiamo chiedere alla politica?
Andrebbero fatte delle campagne di sensibilizzazioni.
Se fossi il sindaco di Milano o di un piccolo paese farei una provocazione, assumendomi le mie responsabilità, prenderei le distanze e direi «non posso togliere questa pubblicità ma prendo le distanze». Bisognerebbe ridurre gli spazi pubblicitari, parlare con la gente, fare interviste sporcarsi le mani.
 
Mi hai raccontato di una figlia adolescente. Come si concilia l'ottica di un uomo e padre in questo campo?
Come padre e come uomo mi sono posto il problema, e appartengo a quella minoranza di uomini italiani, che vivono in maniera civile, senza fare il gioco perenne del “macho”, del maschilista, di quello che pensa che le donne siano la decorazione della propria casa. Come padre di una figlia femmina sono preoccupatissimo perché per quanto io possa educare mia figlia d essere avvertita e attenta, fuori dalla nostra casa c'è un mondo che è fatto, di compagni di scuola di amici, di giornali, di cinema di televisione che parla una lingua completamente diversa. Le figlie sono poco educate a questo argomento e quindi si imbevono di questa cultura maschilista che genera dentro di loro il rito dell'auto-oggettivazione e si preparano ad essere piacevoli, piacenti e disponibili per gli uomini. C'è un intero mondo che è disarmato davanti a questo pericolo.

Cosa pensi di potere fare o ti piacerebbe fare come creativo in Zona 3 per la pubblicità lesiva?
Attaccherei per strada dei manifesti dove il comitato di Zona tre prende le distanze da tutto ciò. Ci paghiamo un nostro manifesto nel quale dichiariamo che il consiglio di zona prende posizione unilaterale, senza voler discutere, contro la pubblicità sessista, da questo uso scellerato degli spazi pubblici. Bisogna fare delle azioni di interdizione anche fisica a volte, con rappresentazioni teatrali, musica sotto i manifesti. C'è bisogno di una vera militanza.
Farei anche delle campagne di contro informazione e userei dei manifesti utilizzando la creatività. Per esempio potremmo costruire delle finte campagne pubblicitarie di biancheria intima femminile non lesiva usando l'ironia e organizzando manifestazioni teatrali a tema e musicali sotto i manifesti.
Ricominciamo a creare ed educare alla pubblicità : prendiamo la stessa modella, togliamo la faccia provocante, il dito dalla bocca, l'atteggiamento sinuoso. Smettiamo di pubblicizzare donne magrissime, donne bellissime, donne truccate al computer per togliere le rughe, la cellulite, avviciniamoci al mondo della realtà.
Usiamo l'ironia, la creatività per ridare un senso ai valori.

Claudia Francioni, Comitato X Milano di Zona 3


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Re: Chi è il maestro del lupo cattivo?
25/01/2012 nicoletta bucci
Come madre di una ragazza di 21 anni mi ritrovo molto nelle parole di Ico.
La famiglia passa messaggi che si scontrano oggi ferocemente con la realtà esterna.
Sarebbe veramente interessante riuscire ad organizzare qualcosa nel Comitato che su questo tema integrasse gruppi diversi come scuole,comunicazione,biblioteche e ovviamente donne!
Mi rendo altrettanto conto di quanto lavoro ognuno di noi abbia già sul tavolo...non so, lancio l'idea e vediamo se potrà realizzarsi.


 
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