Sia lode ora a donne di fama: Patrizia Valduga

Nella nostra zona ci sono e ci sono state persone importanti che contribuiscono e hanno contribuito al progresso sociale, civile e culturale della nostra città e del nostro Paese. L’occasione di conoscerle è un modo per stare nella storia e nelle stagioni. ()
valduga web
Patrizia Valduga è poetessa ardita nei versi e nelle scelte di vita. Le sue numerose raccolte di poesia sono state pubblicate dagli editori più importanti.
È stata per oltre vent’anni la compagna di Giovanni Raboni, con cui ha anche condiviso l’amore per il quartiere dove hanno vissuto insieme una storia di passione intensa.
Di lei ci piace ricordare questi versi: “Io sono sempre stata come sono/anche quando non ero come sono/e non saprà nessuno come sono/perché non sono solo come sono”.

Cosa rappresenta per te la poesia?
Niente di più di quello che è: un’arte, e il suo materiale è la lingua. Posso citare Eliot?
“La poesia non è uno scatenarsi delle emozioni, ma una fuga dalle emozioni; non è l'espressione della personalità, ma una fuga dalla personalità. Naturalmente, però, soltanto coloro che possiedono personalità e sensibilità sanno che cosa significhi voler evadere da esse”. Esattamente l’opposto di quello che vogliono farci credere… E il lavoro sulla lingua è premiato da un piacere grande, puro e trasmissibile: quello della forma.

Cosa ti ha spinto a scrivere poesie?
Il primo sonetto che ho scritto, l’ho scritto per sedurre un professore di Ca’ Foscari. Ci sono riuscita. Ho continuato perché il piacere che ho provato a scriverlo è stato ben più grande del piacere che ho provato ad accoppiarmi col professore.

Qual è lo stato di salute della poesia oggi nel nostro Paese?
Non mancano i poeti di valore, manca chi li valorizza. E vincono i pataccari, gli esibizionisti, i cantautori… Oggi i giudizi non si pesano, si contano; e i giudizi senza fondamento di qualche ragazzino che tiene un diario in pubblico contano più della parola di chi ha studiato la poesia tutta una vita. Ma non dobbiamo lamentarci: è così dappertutto, in arte, in politica… Finirà, prima o poi.

Quali sono i tuoi riferimenti culturali e poetici? Esistono maestri in poesia?
Giovanni Raboni è stato il mio maestro, e il mio amore.

Se dovessi scegliere una tua poesia, una sola, quale?
Due versi, vecchi come il cucco, e neppure in rima: “Sa sedurre la carne la parola, / prepara il gesto, produce destini…”

A quale progetto stai lavorando in questo momento?
Dopo aver fatto un libro di citazioni dalla Recherche di Proust, vorrei farne uno dall’epistolario di Flaubert. Sono 5 volumi della Biblioteca della Pléiade!

Qual è il tuo rapporto con Milano e con il quartiere in cui vivi?
 “Porta Venezia è bella come un porto”, ha scritto Raboni, che è nato in via San Gregorio al n. 53. E il bello è che Porta Venezia mi è piaciuta anche prima di saperlo. Abitavamo in via Rasori, ero da poco arrivata a Milano; un giorno mi sono avventurata in cerca di un negozio di vestiti usati, in via Casati. Tornata a casa, gli ho detto: “È bellissima, Porta Venezia! quanta luce! quanto spazio! quanto verde! quanta gente! La conosci?” E lui mi ha risposto: “Ci sono nato.” E, appena abbiamo potuto, siamo venuti a stare qui, prima in via Castaldi, sulla “rive gauche”, poi in via Melzo, sulla “rive droite”. Non potrei mai vivere in un quartiere residenziale, mi sentirei troppo sola, adesso che sono sola.

Tra quello che Raboni ha scritto su Porta Venezia, cosa altro ti viene in mente?
La “Piccola passeggiata trionfale” di Ogni terzo pensiero: “Che lunga, lentissima rincorsa. Ci ho messo quasi sessant’anni per passare da una parte all’altra del corso, trentadue, mese più mese meno, per coprire la distanza fra il quintetto in sol minore con due viole e il quintetto in do maggiore con due violoncelli. Ma queste cose e le altre ambientate incredibilmente altrove sono state fatte come tenendo il fiato, in un unico pensiero”. Pensa, compio sessant’anni, non ho nessun corso da attraversare né distanze da coprire, eppure, te lo giuro, vivo “come tenendo il fiato, in un unico pensiero”.

a cura di Massimo Cecconi

In apertura: Patrizia Valduga fotografata da Gianfranco Molino

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