Incontro con Sylvie Coyaud: Ovvero contro la falsa scienza

Spazio Teatro No’hma, nell’ambito del ciclo “Il senso della parola”, ha recentemente ospitato due serate con Sylvie Coyaud a cui è stato chiesto di misurarsi con la figura retorica dell’elocutionello spettacolo “L’abito fa la monaca”.

Sylvie Coyaud è una giornalista che da oltre vent’anni si occupa di ricerca scientifica. Collabora, tra l’altro, con Radio Popolare, D-La Repubblica e Il Sole 24 Ore. Ha pubblicato molti volumi di carattere scientifico.

La sua passione civile e la sua competenza si sono manifestate con garbo ironico raccontando a un pubblico molto coinvolto le malefatte della malascienza.


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sylvie coyaud nohma

Qual è il contenuto dello spettacolo L’abito fa la monaca?

Il linguaggio della scienza serve a tenere in riga gli scienziati, a mantenerli onesti. Devono dimostrare quello che dicono e che il sapere nuovo che propongono non se lo sono inventato.

Occorre che tutti i termini siano ben definiti. Non è facile perché la scienza continua a cambiare e i termini sembrano giusti al momento, ma poi possono risultare sbagliati. Ad esempio, l’ape, nel linguaggio scientifico si chiama Apis mellifera(da fero che in latino significa portare), ma non è vero che porta il miele, il miele lo fa. Linneo aveva sbagliato la denominazione (e poi lo riconobbe). Ormai i ricercatori sono quasi nove milioni nel mondo, per evitare la Torre di Babele ci sono regole sull’uso del linguaggio. Il problema che affronto in questo spettacolo è riferito a chi abusa della specificità del linguaggio scientifico che è un linguaggio onesto, nel suo contesto. C’è gente però che lo estrae dal suo contesto per venderci qualcosa, ad esempio esiste l’omeopatia quantistica, ma la fisica quantistica si applica alla scala minuscola delle particelle, non al nostro corpo.

C’è anche chi dice che esiste la fusione fredda, e vende appositi reattori, anche per uso domestico. Ma la fusione fredda non esiste. Quando due atomi si fondono producono radiazioni, neutroni, reazioni violentissime, quelle che avvengono nel Sole o in una bomba a neutroni.

L’idea dello spettacolo è di richiamare l’attenzione sulla falsa scienza. Un tempo, una pubblicità diceva “Metti un tigre nel motore”, chi andava a fare il pieno di quella benzina non credeva di mettercelo!

Bisognerebbe avere lo stesso atteggiamento verso parole scientifiche, riconoscere se hanno un senso o no, o se sono messe sull’etichetta per creare un’illusione. E arricchire qualche disonesto.

Cosa si cela sotto gli abiti della scienza?

Il mondo, dai virus all’universo! Come ogni lingua, quello della scienza è una convenzione, accettata da tutti quelli che la parlano. Non si può dire che 2+2 fa 5, ci sono regole che vanno rispettate. Chi non le rispetta è estromesso dalla comunità scientifica. Nella società c’è chi si traveste con quelle parole per farci credere che 2+2 fa 5, per venderci il motore ad acqua o lo yogurt da 50 euro che dovrebbe curare l’Aids. Non importa se una persona non sa di scienza, come diceva Richard Feynman, un famoso fisico:” Ci sono altre cose importanti nella vita, l’amore per esempio”. L’importante è non farsi rifilare alcunché da persone che truccano il proprio curriculum, che truccano i dati, che si travestono da monache per rubarci la merenda.

Qual è il ruolo della scienza oggi nel nostro Paese?

Enorme, come dappertutto. All’inizio del secolo scorso, in Italia la durata media della vita era di 40 anni, oggi è raddoppiata. C’è una scienza che crea armi mortali, ma è una parte minuscola. Il resto ci fa capire come procede il mondo e come starci nel modo migliore possibile. Come Feynman, non credo che sia indispensabile conoscerla e men che meno praticarla, però mi irrita moltissimo che pseudo scienziati vadano dai politici a farsi dare dei soldi per della pseudo- scienza. Da francese sciovinista, devo ammettere che in fisica, per esempio, gli italiani sono eccezionali. Vorrei che fossero famosi loro, e non le contraffazioni.

Come va la ricerca scientifica in Italia?

Bella domanda. Da quasi 20 anni i Governi tagliano i fondi, eppure i ricercatori italiani sono fra i più produttivi, al sesto o al settimo posto al mondo. Bistrattati , precari, ignorati, fanno lo stesso un lavoro stupendo.

Lo fanno per passione, non per i soldi, non per diventare famosi. Qui c’è poca attenzione per la scienza, anche nei media, perciò c’è chi approfitta dell’indifferenza e dell’ignoranza.

C’è anche una retorica collettiva un po’ ipocrita, trovo. Tutti – Confindustria, sindacati, partiti, associazioni della società civile - dicono che bisogna finanziare di più la ricerca, fermare la fuga dei cervelli, perché la ricerca porta innovazione e l’innovazione porta sviluppo. Tutti lo dicono e nessuno lo fa.


(a cura di Massimo Cecconi)




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