La riproduzione e l'IVG in Italia, tra etica e scienza: uno sguardo socio-antropologico

L'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), tema affrontato in un'ottica ad ampio raggio, ha avuto un forte richiamo lo scorso 10 dicembre nell'aula gremita della Clinica Mangiagalli a Milano. Il seminario, organizzato e patrocinato dal Corso di Laurea in Ostetricia dell’Università degli Studi di Milano in collaborazione con l’Associazione Blimunde-Sguardi di Donne su Salute e Medicina, ha presentato i risultati preliminari di una ricerca socio-antropologico sull’esperienza e le opinioni dei ginecologi italiani sull’IVG e l’obiezione di coscienza condotta fra Milano e Roma. ()
ivg web
La maggioranza dei ginecologi/e obiettori/trici intervistati/e ha riconosciuto che l’aborto legale è un diritto fondamentale delle donne e della necessità della legge per evitare le conseguenze dell’aborto clandestino.
Molti hanno sottolineato che occuparsi di IVG significa fare un lavoro poco gratificante, osteggiato da colleghi e primari obiettori, con delle ricadute sul piano della carriera per chi sceglie di applicare la Legge 194 e di offrire un servizio che Ospedali e Regioni sono tenuti per Legge ad assicurare. Questi i risultati preliminari della ricerca condotta dalla dottoressa Silvia De Zordo, antropologa e ricercatrice presso l’Università di Londra-Goldsmiths College, e Lia Lombardi, sociologa presso l’Università degli Studi di Milano e la Fondazione Ismu e colleghi.

La sociologa ha evidenziato quanto l’IVG sia, da un punto di vista storico-sociologico, un fenomeno universale, una pratica “antica quanto il mondo” puntualizzando quanto, in momenti storici e in culture diverse, sia stata accettata, tollerata o, al contrario, criminalizzata; commentando successivamente gli ultimi dati sull’IVG delle donne italiane e straniere residenti in Italia, ha fatto presente la costante diminuzione dell'abortività delle donne italiane e il recente sensibile decremento dei tassi di abortività delle donne straniere, in relazione alle mutate condizioni sociali e migratorie.

Claudia Mattalucci, ricercatrice in antropologia culturale presso l’Università di Milano-Bicocca, ha analizzato le retoriche “pro-life” e quella che viene definita dal movimento per la vita internazionale come “sindrome post-aborto”, a partire da testimonianze di donne che hanno vissuto l’IVG, dimostrando come esperienze soggettive e “mondi morali locali” distinti inducono diverse percezioni e scelte in merito ad accadimenti apparentemente “uguali”.

La dottoressa Anna Uglietti, ginecologa ospedaliera e responsabile del reparto IVG presso la Clinica Mangiagalli, attraverso la propria testimonianza diretta, ha evidenziato i luoghi più bui di quello che, ha confermato, viene considerato da molti un “lavoro sporco”, ancorché essenziale, a rischio di “burn-out” per chi decide di occuparsi di IVG.

Infine, l’ultima parola prima del vivace dibattito conclusivo, è toccata a Roberta Sala, filosofa politica e ricercatrice presso l'Università San Raffaele di Milano; nel tessere le fila dei vari discorsi in qualità di coordinatrice della discussione, ha messo in luce l'approccio “plurale” con cui il seminario è stato sviluppato e strutturato (discipline e sguardi diversi, contesti, culture e storie diverse e plurali). È ancora la stessa Sala a sollevare il problema dell'obiezione di coscienza, sottolineando la “sottile” quanto ambigua differenza tra “obiezione di coscienza” e “disobbedienza civile”.

È obiezione di coscienza o disobbedienza civile quella che viene praticata nei confronti della Legge 194/78? L’obiezione di coscienza, un fatto privato, intimo (se di coscienza si tratta), in quanto tale deve infatti permettere la convivenza delle libertà individuali, mentre l’obiezione di un operatore/trice viola la libertà individuale di chi opta per l’interruzione della propria gravidanza.

Non si può quindi parlare di “obiezione di coscienza” in senso stretto, poiché chi obietta adducendo “ragioni di giustizia” e mettendo cioè in discussione la validità stessa della Legge 194/78, si trova più nella posizione del “disobbediente civile”.
Questo è un fatto che, per una presente e futura corretta discussione dell’argomento, è fondamentale evidenziare e assumere.
 
Associazione BLIMUNDE
Sguardi di Donne su Salute e Medicina
 

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