Tutti gli uomini del Presidente. E le donne?

Le giunte Formigoni brillano per “mancata rappresentanza di genere”. Lo aveva già affermato una sentenza del Consiglio di Stato. E nulla muta nella composizione della nuova giunta “a tempo”: solo 2 donne su 12 assessori! Ma forse il vento sta cambiando.
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Sciolto il consiglio regionale della Lombardia, non sappiamo se, come sostiene il Carroccio, l'era Formigoni sia realmente finita o meno. Del resto "il Celeste", arrogante e sicuro come sempre, strombazza che i giochi sono già fatti per la continuità del "suo buon governo".
Affermazione del tutto opinabile, ma un dato di fatto è certo: il suo governo non è stato mai granché generoso verso le donne né ha sostenuto le pari opportunità e la parità di genere.

È di questi giorni la notizia che con il "maxi emendamento"(ben 129 delibere votate con un tempo medio di 30 secondi per ognuna, campo sanitario incluso) è stata approvata la nuova legge elettorale, che include il criterio dell’alternanza di genere uomo-donna nelle liste elettorali, ma non la possibilità di esprimere la doppia preferenza di genere, come era stato proposto [un meccanismo caldeggiato da FIDAPA - Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari - e sperimentato con successo nelle elezioni regionali in Campania, dove le donne in consiglio regionale sono passate dal 3% al 23%].

Per certo, si tratta di una buona notizia che suona però da saldo di fine stagione. Ma non solo. Poiché Formigoni sembra essere sempre un po' schizzinoso nei confronti delle Quota Rosa, ha pensato bene di nominare la nuova giunta provvisoria con sole 2 donne su 12 elementi, motivando probabilmente la scelta in base al principio delle competenze degli assessori nell’ambito delle loro specifiche deleghe e cavillando sulla discussa differenza nel linguaggio giuridico fra il "promuovere" e l’"assicurare" dell'articolo 51, quello che sancisce l'applicazione delle pari opportunità e l’eguaglianza di genere.
Un deja vu, poiché già in passato il Consiglio di Stato aveva bocciato la Giunta Formigoni composta da una donna e 15 uomini proprio per la mancata rappresentanza di genere negli organi di governo.
Insomma, è come dire che tranne rare eccezioni, Minetti docet, non ci sono donne competenti per tali ruoli.

Del resto, su questo aspetto, nemmeno le altre Istituzioni hanno dato un buon esempio, almeno finora.
Un quadro della situazione attuale è stato fornito dalla senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati: su quasi ottantamila consiglieri comunali, le donne sono 14.663, meno del 20%. Su 8.001 sindaci, solo 847 sono donne, cioè il 10%. In Parlamento la situazione è analoga: le deputate della Camera sono circa il 20% e le senatrici il 18,7% (60 su 320). Sconfortante.
 
Uno spiraglio sembra comunque essersi aperto. Il disegno di legge sul riequilibrio delle rappresentanze di genere nelle regioni e negli enti locali, che aveva iniziato il suo iter alla Camera nel 2010, è approdato ed è stato approvato in questi giorni al Senato - inclusa la legge sulla doppia preferenza di genere. Il provvedimento modificato dalla commissione, dovrà poi tornare alla Camera per l’approvazione definitiva.

Ma qual è il suo significato? Significa essenzialmente più possibilità per le donne di entrare nelle "stanze del potere", nei consigli comunali e circoscrizionali, nei consigli regionali e nelle giunte comunali e provinciali e cioè governare o amministrare. Ma tutto questo sarà possibile se saranno sostenute anche dai partiti, spesso ancora in balia di un gioco di potere molto sessista e non trascurabile.
 
A questo punto vedremo cosa succederà in Lombardia, con le prossime elezioni della giunta regionale.
Forse, per quanto riguarda la parità di genere, l'era Formigoni potrebbe essere realmente finita.
Almeno, così ci auguriamo.

Marzia Frateschi

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