Se non ora quando: la rappresentanza e il cambiamento
Il Comitato “Se non ora quando” ha organizzato un’assemblea aperta il 26 novembre scorso (ospitata al Teatro Elfo Puccini di Milano): un momento significativo per la città intera, dove hanno trovato spazio il confronto e lo scambio di esperienze, finalizzati a definire una piattaforma di contenuti politici condivisi e a coordinare i futuri contenuti dell'agenda delle donne di Milano e della Lombardia.
(a cura di Luciana Guidotti)29/11/2011Le donne sono un elemento di trasformazione sociale e un
soggetto centrale per la democrazia. Per questo motivo, e a maggior ragione
nella grave situazione sociale, economica e politica in cui versa il Paese, è
necessario che le donne continuino a mobilitarsi, non solo per denunciare i
modi e i numeri della discriminazione, ma per costruire una piattaforma di
contenuti politici condivisi. Riportiamo alcune suggestioni dall’assemblea di“Se non ora quando” del 26 novembre, da cui è emerso il chiaro invito a
definire un soggetto politico organizzato, in grado di promuovere nuovi criteri
per la scelta della futura classe dirigente di questo Paese.
Come ha avuto modo di sottolineare Antonella Coccia del Comitato Promotore SNOQ Milano nella sua relazione di apertura lavori (di cui riportiamo ampi stralci) obiettivo della riunione era la costruzione di un’esperienza comune «perché riteniamo - ha precisato Coccia - che di questa nuova fase politica sia necessario ragionare tutte insieme. L’azione congiunta di molte donne tutte diverse, orientate al perseguimento di obiettivi comuni, ha prodotto risultati inaspettati, a partire dalla mobilitazione nazionale del 13 febbraio scorso. Questa storia ci racconta che tutte insieme possiamo generare una forza politica che produce un cambiamento».
E il cambiamento passa attraverso la condivisione di
contenuti, per arrivare a una piattaforma partecipata, in cui tutte le donne
possano riconoscersi e agire, dimostrando di non essere «né mute né assenti e,
soprattutto, non intenzionate ad assistere indifferenti al degrado morale e
civile in cui un governo, insieme alla sua cultura diffusa, hanno fatto
precipitare il Paese».
Le donne ci sono
Negli ultimi vent’anni «mentre gli spazi tradizionali della
politica si svuotavano di autorevolezza e di senso, diventando giocattolo del
potere e delle ambizioni maschili, le donne hanno continuato a lottare per
mantenere e alimentare uno spazio pubblico diverso, uno spazio di
trasformazione: nel privato, nel sociale, nel lavoro, nella scuola,
nell’associazionismo e nel volontariato, nelle professioni e nel sindacato, nel
mondo dell’arte e in quello della conoscenza. Non si improvvisa un’inondazione
come quella del 13 febbraio» ricorda ancora Coccia.
Dato che quelle manifestazioni hanno rappresentato solo il
punto di arrivo di un costante e ininterrotto lavoro fatto da molte donne, nel
corso degli ultimi vent’anni, in tutti i luoghi in cui sono state e in cui si
sono espresse, ora è arrivato il momento di organizzare la ripartenza di questa
forza femminile.
Considerate da tutte le statistiche italiane le più
preparate culturalmente e le più credibili, le donne sono al contempo le più
colpite dalla crisi economica, dalla precarietà e da un welfare inadeguato. E
sono ancora troppo lontane dai ruoli di dirigenza e da un sistema che premi il
talento e il merito.
Dunque, ora più che mai è necessario scardinare il vecchio
sistema di relazione tra uomo e donna. «Il crollo del berlusconismo, insieme
alla pesante crisi economica che attraversa il Paese, ci impone di discutere
della ricostruzione di un sistema che riscriva un nuovo patto sociale fra donne
e uomini, come fra native e migranti e fra donne di generazioni diverse, non
solo per evitare che conquiste importanti vengano cancellate, ma anche perché è
arrivato il momento di estendere quei diritti di cittadinanza e civiltà alle
altre donne che ancora oggi non possono goderne pienamente (precarie, lesbiche
e migranti)».
Le sfide
La soffocante crisi economica che stiamo vivendo e la
prossima scadenza elettorale non lasciano spazio ad alcuno spontaneismo.
«Noi donne non siamo una “categoria” o una “parte sociale”
omogenea. Ed è per questo che non dobbiamo sciogliere le nostre appartenenze
per confluire in una struttura più ampia, perché è proprio questa pluralità di
linguaggi e di pensieri che garantisce la concretezza a questo movimento e ci
chiarisce il senso di questo nostro stare insieme. Ciononostante, noi tutte
condividiamo interessi che hanno una base sociale comune. Per questa ragione è
necessario mettere a fattor comune le nostre vite, le nostre diverse
esperienze, ma d’ora in poi in modo organizzato».
La vera sfida - ricorda ancora Coccia - sta nel definire con
modalità collettive e democratiche, le regole di un processo decisionale
condiviso da tutte, non solo qui a Milano, ma su tutto il territorio nazionale.
In attesa delle prossime elezioni, è quindi necessario
individuare e sperimentare pratiche condivise per scardinare l’attuale modello
verticistico che istituzionalizza la distanza tra chi governa e le altre donne
e gli altri uomini. «E se il dato numerico non esaurisce il tema della rappresentanza,
che non è una questione meramente quantitativa, quello di cui è necessario
discutere ora è la qualità della rappresentanza democratica, dove le donne
possano esprimere appieno le proprie competenze professionali e politiche,
nonché la volontà, oltre che un’attitudine, a occuparsi della cosa pubblica».
Oltre che sul tema centrale della rappresentanza, le donne
in assemblea si sono confrontate su: violenza contro le donne; unioni civili;
immagine delle donne nei media; donne e lavoro; democrazia paritaria.
(sintesi della relazione presentata da Antonella Coccia,
Comitato Promotore SNOQ Milano, 26 novembre 2011)