In ricordo di Giuseppe Pontiggia

Ricorrono oggi vent'anni dalla scomparsa dello scrittore e letterato vissuto a lungo nel nostro municipio. ()
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Scrittore, aforista, critico letterario, curatore editoriale, docente di scrittura creativa, autore radiofonico, editorialista, bibliomane e molto altro ancora, Giuseppe Pontiggia, Peppo per gli amici, era un nostro vicino di casa: risiedeva in via Farneti, nel Municipio 3, fino alla sua prematura scomparsa, di cui il 27 giugno cadono vent'anni.

Comasco, classe 1934, si era trasferito a Milano con la madre, il fratello e la sorella, nel Dopoguerra, in zona Lambrate. Frequenta il Liceo Carducci, che ancora aveva sede in via Lulli e poi, a diciassette anni, trova impiego in banca, iscrivendosi comunque all’università e laureandosi in Lettere con una tesi sulla tecnica narrativa di Italo Svevo.
Per uno come lui, curioso e pieno di interessi, il lavoro in banca era la morte dell’anima, ma Giuseppe Pontiggia ne fa il motivo ispiratore del suo primo romanzo, "La morte in banca", scritto a 18 anni e pubblicato nel 1959 sui Quaderni del Verri. Elio Vittorini lo legge ed esorta Pontiggia a proseguire sulla strada della scrittura.

Ma la vita lo pone continuamente davanti a ostacoli dolorosi. Quando aveva solo 9 anni, il padre, che aveva aderito al Partito fascista, forse per uno scambio di persona, viene ucciso in un agguato nel quale trova la morte anche un suo conoscente. Due partigiani estranei ai fatti vengono accusati dell’omicidio e uno di loro fucilato.
Il Peppo trova la forza interiore per sopravvivere al tragico evento e a quanto ne consegue, ma nel 1955 la tragedia torna ad abbattersi sulla famiglia, quando la sorella Elena, a soli vent’anni, si toglie la vita nella casa di via D’Ovidio.

Delle sue vicende familiari Giuseppe Pontiggia non scrive molto. Ne parla invece diffusamente il fratello Giampietro, poeta con lo pseudonimo di Giampiero Neri, scomparso a febbraio di quest’anno, che si racconta in un libro-intervista intitolato "Un maestro in ombra" di Alessandro Rivali.
Dalla biografia di Giampietro Pontiggia emerge, per contrasto, il ritratto del fratello minore Giuseppe: tanto l’uno era scontroso e introspettivo, quanto l’altro era solare e affabile, innamorato della vita, con tutte le sue asperità. Fin da giovane il Peppo sembrava essere una persona risolta, capace di vivere la vita.

Nel 1961 passa all’insegnamento serale che gli consente di dedicare più tempo alla lettura e ai suoi molteplici interessi, che spaziano dalle religioni orientali al romanzo surrealista, dalla psicoanalisi agli scacchi, dalla boxe alle storie su Milano e molto altro.
Presto approda anche al lavoro come consulente editoriale, per Adelphi e per Mondadori, in cui eccelle per rigore e competenza, ma anche capacità di capire il mercato letterario e le oscillazioni del gusto.

Il suo secondo romanzo, "L’arte della fuga", forse per un eccesso di sperimentalismo, non ha il successo sperato e Pontiggia si volge alla saggistica e alla critica letteraria. Produce un autentico zibaldone in cui riversa il suo spirito critico, etico e civile e che, anni dopo, raccoglierà in una serie di raccolte di saggi.

Nel frattempo si sposa con Lucia Magnocavallo e va a vivere dapprima in via Morgagni e poi nella casa fatta costruire dal nonno di Lucia in via Farneti.
Nel 1969 nasce il figlio Andrea, con una forma di disabilità motoria che richiede attenzione e cure costanti da parte dei due genitori. Per questo Pontiggia lascia l’insegnamento.

Alla fine degli anni 70 Giuseppe Pontiggia torna alla narrativa con un trittico di gialli atipici: da "Il Giocatore invisibile" del 1978, uscito per Mondadori come gli altri due, sono stati tratti ben due film (uno nel 1985 e l’altro nel 2017), "Il Raggio d’Ombra" del 1983 e "La grande sera" del 1989, che gli valse il Premio Strega.

Sarà però coi successivi due volumi che Pontiggia approderà al successo e alla notorietà presso il grande pubblico: "Vite di uomini non illustri" (uscito nel 1993 e insignito del Super Flaiano) e, soprattutto, "Nati due volte" del 2000 per cui gli vengono assegnati i premi Campiello e Pen Club nel 2001.
"Vite di uomini non illustri" segna uno dei punti più alti della sua narrativa: attraverso le brevi biografie dei suoi 'non illustri' protagonisti il libro tratteggia anche un ritratto storico dell’Italia del Novecento. Da una delle brevi biografie il regista Mario Monicelli ha tratto il film "Facciamo paradiso" (del 1995).

E poi "Nati due volte" il libro uscito nel 2000 che lo consacra fra gli scrittori più amati dal pubblico e che ispira a Gianni Amelio il film "Le chiavi di casa" (del 2004).
Potrebbe sembrare un romanzo autobiografico dal momento che racconta il rapporto di un padre col figlio disabile e il suo percorso per accettare la condizione del figlio. Si tratta però di un libro sulla 'diversa disabilità' di rapportarsi con ciò che si intende col termine ombrello di 'disabilità'.

Dagli anni 80 Giuseppe Pontiggia tiene corsi di scrittura presso università e altri enti e, a metà degli anni 90, invitato dal critico televisivo Aldo Grasso, allora direttore a Radio Rai, approda alla radio con un felicissimo programma sui problemi dello scrivere intitolato "Dentro la sera. Conversazioni sullo scrivere" (grazie alla disponibilità di Lucia e Andrea Pontiggia tutte le dieci puntate sono ascoltabili sul canale YouTube).
L’esperienza di Pontiggia in radio, molto apprezzata dal pubblico, è destinata a ripetersi, ma il 27 giugno del 2003, la sua vita si spezza improvvisamente per un collasso cardiocircolatorio. Ai suoi funerali nella parrocchia di San Giovanni in Laterano a Città Studi partecipa il gotha dell’editoria italiana, ma anche tanta gente comune che lo aveva conosciuto attraverso i suoi libri e le sue conversazioni radiofoniche.

Nel cimitero di Arcellasco dove riposa, il cugino Ezio Frigerio, suo compagno di giochi infantili e poi illustre scenografo del Teatro alla Scala e del Piccolo, fa realizzare un mosaico che riproduce un mosaico romano raffigurante Orfeo con la cetra in mano che canta agli animali.
Giuseppe Pontiggia continua a vivere nel cuore e nei pensieri di Lucia, la sua moglie e collega amatissima, di Andrea, il suo adorato figlio, che col padre intratteneva un rapporto di amore condito di sfottò e di condivisione di interessi (che fosse lo sport o la passione per Milano, la sua storia, le sue tradizioni popolari) e di uno stuolo di affezionati amici di famiglia.

Prima o poi anche i Milanesi potranno godere di un’altra grande passione di Giuseppe Pontiggia, quella per i libri che lui aveva mutuata dal padre e che lo aveva portato ad accumulare quasi 40.000 volumi (in gran parte letti). La sua biblioteca, dopo varie peripezie, è approdata alla Biblioteca Europea di Informazione e Cultura (BEIC), in costruzione presso l’ex stazione di Porta Vittoria.
Milano ha reso omaggio a Giuseppe Pontiggia con l’Ambrogino d’Oro nel 2001, ricevendone in cambio il lavoro di una vita spesa per l’arte dello scrivere e una biblioteca che lui definiva il suo 'castello di carta'.


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Giuseppe Pontiggia è uno dei Volti in Primo Piano (Vipp), personaggi che hanno lasciato un’importante eredità nel loro campo, vissuti in Municipio 3. Il progetto, ideato dall’associazione culturale Slow City e realizzato grazie al finanziamento del Municipio 3, prevede l’apposizione di una targhetta sulla facciata della casa abitata dal personaggio con un QR code che rimanda ad un video sul Vipp e a sette clip in altrettante lingue straniere.

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