Il sol dell’avvenir

Ben tornato Moretti. Creativo e irriverente, politico suo malgrado in una società che avrebbe sempre più bisogno di buona politica. ()
il sol avvenire
Gaudeamus igitur: Nanni Moretti è tornato con tutte le sue ossessioni, manie, psicosi, certezze (poche), incertezze (assai), per non dire delle sue proverbiali idiosincrasie (spassosa quella nei confronti dei sabot).
E’ tornato dopo due anni dal suo irrisolto “Tre piani” (2021), tratto dall’ottimo romanzo di Eshkol Nevo, mettendoci del suo dall’inizio alla fine di un film che, attraverso il vezzo/esercizio di fare cinema nel cinema, racconta numerosi piani che contengono ed esprimono tutta la sapienza cinematografica morettiana.
Principale film nel film è una originale lettura di ciò che accadde in Italia in occasione dei fatti di Ungheria del 1956, quando le armate dell’Unione Sovietica invasero cruentemente quel paese allora satellite.
I due personaggi centrali, Silvio Orlando e Barbora Bobulova, rappresentano due militanti esemplari del Partito Comunista Italiano che vanno in crisi quando viene stroncata la ricerca di autonomia dell’Ungheria, laddove per altro la loro sezione aveva appena invitato un circo equestre proveniente da Budapest.
Nel secondo o primo livello che sia il regista Giovanni (Moretti stesso) e la moglie (Margherita Buy), che è anche la sua produttrice, entrano in conclamata crisi esistenziale dopo quarant’anni di convivenza. La donna è straziata dalla necessità del distacco, mentre l’uomo mente a se stesso negando qualsiasi dissapore.
Nel frattempo, la giovane figlia dei due rivela ai genitori che vuole sposare un anziano diplomatico polacco con cui ha una tenera relazione.
Al terzo livello si colloca il desiderio del regista di realizzare un “musicarello” di qualità che abbia come colonna sonora la miglior musica italiana degli anni passati. Ecco quindi che il sonoro si diffonde consolatorio con le canzoni di Noemi, Tenco, De André e Battiato che, sono, va da sé, colonne sonore di una vita.
E poi ancora Giovanni irrompe sulla scena di un film di un giovane regista, prodotto anche questo dalla moglie, e tiene in ostaggio la troupe intera per una notte, al fine di evidenziare i suoi paradigmi cinematografici intorno al tema della violenza.
Per non tacere della vicenda di due giovani innamorati a cui Giovanni suggerisce le parole per garantire continuità emotiva al loro rapporto affettuoso.
Insomma, tanta, tantissima materia al fuoco, di ottimi qualità e sapore, in una kermesse esistenziale dove si mescolano pubblico e privato che assume valore politico.
Il Moretti ritrovato costruisce una sorta di grandioso patchwork colorato, ricco di sfumature e umori, in cui si sovrappongono con frenesia elementi di passato, presente e futuro. Gioca con se stesso e con gli spettatori, si fa ironicamente sostenere dalle apparizioni cameo di Renzo Piano e Corrado Augias, palleggia a lungo nel cortile del set del film come aveva fatto un tempo in uno sperduto campetto di calcio, rifiuta sdegnato il sostegno di una piattaforma streaming.
Le più evidenti citazioni cinematografiche vanno da “Un uomo a nudo” (1968) di Frank Perry, dal romanzo breve di John Cheever, a “Lola-Donna di vita” (1961) di Jacques Demy, alla cui visione è affidata una funzione propiziatoria.
Moltissimi anche i debiti dichiarati. Su tutti l’amore conclamato per Federico Fellini che ritroviamo nelle scene del circo e in quelle della parata/manifestazione finale lungo i Fori Imperiali, con tanto di banda evocativa, oltre alla visione del finale di “La dolce vita”.
Poco importa che la verità storica venga stravolta, l’ottimismo della volontà sembra indicare una nuova strada da percorrere oltre retorica.
Nella scena finale, in sostituzione di un tristissimo suicidio, tutti gli interpreti dei film marciano in un corteo festoso al quale partecipano moltissimi attori protagonisti dei precedenti 13 film di Moretti. Tra di loro, con gioiosa disponibilità, grandi vecchi come Giulia Lazzarini e Renato Carpentieri “a conquistare la rossa primavera dove sorge il sol dell’avvenir”.

In programmazione all’Arcobaleno Film Center e al Cinema Palestrina

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