Gli orsi non esistono
Jafar Panahi descrive senza apparente acrimonia un Iran che si ostina a collocarsi fuori dal tempo e dalla ragione.
(Massimo Cecconi)22/10/2022
Iran, oggi. In uno sperduto villaggio ai confini con la Turchia, nel contesto di un paesaggio desolatamente arido, un regista dirige a distanza un film che viene girato nelle strade di Teheran.
Le vicende umane e politiche del regista si intrecciano, si sovrappongono e si confondono con la storia che il film in fieri vuole raccontare. Un esempio pressoché esemplare di cinema nel cinema.
Film di ampio spessore politico, il regista nella finzione e nella realtà è Jafar Panahi che dal luglio di quest’anno è stato di nuovo incarcerato dalle autorità iraniane solo per essere un oppositore del regime, “Gli orsi non esistono” è una formidabile risposta metaforica, ma non solo, alla barbarie che i cittadini iraniani stanno subendo in questi anni.
Panahi è abilissimo a ricomporre elementi diversi che pure conducono a uno stato di assoluta denuncia di quello che sta accadendo in quel paese. Con caparbia coerenza il regista propone un ulteriore tassello di un percorso di indomito coraggio intellettuale, umano e storico.
Non è certo la trama a rendere il valore di quest’opera che indaga caparbiamente sulla precarietà delle esistenze sottoposte a controlli asfissianti e ingiustificati.
Valorosa la scelta del regista di non varcare il confine liberatorio che pure è così prossimo. Non accadrà così agli interpreti del suo film che quel confine non lo raggiungeranno mai.
Memorabili le scene realizzate in un villaggio di pietre e sassi dove il tempo si è fermato invece al confine della convivenza civile.
In programmazione al cinema Palestrina.
Le vicende umane e politiche del regista si intrecciano, si sovrappongono e si confondono con la storia che il film in fieri vuole raccontare. Un esempio pressoché esemplare di cinema nel cinema.
Film di ampio spessore politico, il regista nella finzione e nella realtà è Jafar Panahi che dal luglio di quest’anno è stato di nuovo incarcerato dalle autorità iraniane solo per essere un oppositore del regime, “Gli orsi non esistono” è una formidabile risposta metaforica, ma non solo, alla barbarie che i cittadini iraniani stanno subendo in questi anni.
Panahi è abilissimo a ricomporre elementi diversi che pure conducono a uno stato di assoluta denuncia di quello che sta accadendo in quel paese. Con caparbia coerenza il regista propone un ulteriore tassello di un percorso di indomito coraggio intellettuale, umano e storico.
Non è certo la trama a rendere il valore di quest’opera che indaga caparbiamente sulla precarietà delle esistenze sottoposte a controlli asfissianti e ingiustificati.
Valorosa la scelta del regista di non varcare il confine liberatorio che pure è così prossimo. Non accadrà così agli interpreti del suo film che quel confine non lo raggiungeranno mai.
Memorabili le scene realizzate in un villaggio di pietre e sassi dove il tempo si è fermato invece al confine della convivenza civile.
In programmazione al cinema Palestrina.