Lontano lontano

L’ultimo film di Gianni Di Gregorio racconta con sobria partecipazione il crepuscolo di tre uomini dal cuore d’oro. ()
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Da non perdere la nuova proposta di RaiPlay dedicata al nuovo cinema italiano, penalizzato, come tutto lo spettacolo dal vivo e non, dalla pandemia che ancora oggi detta i nostri ritmi e i nostri tempi.
Intendiamoci, “Lontano lontano” è un’operina che i più cinici definirebbero buonista per via della sua correttezza umana e politica, ma che ha con sé quel tocco di sana malinconia non smancerosa che la distingue e la nobilita.

Narra la favola di tre anziani, due pensionati minimalisti e un modesto commerciante di modernariato, che per necessità economica fantasticano di emigrare in un paese ospitale che possa rivalutare le loro misere finanze. Tra un bianchino e l’altro, consumato nei bar di Trastevere, e tante chiacchiere vagheggianti su un roseo futuro, i tre fanno però solo finta di prendersi in giro, ancorati come sono a se stessi, alla propria storia e al loro territorio.

Nulla rivelando sul finale del film, resta solo che parlare bene dei tre protagonisti: Gianni Di Gregorio, anche autore e regista, nei panni di un vecchio professore di latino e greco, Giorgio Colangeli, pensionato al minimo con scarsa voglia di lavorare e, sopra tutti, Ennio Fantastichini, commerciante dal cuore d’oro, al suo ultimo film.
C’è naturalmente molta Roma, dalla Porta Settimiana che sembra un confine invalicabile, a Porta Portese, sino a sconfinare a Tor Tre Teste e, persino, a Terracina.
Il pensiero che sta dietro al film è forse debole, ma il risultato conosce il merito del garbo e della misura, nel linguaggio e nel contenuto.

Più del viaggio conta l’idea.

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