Martin Eden
Forzata trasposizione del romanzo di Jack London, pubblicato nel 1909. Grande confusione sotto il cielo…non necessariamente un’eccellenza.
(Massimo Cecconi)16/09/2019
Martin Eden (Luca Marinelli) è un giovane marinaio napoletano audacemente ignorante che, per amore di una fanciulla di nobile famiglia, si improvvisa autodidatta e si inventa scrittore di successo, sino alla persino troppo scontata fuga da se stesso e dalla vita.
Liberalismo, movimento socialista, la guerra, il fascismo e persino il problema dell’immigrazione scompaginano un racconto a tratti faticoso e irritante.
Non ci aiuta certo sapere che, come nel romanzo originale, il quasi dimenticato filosofo inglese Herbert Spencer (1820-1903), coevo dunque di Karl Marx, fa professione di positivismo evoluzionistico, contrapposto agli aneliti rivoluzionari delle avanguardie del popolo o al liberalismo della buona borghesia di un’epoca, volutamente, anacronisticamente ricostruita.
In un cameo compare persino lo storico Giordano Bruno Guerri, che ama definirsi dannunziano, impegnato in un discorso da trattoria in cui, come ai nostri giorni, suona ripetuta la parola popolo.
Da parte sua Luca Marinelli ce la mette tutta per rendere plausibile il personaggio che interpreta e non sempre ci riesce, come sospeso tra una recitazione espressionista e una volontà di nichilismo, “cupio dissolvi” si diceva un tempo, che sembra non risolversi mai, spesso sopra le righe.
Il regista Pietro Marcello, a cui si deve il mirabile “Bella e perduta” (2015), sembra smarrirsi in una storia che si presta a numerose, persino contradditorie, letture. Vere immagini d’epoca (ma quale epoca?) si innestano con sapienti ricostruzioni a sostegno di una vicenda che sembra sorreggersi su una forzatura di fondo che non lascia spazio a illuminanti interpretazioni.
In programmazione al cinema Plinius
Certo non bastano poche righe di sinossi per rendere un film ambiziosamente strutturato che sembra però navigare, visto che si tratta di una vicenda nata e finita in mare, in una confusa sovrapposizione/contrapposizione di epoche e momenti storici, dagli albori del ‘900 agli anni ’70 del secolo scorso.
Liberalismo, movimento socialista, la guerra, il fascismo e persino il problema dell’immigrazione scompaginano un racconto a tratti faticoso e irritante.
Non ci aiuta certo sapere che, come nel romanzo originale, il quasi dimenticato filosofo inglese Herbert Spencer (1820-1903), coevo dunque di Karl Marx, fa professione di positivismo evoluzionistico, contrapposto agli aneliti rivoluzionari delle avanguardie del popolo o al liberalismo della buona borghesia di un’epoca, volutamente, anacronisticamente ricostruita.
Rispetto al romanzo, fonte ispiratrice, resta da capire perché solo Martin Eden e Russ Brissenden (Carlo Cecchi) mantengano i nomi originali, mentre tutti gli altri personaggi, tra cui un improbabile editore che parla in dialetto milanese, assumano nomi e linguaggi per lo più del nostro Sud. Che dire della bella, ricca e colta Elena che parla con spiccato accento francese?
In un cameo compare persino lo storico Giordano Bruno Guerri, che ama definirsi dannunziano, impegnato in un discorso da trattoria in cui, come ai nostri giorni, suona ripetuta la parola popolo.
Da parte sua Luca Marinelli ce la mette tutta per rendere plausibile il personaggio che interpreta e non sempre ci riesce, come sospeso tra una recitazione espressionista e una volontà di nichilismo, “cupio dissolvi” si diceva un tempo, che sembra non risolversi mai, spesso sopra le righe.
Il regista Pietro Marcello, a cui si deve il mirabile “Bella e perduta” (2015), sembra smarrirsi in una storia che si presta a numerose, persino contradditorie, letture. Vere immagini d’epoca (ma quale epoca?) si innestano con sapienti ricostruzioni a sostegno di una vicenda che sembra sorreggersi su una forzatura di fondo che non lascia spazio a illuminanti interpretazioni.
In programmazione al cinema Plinius