Il grande salto

Un cast eccellente per raccontare senza pretese né pruriti sociologici una storia di marginalità umana e sociale. ()
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Alla parola “grottesco” il vocabolario Treccani attribuisce, tra gli altri, questo significato:” La particolare situazione, e insieme la sensazione, prodotta da ciò che è paradossale, sproporzionato, strano”.
Ecco, se si dovesse definire con una sola parola (a costo di risultare riduttivi) il film “Il grande salto” il termine “grottesco” potrebbe fare al caso nostro.
Nello (Ricky Memphis) e Rufetto (Giorgio Tirabassi) sono due piccolissimi malfattori di serie C2 che, usciti dopo quattro anni dal carcere per un “movimento” andato male, si ritrovano alle soglie dei cinquant’anni senza arte né parte, emarginati e sconfitti, ma inopinatamente fiduciosi di poter compiere il grande salto per poter essere finalmente promossi nel girone A della malavita.
Siamo nella Roma dei quartieri periferici, dove l’indigenza si tocca con mano e dove il malessere di vivere è da sempre interprete principale.
Il film, che in apertura si colloca nei toni della commedia, assume via via una connotazione sempre più sarcastica (anche qui ci viene in aiuto la Treccani che definisce sarcasmo come:” Ironia amara e pungente che a volte può anche essere espressione di profonda amarezza rivolta, più che contro gli altri, contro se stessi”) ed evidenzia il carattere dei protagonisti come predestinato all’autolesionismo e alla sconfitta.
Rapine andate a male (entrambe clamorose quelle ambientate in uffici postali), colpi di fulmine a ciel sereno (e non è metafora), cadaveri volanti incalzano verso un finale dove il grottesco assume pieni caratteri, filosofeggiando, grottescamente appunto, sulla interpretazione del termine destino (cinico e baro, verrebbe da dire).
Perfetti nella parte i due soci Tirabassi (anche regista) e Memphis che si spalleggiamo in piena sintonia espressiva. Accanto a loro un cast veramente notevole, esaltato dalle più che straordinarie comparsate di Marco Giallini, Lillo e Valerio Mastandrea, campionissimi della romanità e delle sue innumerevoli declinazioni
Nella pochezza del cinema italiano, un pur “piccolo” film come “Il grande salto”, non scevro da errori anche di carattere formale, fa la sua bella figura.

In programmazione al cinema Plinius.

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