Dolor y gloria
Almodòvar, come tout court appare nei titoli di testa del film, racconta se stesso con qualche eccesso di stile…
(Massimo Cecconi)29/05/2019
Storia, a tratti melò, di un regista cinematografico omosessuale in crisi fisica, psichica e creativa che ripercorre nella memoria la sua infanzia, popolata soprattutto dalla centralità della figura materna, per ritrovare se stesso, la voglia di vivere e di lavorare.
Detta così, nella interpretazione più scarna dell’opera, potrebbe anche apparire riduttivo e ingiusto il giudizio su un film in cui Almodòvar mette in pubblico le sue angosce e le sue ansie, che sembrano caratterizzare la sua più recente vicenda personale.
Antichi amori e vecchi dissidi, la caduta nei benefici effimeri dell’eroina, il ricordo ossessionante della madre, le prime pulsioni sessuali fanno da sfondo a un’arrovellata e frustrante condizione umana, con tutte le difficoltà da manuale della fatica di vivere.
Nell’indugiare del racconto sui mille malanni fisici, viene alla memoria il Nanni Moretti di “Caro diario” e delle sue vicissitudini di salute in cui però il regista italiano racconta se stesso con affabulazione asciutta e ironia liberatoria. Almodòvar invece sembra esercitarsi, come di consuetudine verrebbe da dire, nel melodramma utilizzando come alter ego la bravura espressiva di Antonio Banderas che del regista è uno degli attori icona.
Al punto che , al recente Festival del cinema di Cannes, l’annunciata Palma d’oro anziché andare al film è stata convertita nel premio all’interprete, secondo accorto giudizio della Giuria.
Un’ultima riflessione sul titolo che sembra volerci dire che dolore e gloria vanno di pari passo o che la gloria si ottiene attraverso il dolore.
All’assegnazione del premio Banderas ha commentato:” C’è dolore dietro il mestiere di artista e poi ci sono sere di gloria come queste”. Alleluia.
In ogni caso siamo in presenza di un piccolo peccato di ridondanza.
Il titolo del film nel film è invece “Il primo desiderio” che parrebbe restituire meglio le pulsioni vitali e le aspettative dell’autore.
Sulle scene di teatro stendiamo velo.
Per almodovariani convinti.
In programmazione al cinema Plinius e all’Arcobaleno Film Center
Detta così, nella interpretazione più scarna dell’opera, potrebbe anche apparire riduttivo e ingiusto il giudizio su un film in cui Almodòvar mette in pubblico le sue angosce e le sue ansie, che sembrano caratterizzare la sua più recente vicenda personale.
Antichi amori e vecchi dissidi, la caduta nei benefici effimeri dell’eroina, il ricordo ossessionante della madre, le prime pulsioni sessuali fanno da sfondo a un’arrovellata e frustrante condizione umana, con tutte le difficoltà da manuale della fatica di vivere.
Nell’indugiare del racconto sui mille malanni fisici, viene alla memoria il Nanni Moretti di “Caro diario” e delle sue vicissitudini di salute in cui però il regista italiano racconta se stesso con affabulazione asciutta e ironia liberatoria. Almodòvar invece sembra esercitarsi, come di consuetudine verrebbe da dire, nel melodramma utilizzando come alter ego la bravura espressiva di Antonio Banderas che del regista è uno degli attori icona.
Al punto che , al recente Festival del cinema di Cannes, l’annunciata Palma d’oro anziché andare al film è stata convertita nel premio all’interprete, secondo accorto giudizio della Giuria.
Un’ultima riflessione sul titolo che sembra volerci dire che dolore e gloria vanno di pari passo o che la gloria si ottiene attraverso il dolore.
All’assegnazione del premio Banderas ha commentato:” C’è dolore dietro il mestiere di artista e poi ci sono sere di gloria come queste”. Alleluia.
In ogni caso siamo in presenza di un piccolo peccato di ridondanza.
Il titolo del film nel film è invece “Il primo desiderio” che parrebbe restituire meglio le pulsioni vitali e le aspettative dell’autore.
Sulle scene di teatro stendiamo velo.
Per almodovariani convinti.
In programmazione al cinema Plinius e all’Arcobaleno Film Center
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