Nome di donna

Esce in occasione dell’8 marzo un film di aperta denuncia della sopraffazione maschile nei confronti delle donne più indifese. Rincuora l’ottimismo della ragione che, spesso però, fa a pugni con le tragedie della realtà.

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Nella “bella terra di Lombardia”, così l’ha definita il regista all’anteprima del film, è ambientata “una piccola storia ignobile”, che tanto piccola non è, che si svolge in cronaca in un esemplare procedimento giudiziario per molestie sessuali.

In una casa di riposo per anziani facoltosi, le angherie sessuali di un viscido (e disturbato) direttore, coperto dalla cinica figura di un prete alquanto affarista, suscitano la sacrosanta reazione di una giovane dipendente che sceglie di non subire il clima di sopraffazione e di sordida complicità instaurato dai due uomini nel luogo di lavoro.

Marco Tullio Giordana, tornato al cinema dopo il controverso “Romanzo di una strage” (2012), affronta ancora una volta un tema di urgenza civile e sociale e sceglie la strada del racconto dei fatti, ben supportato da un prezioso manipolo di attrici e attori in gran parte provenienti dal teatro, sacrificando (almeno in parte) alla cronaca incalzante il pathos drammatico della vicenda che si vorrebbe paradigmatica.

Massimamente ambiguo il direttore dell’istituto interpretato da Valerio Binasco, neo direttore artistico del Teatro stabile di Torino, laido quanto basta il sacerdote impersonato con sanguigna maestria da Bebo Storti.

Più difficile, se possibile, il ruolo affidato al volto angelico di Cristiana Capotondi che deve restituire tutto il dramma atroce che subiscono spesso le donne nei confronti del più becero potere maschile.

L’uscita del film in occasione dell’8 marzo può essere occasione per non banalizzare o, peggio, eludere episodi che, come viene anche ricordato nel film, hanno purtroppo radici profonde nella nostra società e nella nostra peggiore cultura.

Da citare, in perfetto ordine alfabetico, le interpretazioni di Adriana Asti, che sul comodino della sua stanza da letto venera le immagini di Giorgio Strehler, Luca Ronconi e Luchino Visconti, Michela Cescon, avvocata da battaglia, Laura Marinoni, anch’essa avvocata sulla barricata avversaria, e Renato Sarti, sofferto prete di campagna.

Ce n’è abbastanza per discutere.


In programmazione all’Arcobaleno Film Center.



(Massimo Cecconi)



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