Intervista a Pierfrancesco Majorino

Pierfrancesco Majorino, il quarto candidato alle primarie PD per l'elezione del prossimo sindaco di Milano, risponde alle nostre domande.

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Pierfrancesco Majorino, nato a Milano nel 1973, dove vive e fa attività politica sin da quando a 14 anni si iscrisse alla FGCI. Da allora si è sempre occupato di politica, militando prima nei movimenti giovanili, poi nel partito, diventando consigliere comunale nella lista dell'Ulivo nel 2006, rieletto nel 2011 in consiglio comunale nelle file del PD, nominato nella giunta Pisapia assessore alle Politiche Sociali e alla Cultura della Salute. Ha scritto e pubblicato diversi libri.

Come pensa di affrontare il problema dello smog a Milano. Per realizzare  interventi che vadano oltre i provvedimenti dettati dall'emergenza come potranno essere reperiti i fondi necessari?

Dobbiamo condurre una lotta senza tregua all'inquinamento con alcune importanti provvedimenti strutturali. La dico piatta: Milano senza più emissioni inquinanti nel 2040, senza più automobili nel 2030 e con Area C allargata nel 2020. Per farlo dobbiamo mettere in campo un piano di investimenti per rafforzare il sistema del trasporto pubblico e incentivarne l'uso. Servono più tram, autobus e nuove metropolitane. Con biglietto unico per tutta la città metropolitana, sconti per anziani e gratuità per i genitori che accompagnano i figli a scuola.

La macchina comunale soffre di un eccesso di burocrazia. E' vero? Se è vero quali azioni occorrono?

Una buona amministrazione si misura anche sulla base del tempo che impiega a dare risposte e del tempo che fa risparmiare ai cittadini per ottenerle. In questi anni il Comune di Milano ha lavorato molto per avvicinare e avvicinarsi, ma molto è ancora da fare. Contrariamente ad altri, io credo che il numero dei dipendenti comunali sia adeguato e non superiore ai bisogni dei milanesi. Penso che occorra un'organizzazione più efficiente a partire dalle parti dirigenziali. Dirigenti a cui vanno chiesti i risultati in base all'ingaggio. E non bisogna essere timidi nel farlo, perché chi non lavora deve andare a casa.

Dopo la recente esperienza di bilancio partecipativo, che ha certo suscitato interesse da parte dei cittadini, ma ha anche evidenziato alcuni limiti, pensa che iniziative di questo tipo siano una risposta adatta a soddisfare le richieste di partecipazione dei cittadini?

Il bilancio partecipativo è uno strumento utile per favorire la partecipazione. Non l'unico. Penso ad una città che costruisce una democrazia partecipativa in tutte le sue stagioni. Sono per l'estensione massima di questo esercizio. Perché se è vero che il voto è il momento più atteso per scegliere chi amministra, la costruzione di momenti di confronto e di decisione collettivi, che vanno oltre il voto, rafforza e non deprime la democrazia rappresentativa. Ma è un lavoro difficile, quotidiano, faticoso. Ed è chi fa politica a doversene far carico. I cittadini poi hanno un'enorme bisogno di partecipare alle scelte oltre che ad essere degnamente rappresentati.

La Città Metropolitana apre una nuova sfida  per l'area milanese, sia in relazione alla dimensione allargata ai comuni che ne fanno parte, sia in relazione al necessario decentramento amministrativo di Milano. Quali idee ha in proposito?

Dobbiamo imprimere un cambio di passo nella vicenda della città metropolitana. Fino ad ora è stata scandalosamente messa da parte e invece è cruciale per il destino di Milano. Chi diventa sindaco, diventa sindaco dell'intera città metropolitana e occorro averne la consapevolezza. Perché dall'aula di Palazzo Isimbardi si giocano partite rilevanti. Pensiamo soltanto alla già citata questione della mobilità. Se non si costruisce una visione d'insieme, non saremo in grado di risolvere i tanti problemi che ci assediano. Una proposta concreta la voglio fare in merito: la Regione Lombardia passi alcune deleghe importanti in materia di sanità alla città metropolitana.

In zona 3 il problema della destinazione dell'area Expo ha aperto questioni rilevanti, con due ordini di problemi, le prospettive di sviluppo futuro del polo universitario di Città Studi (UNIMI e Politecnico) e la destinazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare che incide profondamente sull'identità della zona. Qual'è la sua posizione in merito?

Il trasferimento delle facoltà scientifiche della Statale da Città studi ad Expo non è una cosa negativa in se'. E' evidente che molti dei padiglioni della Facoltà necessitano da tempo di notevoli investimenti per un loro adeguamento e sia la Statale che il Politecnico hanno bisogno di nuovi e più' moderni spazi per poter competere a livello internazionale sul piano dell'offerta formativa. Posto che il trasferimento della Statale ad Expo inciderà per circa il 50% sull'occupazione di quelle aree e necessiterà di un investimento prossimo ai 500 milioni di Euro, resta aperto il tema di come si interverrà sulle aree lasciate libere a Città Studi. L'approccio fin qui avuto appare di carattere puramente immobiliare: esiste un documento di valutazione della Cassa Depositi e Prestiti che evidenzia la necessità di rimuovere il Vincolo Ambientale sugli immobili vincolati (circa 1/3 di quelli oggetto di trasferimento) per ricavare introiti dalla loro vendita. Questo sarebbe inaccettabile. E' necessario aprire un tavolo di confronto al quale partecipi a pieno titolo il Comune di Milano (e aggiungo anche la comunità locale rappresentata dal nuovo Municipio) per far sì che su quelle aree possa svilupparsi un progetto complessivo che tenga conto della necessità di valorizzare il Politecnico (che su parte di quelle aree potrebbe espandersi), del bisogno di rivitalizzare questa parte di città portando funzioni che la facciano vivere anche nei week end. Occorre poi trovare nuove funzioni per gli immobili da mantenere (per quelli soggetti a vincolo penso ad esempio a residenze universitarie), valorizzare la presenza dell'Orto Botanico collegandolo con un asse verde rappresentato da una nuova Via Celoria riqualificata sino a Piazza Leonardo da Vinci (qui i lavori verranno completati entro l'estate) ed anche insediare nuove residenze, meglio se di tipo sociale.

Nella stessa area si avranno ripercussioni anche a causa di un altro progetto, quello della “Città della Salute” che prevede lo spostamento a Sesto S. Giovanni dell'Istituto Nazionale Tumori e dell'Istituto Besta

La questione della Città della Salute è di straordinaria importanza. E' evidente che il tema centrale è cosa fare di queste aree dopo il trasferimento dei due istituti. Credo che anche qui valga la stessa logica citata a proposito del trasferimento della Statale ad Expo: massima condivisione fra i vari attori istituzionali, pubblici e privati interessati all'operazione, trasparenza nella definizione delle strategie e degli obiettivi, nessun approccio puramente immobiliare di valorizzazione dei suoli. La questione Città della Salute e Dopo Expo poi è sempre la stessa: lo spostamento di pregiate funzioni urbane fuori dalla città sembra sempre più dettata da logiche di valorizzazione immobiliare di aree private piuttosto che da una seria strategia urbanistica a scala metropolitana di ampio respiro, seriamente pianificata nei suoi effetti a medio e lungo termine.

In zona 3 a Lambrate, esistono problemi di trasporto pubblico, di scarsità di servizi, di contestata presenza ROM e soprattutto di vaste aree edificate ex industriali/artigianali, dismesse, in alcuni casi utilizzate solo per 10 giorni all’anno, durante il fuori salone. Se fosse sindaco cosa farebbe per il quartiere?

Come ho potuto dire in precedenza, vorrei un numero maggiore di mezzi pubblici in ogni quartiere. E vorrei il bigliettaio su bus e tram in molte tratte, per una questione di controllo e legalità. Se il governo e il ministro Alfano rispondesse alla richieste che ho da tempo avanzato forse saremmo più tranquilli anche in quanto a maggior sicurezza nelle strade periferiche. Sarebbe sufficiente che gli agenti di polizia e i carabinieri inviati dal ministero per presidiare Expo rimanessero in città.

Giuseppe Sala ha dichiarato che per soddisfare le esigenze di bilancio pensa di ricorrere alla privatizzazione di SEA e/o A2A. E' d'accordo?

Sea e A2A sono rilevanti per l'economia di questa città. Credo che il loro controllo debba rimanere in mano al Comune. Le mosse giuste e le scelte aziendali ponderate dimostrano che anche aziende pubbliche come Sea e A2A possono essere competitive. Sicuramente qualche piccolo miglioramento in termini di efficienza va introdotto, ma il Comune deve mantenere il controllo.

Francesca Balzani si è dichiarata non favorevole all'introduzione di un reddito minimo garantito, provvedimento non contemplato a livello nazionale e difficilmente sostenibile all'interno di un bilancio comunale. Come pensa di finanziarlo?

Francesca propone mezzi gratis per tutti. Quella si che è una misura difficilmente sostenibile e sbagliata perché i ricchi il biglietto se lo possono pagare. Invece il reddito minimo comunale è proprio destinato a chi è in difficoltà e cerca di rialzarsi. Milano può essere una guida per molte altre città, vista la scandalosa inesistenza di misure per il contrasto delle povertà a livello nazionale. Le risorse in parte esistono già adesso. E' il momento delle scelte coraggiose.


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