Beppe Sala risponde a Z3xMi

L'intervista a Beppe Sala, candidato sindaco alle primarie del Centro sinistra per le prossime elezioni amministrative a Milano. ()
Beppe Sala
Giuseppe Sala, per tutti: Beppe.
Classe 1958, nato a Milano, sposato.
A Milano inizia il suo percorso professionale. Dopo la laurea in economia aziendale all’Università Bocconi,
 ha lavorato in Pirelli e in Telecom Italia.
 Da gennaio 2009 a giugno 2010 è stato Direttore Generale del Comune di Milano e poi Presidente di A2A. Nel 2010 inizia anche l’esperienza di Expo 2015 come Amministratore delegato di Expo SpA.
Appassionato di sport, praticato e tifato, adora il calcio, lo sci, la vela e il basket. Due passioni su tutte: l'Inter e l'Olimpia.

Come pensa di affrontare il problema dello smog a Milano. Ritiene necessario estendere Area C  e realizzare  interventi che vadano oltre i recenti provvedimenti dettati dall'emergenza e semmai con quali fondi?

I temi ambientali richiedono strategie di ampio raggio, su scala regionale se non addirittura con l’intera pianura padana. Oggi la gestione regionale risulta timida e non coordina interventi – pensiamo a investimenti sul trasporto pubblico, efficientamento energetico, miglioramento del parco termico e limitazioni della circolazione per i veicoli più inquinanti -  lasciando le amministrazioni sole di fronte a situazioni emergenziali. Gli investimenti del Governo su questi temi devono essere tradotti in provvedimenti concreti ed efficaci.
Gli ultimi cinque anni hanno visto Milano puntare sul rafforzamento del trasporto pubblico, in particolare migliorando il sistema metropolitano: su questa strada intendo proseguire, riducendo ulteriormente il traffico e rendendolo più fluido, favorendo la mobilità leggera. Rispetto all’estensione di Area C, credo sia ipotizzabile solo dopo un importante rafforzamento del trasporto pubblico locale, portando a regime la nuova linea metropolitana M4 e il sistema di trasporto di superficie. Questi sono presupposti per far sì che i cittadini abbiano la concreta possibilità di sostituire l’utilizzo del mezzo privato in favore di quello pubblico.

La macchina comunale soffre di un eccesso di burocrazia. È vero? Se è vero quali azioni occorrono?

Le procedure amministrative di per sé permettono di attuare processi non soggettivi, garantiscono trasparenza nei processi e favoriscono i controlli. Il rischio – che purtroppo è nell’esperienza di ciascuno di noi  - è quello che si trasformino in una serie di inutili passaggi, che rendono complicati i processi, allungano i tempi e non accompagnano il regolare svolgimento dell’iter da seguire. Ma il rischio è perdere di vista la necessità prioritaria di raggiungere gli obiettivi e di raggiungere i risultati. Agire sulla macchina comunale non è facile, ma il miglioramento dell’efficienza dei nostri uffici, l’introduzione di premialità per quanti svolgono celermente e con accuratezza il loro lavoro, la digitalizzazione dei processi e l’utilizzo delle nuove tecnologie a servizio del cittadino potranno migliorare l’attività quotidiana del nostro Comune che può contare su professionalità di rilievo, ma modalità di lavoro spesso obsolete. La città ha risorse ed energie, possiamo raggiungere risultati straordinari, eppure ci sono ancora troppe opportunità che ancora non vengono colte. Talenti, specialmente giovani e donne, che non hanno l’occasione di esprimersi. In questo scenario la pubblica amministrazione deve essere molto più di uno sportello ove mettersi in fila: definiamo una direzione di sviluppo e rendiamo disponibili tutte le informazioni a nostra disposizione, in un quadro di regole il più possibile semplici saremo in grado di facilitare il compito di chi innova, coinvolgeremo cittadini attivi, università, imprese, associazioni e organizzazioni di volontariato, dipendenti pubblici tanto nella definizione degli obiettivi che nella ideazione ed erogazione di servizi. Questo per me significa impegnarsi per favorire la massima apertura e trasparenza di tutti i processi, migliorando i servizi, rendicontando i risultati ottenuti. Una pubblica amministrazione moderna può e deve essere capace di rendersi utile.

Dopo la recente esperienza di bilancio partecipativo, che ha certo suscitato interesse da parte dei cittadini, ma ha anche evidenziato alcuni limiti, pensa che iniziative di questo tipo siano una risposta adatta a soddisfare le richieste di partecipazione dei cittadini?

Il bilancio partecipativo è stata una prima esperienza positiva che ha coinvolto diverse decine di migliaia di cittadini nella definizione di obiettivi di intervento. Questo sicuramente è una delle proposte che il Comune può attuare per coinvolgere i cittadini, ma non l’unica: penso alla gestione degli spazi che si è realizzata con gli orti condivisi, la possibilità di costruire percorsi partecipati nei progetti urbanistici e la collaborazione con cittadini e associazioni nella rivitalizzazione dei quartieri. Con la riforma del decentramento e l’introduzione dei Municipi potremo moltiplicare le occasioni di dialogo e partecipazione con i cittadini, che anche a livello municipale potranno trovare un’interlocuzione con l’Amministrazione vicina e capace di sperimentare risposte alle richieste dei tanti cittadini attivi che sono disponibili a investire idee, tempo e risorse per progetti concreti. In questo modo il bilancio partecipato potrà costruire - quartiere per quartiere - le priorità arrivando a finanziarle, dandoci insieme i tempi di realizzazione anche sulla base delle disponibilità economiche.

La Città Metropolitana apre una nuova sfida  per l'area milanese, sia in relazione alla dimensione allargata ai comuni che ne fanno parte, sia in relazione al necessario decentramento amministrativo di Milano. Quali idee ha in proposito?

Riassumere in poche righe le prospettive della sfida metropolitana non mi è facile: abbiamo bisogno di far decollare un’istituzione che permetterà a Milano metropolitana di competere a livello europeo con le altre grandi città per qualità della vita, qualità dei servizi, mobilità integrata, investimenti su ampia scala, sviluppo e crescita economica. Una città metropolitana che sa fare rete con tutti i suoi centri vitali e che saprà attirare investimenti, rendendo questo territorio all’altezza delle aspettative che da molti anni animano il dibattito in ambito economico, accademico, culturale e sociale. Alcune tematiche dovranno essere affrontate su scala metropolitana e non più comunale (penso ad esempio al trasporto pubblico, alle tematiche ambientali, ai servizi integrati), altre potranno essere affrontate su scala municipale, qualificando l’azione dei Municipi nelle attività quotidiane che potranno migliorare la vita nei quartieri della città (gestione del verde pubblico, manutenzione degli edifici pubblici e delle scuole, coordinamento delle attività di promozione e di inclusione sociale nei diversi quartieri). E molto altro.

Ritiene che la strada della privatizzazione dei servizi pubblici sia percorribile per soddisfare le esigenze di bilancio dei comuni, anche qualora comportassero un aggravio dei costi dei servizi a carico dei cittadini?

Se per privatizzazione dei servizi pubblici si intende la gestione sussidiaria di servizi al cittadino, credo che già oggi il nostro Comune abbia intrapreso una strada virtuosa di regia pubblica in un’ottica di collaborazione pubblico/privato (spesso in termini di privato sociale) che ha portato a un miglioramento complessivo dei servizi offerti al cittadino. Se questo sistema è virtuoso, il risultato non è quello di un aggravio dei costi dei servizi a carico dei cittadini.
In queste forme di collaborazione è possibile promuovere assunzioni di responsabilità diretta dei cittadini nelle loro forme organizzate. La regia pubblica  può favorire e sostenere questa assunzione di responsabilità in diversi modi, anche per esempio con premialità fiscali o con il cofinanziamento di progetti.

Pierfrancesco Majorino si è dichiarato favorevole all'introduzione di un reddito minimo garantito, è d'accordo con questa proposta?

Della proposta di Pierfrancesco sul reddito minimo garantito non ho compreso i termini economici dell’operazione, ma sono interessato ad approfondire. In linea generale penso che sostegni di questo tipo siano utili in situazioni di particolare gravità e con difficoltà per i soggetti interessati a emergere dalla situazione di povertà nella quale vivono: sicuramente serve un grande impegno per definire strumenti di lotta alle povertà, non mi è chiaro se questa del reddito minimo garantito è la via giusta per far uscire da situazioni estreme o è uno strumento di sopravvivenza, che però non risolve le cause che ingenerano la condizione di povertà. Il mio impegno principale, quella che ho definito “ossessione”, sarà creare lavoro: questo può costituire non solo uno strumento di sopravvivenza, ma una occasione di riscatto sociale.


In zona 3 il problema della destinazione dell'area Expo ha aperto  questioni rilevanti, con due ordini di problemi, le prospettive di sviluppo futuro del polo universitario di Città Studi (UNIMI e Politecnico) e la destinazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare che incide profondamente sull'identità della zona. Qual è la sua posizione in merito?

Bisogna affrontare questa prospettiva come un'opportunità. Oggi l'università occupa spazi spesso inadeguati e non rigenerabili per la funzione che devono svolgere. La creazione del nuovo polo di ricerca e campus nella ex area Expo è l'occasione per aprire un confronto con la zona e la città per ripensare a quegli spazi.
Bisognerà insieme pensare a un progetto di qualità che porti anche spazi pubblici e servizi. Valorizzazione non è per forza sinonimo di speculazione, ma può essere - e dovrà essere – un impegno per costruire qualità e modernità seguendo il filo dell'identità dei quartieri.  Né, infine, si può dimenticare che comunque solo per una parte dell'Università è previsto lo spostamento, quindi sarà un’occasione per ripensare quei luoghi anche come spazi per fare cultura e accogliere i giovani.

Nella stessa area si avranno ripercussioni anche a causa di un altro progetto, quello della “Città della Salute” che  prevede lo spostamento a Sesto S. Giovanni  dell'Istituto Nazionale Tumori e dell'Istituto Besta.

Vero. Ancora una volta voglio pensarlo in termini di opportunità. Milano con il trasferimento di queste eccellenze dovrà reagire da vera Città Metropolitana. In primo luogo creando i riferimenti ambulatoriali e di cura territoriale che con quelle strutture dovranno fare rete e poi potrà trasformare quei luoghi in servizi a oggi mancanti, strutture di cohousing che diano apporto, ad esempio, ai nuovi anziani soli o con minori disponibilità economiche, ma ancora autonomi. Ancora una volta dobbiamo pensare alla possibilità di rigenerare e innovare creando opportunità per la città pubblica. Abbiamo ancora un po’ di tempo per ragionare su questi temi, le ultime notizie dalla Regione parlano di un posticipo al 2021 per i trasferimenti: i prossimi anni saranno decisivi per una pianificazione che non dimentichi risorse e necessità di tutti i soggetti coinvolti.

In zona 3 a Lambrate, esistono problemi di trasporto pubblico, di scarsità di servizi, di contestata presenza ROM e soprattutto di vaste aree edificate ex industriali/artigianali, dismesse, in alcuni casi utilizzate solo per 10 giorni all’anno, durante il fuori salone. Se fosse sindaco cosa farebbe per il quartiere?

Miglioramento del trasporto pubblico e quindi rilettura dei servizi in tutta la città, anche e soprattutto in un’ottica metropolitana: a Lambrate vorrà dire anche miglioramento dei collegamenti con i Comuni della prima cintura e dei servizi nei quartieri oltre la Ferrovia. Qui abbiamo la metropolitana, la ferrovia e diversi mezzi di superficie, ma spesso si fermano “al di qua” della massicciata, lasciando sguarnite le aree di nuova emergenza verso Rubattino: il mancato accordo di programma sugli scali ferroviari coinvolge negativamente quest’area, che ha visto sfumare un importante impegno di riqualificazione e di rilancio. Accordo che voglio riprendere perché lo ritengo fondamentale per il futuro della città, per lo scalo di Lambrate e per gli altri ambiti di intervento. Rispetto alle aree edificate ex industriali abbiamo bisogno di investimenti e di progetti. L’esperienza positiva dell’East Market ci dice che queste zone possono essere rivitalizzate anche al di là dei giorni del fuori salone, così come la zona adiacente via Conte Rosso è rinata con un intervento coprogettato con i cittadini: ma questo non basta e la creatività ancora inespressa di futura imprenditorialità ha bisogno di spazio. E potrà creare lavoro. Mi pare che siano ingredienti interessanti per accompagnare i nuovi insediamenti abitativi con interventi di carattere culturale, sociale ed economico: anche così si realizza la coesione sociale che permette di affrontare i problemi senza che gli strumenti repressivi siano le uniche soluzioni.


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