La rinascita del Lambro

Fino a dieci anni fa quasi non esisteva, il parco della media valle del Lambro. Terreni ancora inquinati, sponde sporche, non luoghi. Oggi invece il parco raddoppia, Monza e Milano aderiscono al nuovo bene pubblico verde, uno dei maggiori in Lombardia. E Luca Ceccattini, fino a ieri direttore di questo miracolo, ci spiega perchè
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bicicletta parco 4

Risale al febbraio 2014 la vera “cifra” del progetto Pmvl (Parco della media valle del Lambro) il serpente verde che si snoda lungo il fiume da Monza fino all’est di Milano. Allora, per ripulire una delle tante aree “sporche” intorno al fiume, la Bergamella, fu necessario rimuovere i tanti orti spontanei accatastati l’uno contro l’altro. Niente ruspe però, ma…partecipazione. Furono coinvolti gli ortisti stessi, oltre sessanta, che volontariamente smantellarono i propri capanni, in cambio di piccoli appezzamenti ordinati di 50 metri quadrati, nuove strutture private e condivise, un concorso di assegnazione. Bilancio: 783 giorni di lavoro per bonificare l’intera area (20 ettari), e non solo la sezione orti.

Questo è forse il più noto fiore all’occhiello per Luca Ceccattini, architetto, presidente del Parco Media Valle del Lambro (Pmvl) dal 2006 fino a mercoledì scorso. Nove anni in cui una entità sostanzialmente virtuale, sulla carta, è divenuta, passo dopo passo, un bene pubblico tangibile. Un tracciato lungo un fiume, un tempo sinonimo di inquinamento urbano e industriale, ora ritornato al suo alveo naturale, alle passeggiate e biciclettate dei suoi abitanti limitrofi, all’impegno partecipato nel ripulirlo e mantenerlo.

Il Lavoro di Ceccattini e dei suoi ha avuto un grosso riconoscimento. Dal 2 settembre scorso è stata firmata e ad è attiva la nuova convenzione a 5 comuni. Entrano pesi massimi come Monza e Milano, accanto a Sesto, Cologno e Brugherio. Il parco raddoppia di estensione, e così il suo “serpente fluviale” tocca a Nord il parco di Monza e a Sud arriva a congiungersi con il Forlanini.

Ceccattini è stato il principale sostenitore di questo Pmvl 2.0, come lo ha definito. Il Parco esteso, la cerniera di tutto un Est verde.


Diciamo che abbiamo fatto un percorso e io ho guidato il pullman – osserva -  Il pmvl 2.0. è un passaggio importante nella vita del parco iniziata nove anni fa. Dal 2006. Questo 2 settembre è stata sottoscritta dai rappresentanti dei 5 comuni, i tre fondatori più gli aggiunti Milano e Monza. Con questa convenzione è iniziato un nuovo capitolo, che ha sancito la nascita di un parco profondamente rinnovato, e ben più grande, che passa da 295 a 660 ettari. Più lungo, si cresce da 5 a 11 chilometri, dal centro di Monza fino al Forlanini. E che finalmente completa il suo ambito territoriale, che finora ha dovuto subire una visione molto parcellizzata del suo territorio. Si completa invece una fisionomia unitaria. A nord est si arriva a poche centinaia di metri dal Parco di Monza, a sud si tocca il Forlanini e di qui il parco Sud di Milano e, tramite il centro di Sesto, si arriva anche a poche centinaia di metri dal parco Nord. Quindi l’obbiettivo di questa fase 2.0 è quello di divenire una cerniera completa. Un progetto che deve partire subito.

La seconda fase, ben più impegnativa della prima, non è affatto scontata…

Molte cose sono state fatte ma molte altre sono ancora necessarie. Per completare il lavoro del parco, posto che sia possibile completarlo. Perché un parco è come una città, non si finisce mai di realizzarlo. E l’esperienza di Bosco in città e di Parco Nord ce lo insegnano. Bisogna tenere conto che la fase di maturità di un parco, sulla base di queste esperienze, emerge dopo i trent’anni di vita. E questo è un parco ancora relativamente giovane. Per cui tanto lavoro va ancora fatto ma c’è anche molto tempo davanti.

Con il nuovo parco sarà quindi possibile, per fare un esempio, una biciclettata dal parco di Monza al parco Sud di Milano?

A questo obbiettivo non siamo poi tanto lontani. Siamo un po’ più lontani nel concepire i parchi metropolitani non come entità distinte, ma parti di un unico parco metropolitano integrato. Nel quale la città non è elemento di separazione ma di collegamento.

La biciclettata ipotizzata sopra è però già in larga parte possibile, oggi infatti mancano solo poche connessioni perché divenga un sistema completo.

Il sistema peraltro incrocia il naviglio della Martesana, il Villoresi con i suoi cento e rotti chilometri di piste ciclabili fino all’Adda e il Ticino.

E’ lontana, ma non così lontana, l’ipotesi di un solo organismo integrato.

Nell’annuncio della nuova convenzione, il 2 settembre scorso, si parla di investimenti  per connessioni tra parchi. Ma anche di messa in sicurezza, idrogeologica, del Lambro.

A nord il parco regionale della valle del Lambro gestisce il fiume dalle sue sorgenti fino al parco di Monza.


Il parco media valle del Lambro nasce invece a sud per tutelare il fiume e il territorio circostante rimasto dopo cento anni di consumo selvaggio da parte dei privati e del pubblico. Ha come scopo primario quello dell’innalzamento della qualità delle acque, la rinaturalizzazione delle sponde e il contenimento del rischio idraulico. Molto è stato fatto, ma moltissimo resta ancora da fare. Ma in questi anni si è registrata un’inversione di tendenza sugli anni precedenti. Con un aumento della qualità delle acque, una riduzione del rischio idraulico e una serie di opere che hanno rinaturalizzato le sponde o quantomeno le hanno ripulite da manufatti umani vari.

Certo, rispetto al fiume “intonso” di 50 anni fa siamo ancora nella curva negativa. Ma cumulandosi, una serie di piccoli interventi hanno già prodotto un visibile miglioramento.

L’ultimo evento di esondazione, dello scorso autunno, ci dimostra però due cose. Primo, che non è risolto totalmente il problema della possibile piena disastrosa. Il giorno che questa arriva non abbiamo sistemi di protezione, perché si è consumato il suolo per esondare senza danni. Però abbiamo elevato la soglia della piena disastrosa. I dati dell’ultima alluvione chi dicono che rispetto alla precedente, nel 2002, l’evento ha mosso un volume d’acqua maggiore ma si sono registrati molti meno danni. E questa è una verifica empirica di un miglioramento su dieci anni fa. Che certo non basta. Si metta nel conto anche l’intervento sul fiume metropolitano, con un contratto di fiume con tutti i soggetti coinvolti. E quest’assunzione di responsabilità è servita a generare i risultati. Perché si è smesso di guardare ciascuno al proprio pezzettino, si è cominciato a riflettere sulle acque, ne non solo quelle di superficie, e sul grande sacrificio che chiediamo a questo fiume, come veicolo di smaltimento di una vastissima comunità circostante. Diversi milioni di abitanti che usano il fiume per allontanare rifiuti organici. Il primo obbiettivo è quindi sul depuratore di Monza, dove i lavori di riqualificazione sono in corso. Ma il processo durerà più anni. Però alla fine,anche se si riesce a depurare in alta qualità, quello che restituiscono i depuratori non è esattamente acqua minerale.

All’epoca giusta, molti anni fa, fu fatta una scelta. Non scaricare nell’Adda e nel Ticino per preservarli, ma andare sul Lambro. Condivisibile. Ma oggi al fiume va portato un quid di rispetto superiore, perché assolve a una funzione importante e delicata.

L’ingresso di Monza e Milano, due grandi comuni, quali conseguenze avrà?

Oggi il parco è gestito da un capofila, Sesto S.Giovanni che resterà tale. Pur con l’ingresso di due giganti come Monza e Milano, è stata fatta la scelta ben precisa di mantenere l’epicentro dell’operazione nella periferia tra le due città, a Sesto. Con un investimento forte verso una concezione policentrica dell’area metropolitana. Dopo di che i due comuni maggiori porteranno organizzazione e capitoli di bilancio esistenti. Finora i comuni hanno mantenuto le aree di competenza e realizzato le opere che non rientrano nel bilancio del parco. E questo rimarrà. Ma il Pmvl è un parco gestito diversamente dagli altri. Gli altri sono gestiti da entità giuridicamente autonome. Mentre il Pmvl è un coraggioso esperimento di gestione attraverso i comuni stessi. Attraverso una convenzione tra comuni. Come la vigilanza urbana messa in comune. C’è un ufficio centralizzato per il parco, con più soggetti partecipanti e un cooordinamento su moltissimi uffici che si occupano del territorio. Quindi un’azione più di distaccamento del personale che di nuove strutture. E di coordinamento. Una formula che fino ad ora ha funzionato e ha il vantaggio di non costare praticamente nulla ai comuni, perché si utilizza lavoro già esistente.

Quindi Risorse più focalizzate, più che risorse aggiuntive.

Gli investimenti vanno come sempre conquistati, creando i cluster e i percorsi corretti. E le forme di finanziamento appropriate. Comunque negli ultimi sei anni sono stati spesi circa 6,5 milioni, al ritmo di un milione all’anno in termini di cantieri avviati. E nessun euro è venuto dalle tasse comunali, dai contribuenti. Ma tutti attratti dall’esterno su un progetto comune. Fondi nazionali, regionali e privati derivanti da oneri di urbanizzazione connessi a progetti urbanistici. E qualcosa dai bandi Cariplo.  Così il parco per i comuni è stata una spesa molto ridotta e un elemento di attrazione di risorse consistente. In definitiva un buon affare.

Quindi il buon affare potrà continuare anche con la nuova dimensione accresciuta …

Certo, su una scala raddoppiata. Entrano dei territori di grande prestigio. In un progetto che va a regime.

Il parco nasce infatti nel 1996. Con un protocollo d’intesa tra i tre comuni fondatori. Si passa a un primo riconoscimento nel 2002 su Brugherio e Cologno. Poi nel 2006 entra Sesto e  con lui l’operatività. Nel 2008 è il pieno riconoscimento. E solo in questa ultima fase si è concentrata una storia consistente del parco che però ha più anni dietro.

Dal 2006 in avanti lei dice che siete riusciti a investire al ritmo di un milione di euro all’anno. E questo nonostante la partenza, nel 2008, della più profonda crisi dell’economia italiana dal dopoguerra a oggi. Come si spiega?

Molti interventi erano stati decisi prima della crisi.

Però anche nel periodo difficile non cessano gli investimenti, anche se in forma più ridotta.

In periodo di crisi, poi, è più difficile sprecare i soldi. E quindi tendenzialmente acquistano peso coloro che hanno progetti e formule serie di rendicontazione, peraltro ormai previste in ogni forma di finanziamento. E qui il parco ha avuto la capacità di ben connettersi nel marketing metropolitano. Abbiamo creato un brand, l’abbiamo contraddistinto con contenuti “pesanti” , ovvero il tema di un parco che nasce unico nel suo genere non per tutelare la natura ma per ovviare ai disastri fatti, e poi il tema di un parco come cesura strategica di un sistema di parchi metropolitani. Il tema di un territorio, soprattutto, che è stato abusato per vari decenni e che oggi conosce un processo di riappropriazione collettiva e ambisce per la prima volta a essere elevato al rango di identità di luogo. Abbiamo affermato un tema, l’abbiamo caricato di connotazioni forti, siamo stati seri sul tema della ricerca, della progettazione e della qualità del progetto complessivo. E ha funzionato, soprattutto nell’arrivare a essere competitivi su alcuni margini della finanza pubblica. Fondi che altri non spendono, e residui di cassa. Insomma, tanta pazienza, attenzione, e un po’ di “bus del cù”, anche di fortuna.


Confrontando la fotografia del parco nel 2005 con quella di adesso dove risaltano i principali miglioramenti? 

Abbiamo messo mano a tutte le parti del parco, ma l’intervento oggi in corso d’opera sta nell’area più a sud, al confine con Milano, l’area Bergamella. Il recupero complessivo qui è di 20 ettari, compresi gli orti. Un’area completamente da bonificare, in gran parte di proprietà privata. E’ stato l’intervento più impegnativo. Ora è proprietà pubblica, l’area degli orti è stata riordinata con la collaborazione deigli ortisti stessi, il territorio circostante ripulito.

C’è un intervento sulla parte mediana, l’area ex Quarzo, che collega le colline di Cologno con la parte nord di Sesto. E poi iutti gli interventi sulle aree brugheresi. Con il rifacimento di tutte le sponde,  e una serie di interventi sul’alveo, con forte partecipazione popolare, come per la Bergamella).

Per le aree brugheresi la trasformazione partecipata è stata eclatante. Prima erano zone nascoste a tutti, non luoghi, e adesso sono pienamente parco fruibile. Se uno ci fa un giro e le conosceva nota  subito questo radicale cambiamento. Specie intorno alla roggia Molinari, sotto il depuratore di Monza. Qui abbimo fatto un doppio intervento. Il primo costoso sull’alveo e le sponde, il secondo, per nulla costoso, di recupero e pulizia partecipata delle aree, rimuovendo decenni di incuria. E svelando il parco che c’era sotto.

Si è intervenuti così in otto progetti, in varie parti del parco.

 

E le grandi colline Falck proprio davanti?

 

Le colline Falck, dall’altro lato del fiume, sono dei manufatti recuperati a parco da circa 20 anni. Si possono migliorare, ma è una parte di parco già finita. Fanno parte di un grande patrimonio di archeologia industriale.

Sono colline di scorie di fonderia grandi come piramidi, in un’area dove c’erano fabbriche grandi come cattedrali e aeroporti per idrovolanti grandi come laghi. Fanno parte della storia di quei luoghi.

Sono anche elementi di fascinazione, da leggere con occhi diversi da quelli con cui si leggono generalmente i parchi.

 

E la grande riqualificazione attesa per l’area Falck?

 

Solo una sua fettina coincide con il  parco, in pratica gli attraversamenti del fiume.  Il progetto di riqualificazione delle aree Falck ha poi al suo interno una quota significativa di parco, che sicuramente interagirà con il parco del Lambro.

 

E infine, scendendo verso Sud,  c’è l’area vicino a Lambrate….

 

Qui si apre un mondo variegato e interessante. Procedendo sul fiume da Sesto a Milano si susseguono il parco Adriano, che raddoppia la Bergamella confinante. Insieme hanno un’estensione pari al parco Sempione, per dare un’idea. Il canale Martesana, i territori agricoli circostanti, lo storico Parco Lambro, poi i terreni del Rubattino, il parco Maserati sotto la tangenziale, la possibile espansione nell’ex-area Maserati stessa. E poi raccogliendo qualche scampolo libero nei raccordi autostradali si arriva fino all’Ortica. Il patrimonio complessivo della parte milanese del parco vale in realtà quanto tutto il resto.

Il numero di abitanti dei cinque comuni interessati al parco è abbastanza impressionante: 1,6 milioni, pari a una media regione italiana.

 

Non le dispiace un po’ non essere stato riconfermato alle guida del Parco Media valle del Lambro ora in versione 2.0?

 

Dieci anni l’allora sindaco di Sesto mi chiese se ero disponibile a fare il presidente del parco della media valle del Lambro. La risposta fu positiva, mi sono assunto l’impegno e ho cercato di portarlo avanti al meglio. Frutto però di una straordinario lavoro e mobilitazione collettiva. In questi anni ho visto il parco crescere e investire, realizzare opere, diventare importante e ora raddoppiare la sua superficie. Considero, come ho scritto, che dopo sette anni ho completato il compito su cui mi ero impegnato.

Non ho percepito un euro, né come compenso né rimborso spese. L’impegno lo considero esaurito anche perché ha un livello di sostenibilità non mantenibile in eterno.

Ricambio e alternanza ci salvano. E questo vale anche per me. Sono comunque uno dei presidenti di parco più anziani, come esperienza. E sono disponibile a fare comunque la mia parte.

C’è anche la città metropolitana, in ballo…

Certo, deve comunque riconoscere l’ampliamento del parco. Ci vorrà tempo. L’iter non è ancora concluso. Ed è complesso. Milano e Monza hanno formalizzato la propria adesione al parco nel 2013, poi ci sono voluti due anni per approvare un protocollo di intesa comune, quindi un testo di convenzione da far approvare nei 5 consigli comunali. L’iter non è ancora concluso perché adesso i cinque comuni dovranno chiedere alla città metropolitana il riconoscimento del parco ampliato, ma tutto quello che era necessario è stato fatto, compreso il coinvolgimento dei dirigenti dei vari comuni.

Una volta ottenuto il riconoscimento il parco avrà due anni di tempo per sviluppare il programma pluriennale degli interventi. Quindi un percorso comunque in itinere.

La convenzione, poi, già contiene le nuove cariche. Non c’è più presidente, perché non è più un soggetto autonomo ma un accordo tra Comuni. Al suo posto c’è un assemblea dei sindaci che non esprimerà un presidente del parco, ma un presidente dell’assemblea. In questo momento è il sindaco di Sesto che dovrà convocare la prima assemblea, dove si definiranno i criteri per la rotazione di questa carica.

Questo è l’organo di indirizzo e controllo. Poi, ed è la vera novità della convenzione, è previsto un ufficio centralizzato del parco. Un ufficio condiviso tra i cinque comuni. Che si occupa del territorio del parco. Che coordina tutti gli uffici comunali per vari motivi competenti su vari aspetti del territorio. Ed è un ufficio che avrà un proprio responsabile e con le figure necessarie. In questi anni l’esperimento è stato quello di mostrare che è possibile creare un ambito con diversi soggetti di amministrazione comunale, ciascuno dei quali continua a lavorare nel proprio ufficio. E questo ha funzionato.

Quello che incuriosisce è l’accento che mette sulla creazione di un marchio “Parco Media Valle del Lambro”. Perché?

Un marchio del parco. Non sarebbe da dire così ma più o meno è stato così. E’ partito dallo studio del logo, da parte di venti studenti dell’Istituto Europeo del design che hanno lavorato per un anno sull’immagine coordinata del parco. Un’iniziativa non tradizionale, ma finalizzata ad attività di promozione e di conoscenza.

Ma è servito. Nel 2010 abbiamo convocato gli stati generali del parco. In quell’occasione per la prima volta si è proposto un ampliamento così consistente. E sono stati convocati tutti i rappresentanti istituzionali.

Quella è stata la prima occasione in cui abbiamo in un certo senso collocato sul mercato il nostro prodotto, ovviamente senza alcun fine di lucro.

Il messaggio era, se non sbaglio. Noi diamo dei risultati, venite anche voi perché qui si sta creando un processo positivo.

Diciamo di sì. Abbiamo una serie di parziali azioni, che hanno creato una immagine via via più forte. Che hanno consolidato un progetto, su un filo unico, una politica coerente.

Visto il processo positivo sia il Comune di Milano che di Monza si sono resi conto che era interessante partecipare…. Un gioco a guadagno condiviso, quindi.

Sì. E giuro che non c’è la fregatura. L’ho detto e ripetuto. Ho provato così a convincere tutti.

In alcuni investimenti sono stati coinvolti i privati…

Il maggiore è relativo all’area Bergamella, dove i 20 ettari del parco si sono ottenuti con un accordo urbanistico con un soggetto privato che realizzava una quota di edificazione residenziale, cedendo in cambio una consistente area e monetizzando una cifra per la realizzazione del parco su quell’area. Nei fatti così ha bonificato tutta l’area. In più attraverso oneri di urbanizzazione ha messo a disposizione i finanziamenti per la realizzazione degli orti. Che abbiamo realizzato, come si è detto, in maniera un po’ diversa dal solito.

E questo era progetto che mi sono già trovato, nelle sue grandi linee, quando sono diventato presidente.

Un altro progetto è sempre nell’area Bergamella. Qui parliamo di piantumazione. Come attività di compensazione ambientale da parte di un’azienda che l’ha finanziata.

Nessuna privatizzazione del parco, quindi. Semmai l’esatto opposto.


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