Il Vago progetto su Città Studi e Expo

La Città della Scienza, trasportata da Città Studi nei terreni Expo, è un'iniziativa con un piccolo handicap: oltre 400 milioni necessari per finanziarla. E nemmeno il suo proponente, il rettore dell'Università degli Studi Gianluca Vago, sa come raccapezzarsi. Ma forse qualcosa si sta muovendo....
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area verde EXPO20152

Gianluca Vago, rettore dell'Università degli Studi di Milano è l'uomo che dovrebbe rivoltare Città Studi come un calzino,espiantandone ben cinque sedi universitarie (Fisica, Chimica, Informatica, Agraria e Scienze) per trasportarle di peso nell'area Exp. Ma è apparso giovedì scorso, in un dibattito organizzato da Umberto Ambrosoli all'Ambrosianeum, un po' confuso, incerto, quasi pentito della sua proposta.

C'è mancato poco a un suo “Se lo sapevo, non avrei venuto”. In stile Guerra dei Bottoni, dolcissimo film di tanti anni fa.


Lo si può capire. Una città della Scienza sui terreni Expo (oggi a grave rischio di desertificazione una volta concluso l'evento) sarebbe un'iniziativa bellissima, un investimento strategico per Milano (specie se associato a un parco tecnologico e per le nuove imprese) ma anche piuttosto costoso, specie in tempi di vacche magre quali gli attuali.
Il punto, come spesso avviene, sta in un paio di cifre. La città della Scienza offrirebbe sedi didattiche e laboratori di ricerca allo stato dell'arte, l'aggregazione dei dipartimenti ridurrebbe nettamente i costi di gestione delle cinque facoltà ma...il tutto finirebbe per costare circa 400 milioni. Diciamo anche mezzo miliardo, tenendo conto degli immancabili scostamenti tra previsioni e consuntivi su opere effettivamente realizzate.


E chi oggi potrebbe offrire questa cifra? Vago lo ammette con onestà. Non lo sa. Non certo Arexpo, la società tra Regione, Comune di Milano e Fondazione Fiera, che detiene il milione di metri quadri dei terreni Expo. Lei ha provato, con un bando, ad assicurarsi la cessione dei terreni per il dopo Expo, per 325 milioni di valore stimato. Risultato raggelante. Bando deserto. E intanto pesano i suoi 160 milioni di debito con le banche. Risultato: Arexpo non può finanziare nulla, semmai deve incassare per chiudere l'esposizione debitoria.

Marco Vitale, un’icona nel mondo della consulenza e dell’economia d’impresa, avanza da par suo una proposta quasi eversiva. La città della scienza e dell’innovazione, premette, sarebbe un nuovo bene pubblico di enorme valore per Milano metropolitana, capace di rigenerare imprese e dare futuro ai giovani. Sarebbe un progetto autoctono, politico, svincolato dal mercato. Per questo il debito attuale di Arexpo andrebbe ribaltato in investimento a lungo termine. Un messaggio chiaro per le banche. Un messaggio forte. Ma i tempi che stiamo attraversando lo consentono? Altrimenti, mette in guardia Vitale, le dimensioni delle cifre attuali non permettono nulla. Men che meno un investimento pubblico in Università, ricerca e innovazione da 400 milioni, e non si sa nemmeno se al netto o a lordo dell’acquisto (oneroso) da Arexpo di un quarto dell’area edificabile (circa metà del milione di Mq complessivi).

L’alternativa, al bene pubblico ipotizzato da Vitale, è il classico e strutturato ricorso al mercato (globale) illustrato da Marco Piazzotta, dell’Urban Land Institute.  L’approccio ormai classico di infrastutturazione dell’area, di marketing internazionale, di attrazione di investitori esteri multinazionali, di building per grandi sedi di impresa. E Piazzotta, che siede nel board dell’istituto che studia e fa consulenze su queste maxi operazioni immobiliari, cita il caso di successo delle Olimpiadi di Londra, ovvero la rinascita dell’ East end, un secolo fa i grandi docks della città-impero, ridottisi poi a deserto di criminalità e droga e infine rinati dopo la grande competizione a cinque anelli. E poi Amburgo, Lione, e l’interesse oggi per gli investitori anche per le medie metropoli, ma se dotate di un marchio forte. Come potrebbe essere anche Milano. E gli ultimi acquisti della Skyline di Porta Garibaldi da parte del Qatar sarebbero, secondo Piazzotta, solo il primo segnale positivo di una fase nuova.

Costruire, infrastrutturare, fare marketing e vendere, possibilmente bene. E quindi organizzare una società manageriale capace di fare da regista dell’intera operazione. Arexpo, holding ad azionariato pubblico, non sarebbe lontanamente sufficiente a questo tipo di operazione.

Completamente diversa la visione di Gianluca Vago.  Il suo punto forte è tutto universitario. Ha a che fare con una Statale a Città Studi cresciuta disordinatamente negli anni, fatta di edifici vecchi o invecchiati. E ne confronta i costi di gestione con un campus moderno, allo stato dell’arte. Imparagonabili, dice. A favore ovviamente del secondo.

Commento. Questo è un punto importante per un’Università pubblica, dipendente dalle risorse statali, molto impoverita dai tagli di bilancio (nonostante una significativa produttività scientifica dei suoi docenti e ricercatori).  La Città Studi di oggi costa troppo, con i suoi 250mila metri quadri di attempate palazzine. E ha senso tenerla a pane e acqua, dato che i 200 milioni necessari per rammodernarla appartengono, dati i fondi pubblici attuali per le università, più al mondo delle pie illusioni che degli impegni ministeriali?

Non sarebbe meglio mettere a valore gli 80mila metri quadri posseduti dai dipartimenti da Via Celoria in poi e riuscire ad avviare un “nuovo inizio” - sottende Vago - nell’area Expo? In un progetto più ampio della stessa Statale, in un nodo della rete di ricerca europea?

Vago sa con cosa si confronta. Al suo interno ammette resistenze e dissensi (in primo luogo i matematici, dice). E poi racconta di Veterinaria, che per essere spostata a Lodi, ci ha messo 20 anni. Non sono rose e fiori per lui.

E formula una sola ipotesi sul punto chiave dei 400 milioni. L’accreditamento del progetto sui fondi strutturali europei, come nuovo nodo (insieme all'unica Bologna in Italia) nella rete dei grandi poli di ricerca continentali.

Sembra un po’ poco perché possa funzionare. E nei tempi stretti della fine dell’Expo e poi delle aree dismesse. E Vago confessa di non riuscire a smuovere l'ostacolo, di non avere forze e strutture, quasi di pentirsi di aver lanciato questa proposta.

Sa però di dover lanciare un segnale concreto entro la fine dell'Expo perchè tutto poi non svapori nel nulla.

Ma Luciano Pilotti, presidente di Arexpo, si lascia scappare una piccola notizia.  Secondo cui la Cdp (Cassa Depositi e Prestiti) avrebbe espresso interesse per il progetto Vago (campus scientifico) più Assolombarda (campus delle startup). Un fatto di pochi giorni fa, e potenzialmente significativo. Cdp, infatti, è stata intitolata da Renzi alla gestione di 8 miliardi di euro che l’Italia ha deciso di mettere sul piatto del progetto Junker, di investimenti strategici pubblico-privati pan-europei per la ripresa.

8 miliardi sono quanto l’Italia risparmierà in due anni sul costo del debito pubblico grazie al Quantitative Easing della Bce di Draghi. E oggi queste risorse vengono messe a nuovi investimenti.  Possibilmente moltiplicatori di ripresa.

E quale iniziativa più strategica (e necessaria) ha oggi in ballo Milano? Si chiede (retoricamente) Pilotti.

Alla fine Vitale potrebbe avere (paradossalmente) ragione. Il debito attuale su Expo potrebbe divenire capitale sociale fruttifero a lungo termine.Tramite i minori debiti indotti dalla Bce.

Beppe Caravita

 


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Re: Il Vago progetto su Città Studi e Expo
14/06/2015 Pier Luigi Caffese
Conclusioni sui Progetti Post Expo a Milano.decarbonizzati,digitalizzati,sostenibili,durevoli con investimenti possibili.
-chiedo 20 miliardi all'EIB-Fondi Juncker per 20 RSC Regionali(800.000 jobs) e 1,5 miliardi per il Post Expo Milano(60.000 jobs).Si parte da Milano per innovare in Italia.
-dall'intervista al Presidente Rocca di Assolombarda al Corsera,appare delineata la strada del trasferimento universitario di 15.000 studenti da Città Studi(650 milioni di costi),una fantomatica città della scienza con progetti di Vago-Rossi basati su collider e FEL (da 2 a 7 miliardi di costi per ricerca di base che da frutti a 20-30 anni che copia strutture europee gia esistenti come Cern e Fel di Amburgo e Svizzero).Mi chiedo.Chi paga?
-nessuno aveva effettuato ricerche serie sulle aspettative dei lombardi,degli italiani e delle aziende straniere che dovrebbero venire al Post Expo.La nostra ricerca virale, cioe' via internet, nel mondo con oltre 1000 risposte di campione ,ci permette di dire che questo progetto trasloco e scienza da collider è bocciato nel mondo e se i politici vanno avanti sulla strada degli appalti di immobili o speculazioni edilizie,si creerà un gap tra politica che pensa ad interessi di bottega e Comunità Resilienti che invece vogliono un paese moderno e decarbonizzato.Il Direttore stesso dell'Insead di Parigi dice che il Post Expo e l'Italia devono mettere in cantiere progetti innovativi,competitivi,decarbonizzati e digitalizzati:se non lo facciamo subito siamo fuori del G-7.
-boccio percio l'Università non digitale del Rettore Vago e dico anche come digitalizzarla perchè fare un trasferimento di studenti,riempie la bocca a politici che ridanno un campus verde,ma non risolve il problema di quello che devi insegnare nel campus verde per essere innovativo e competitivo nel mondo che non sta fermo all'energia fossile
-sulla digital town proposta da Rocca abbiamo idee completamente diverse perchè io vorrei che tutta l'industria-sevizi-pubblico si digitalizzino ,mentre Rocca pensa a decarbonizzazione e digitale come lo zafferano nel risotto.Cioe' chi vuole e chi ha soldi per pagarselo mette zafferano di Navelli (il massimo nel mondo)ma altri metteranno zafferano arabo ed altri non metteranno niente o coloreranno con curcuma gialla che costa poco.Io non voglio digital curcuma.
-la decarbonizzazione in italia vale 4 milioni di posti.Il mio progetto Post Expo vale 60.000 posti e 5 miliardi di ricavi annui e se riesco a pilotare altre 19 Resilience Smart Communities in 19 Regioni occupo 800.000 posti per 34 miliardi di ricavi annui.Cioe' il Post Expo non è una digital town a Milano come vuole Rocca,sarebbe troppo riduttivo.Invece è un progetto che parte da Milano al Dopo Expo ma poi innova l'industria in tutte le sue filiere anche marine,agricoltura,energia ,salute ,pubblico con una cura da cavallo in digitale che non è lo zafferano ma è la base il riso che il mondo mangia.Che il riso venga dall'acqua e che la mia energia poi venga da acqua e mare,significa che abbiamo una vision sostenibile,meglio durevole di 100 anni e piu'.L'Italia non deve aspettare 30 anni per decarbonizzarsi ma lo deve fare subito e la digitalizzazione di massa ieri.Ma non confondiamo digitalizzazione industriale o manifatturiera con il solo internet veloce.Rocca è un ottimo industriale ma la digitalizzazione massiccia non va piu' rinviata,deve essere aperta a tutti.Mi meraviglio che Confindustria non lanci corsi ogni giorno di digitalizzazione applicata a singole filiere senza ricorrere alla stupidaggine di biblioteche digitali vecchie.Mi meraviglio che Vago non capisca che le Università diventino digitali esse stesse senza piattaforme incomprensibili.Impari dal prof francese che facendo un corso di applicazioni concrete algoritmi ha 30.000 studenti.Lo so che il prof di matematica insegna algoritmi ma io per aver detto che le alluvioni a Genova ed al Seveso si prevedono con internet delle cose per i livelli acqua misurati e calcoli con algoritmi, mi sono preso insulti 3 anni fa da Paita a Genova e molti Assessori a Milano,salvo che l'anno scorso questi esperti pubblici non hanno saputo dare le alert alluvioni e le popolazioni ringraziano per i danni prevedibili e che con la tecnologia di oggi,sono risolvibili.
-la digitalizzazione europea è portata avanti benissimo dal Commissario Oettinger e al Nord tutti i paesi la stanno velocizzando.In Italia abbiamo problemi di rete,di piattaforme open e non chiuse di IoE ed infine chi fa entrare il digitale nelle filiere industriali o manifatturiere.Lo fa Confindustria? Non mi sembra, dato che certi settori invocano la non decarbonizzazione che si porta indietro la non digitalizzazione,che si porta indietro il non aggredire tanta semplificazione burocratica.Cominciamo a digitalizzare le Università,poi la cultura e concepire tante filiere in termini digitali.la stessa agricoltura e le filiere mare collegate devono correre in digitale come l'Inps stessa.Pensate che in Francia l'Inps francese digitalizza su nostri suggerimenti l'anzianità moderna cioe' servizi innovativi ad anziani pensionati(vedi punto 10).
-il progetto POLIMI sui navigli milano è validissimo e apportando l'energia phs ,lo possiamo ammortizzare in pochi anni.


Re: Il Vago progetto su Città Studi e Expo
07/06/2015 Pier Luigi Caffese
Il Progetto Vago è demente perchè sposta reddito e non sa produrre ricavi da energia.Cioe' il progetto Vago dei colliders + spostamenti da 7 miliardi serve solo per girare appalti senza produrre ricavi e occupazione.
Il Corsera del 7.6.15,riporta l'articolo di Agnoli con il titolo "Forza Petrolio" come a indicare che vuole una Italia a prevalenza fossile 80-85% che invece è la nostra rovina industriale capita da pochi.Pensate che lo stesso Corsera allega una brochure su Expo(Benvenuti nel cantiere del futuro) dove una certa Elena Gelosa afferma che le rinnovabili non sono competitive dal punto di vista economico.Questa è ignoranza bella e buona perchè ho progettato un piano acqua intorno a 20 euro al MWh che vorrei portare al Post Expo e poi in altre 19 Resilience Smart Communities in 19 Regioni.L'acqua tradotta in energia costa 1/5 del gas importato ed è l'ora di finirla con queste stupidaggini di fossili convenienti senza conteggiare loro le malattie cancro e cuore che procurano per emissioni.Il Senato USA ha deciso di conteggiarle.Un Ministro Italiano che va da Report a dire "rinnovabili intermittenti non programmabili" è solo un ignorante in energia perchè digitalizzazione e stoccaggi permettono ogni programmabilità.L'errore vero che fanno i nostri Governanti è di non capire che i tedeschi hanno impostato la loro energie wende per risparmiare 850 miliardi di import in 30 anni,far nascere un apparato industriale decarbonizzato che esportano persino in Cina, e poi applicando concetti di energia circolare usano le acque sporche ed i rifiuti nei processi power to gas che in parole povere significano "mi faccio il biometano o syngas e lo uso in energia e chimica per non comprare piu' gas russo o importato e gia' che ci sono ordino ad Audi di andare come il vento e con il vento ad energia pulita".Se leggete un Report molto riservato di Toyota in giapponese vedete una vision simile su base motori ibridi ad idrogeno.Noi in Italia ci barcameniamo ancora con il gas importato ben sapendo che si usa sempre meno in elettricità.Difatti un Direttore MK a2a, che è una utilities nata con l'acqua della Valtellina, dice che vuole incentivi "capacity payment gas" per tenere ferme o chiudere le centrali gas comprate per miliardi 3 anni fa e non contento chiede incentivi per inceneritori, che all'estero vietano per diossina cancerogena.Il Governo o amministratori locali nomina dei fossil-men in utilities che vogliono salvarsi per errori fatti in tecnologie a spese Stato.A2a ha l'acqua ,dovrebbe produrre biometano per il teleriscaldamento da acqua e rifiuti,invece vuole incentivi Stato per stupide centrali gas e inceneritori cari,non efficienti e pieni di diossina.Certo che devono abbattere la diossina con costi proibitivi,ma di diossina ne esce sempre una parte(andate a Brescia sotto l'inceneritore e misurate la dissina nell'erba).
La mancanza di visione nell’energia italiana è dimostrata dal fatto che l'energia non è un settore trainante del pil italiano per una serie di errori accumulati nel tempo ed una visione burocratica dell'energia non aperta ai mercati mondiali.Ho redatto un Report al Governo e decisori Post Expo per evidenziare l'assoluta mancanza di digitalizzazione dell'energia italiana,che si ripercuote anche in agricoltura digitale che sarà sempre piu' elettrica intesa in mobilità non solo di trasporto ma vere applicazioni digitali, combinate con droni e robots.Pensate solo che questi mercati si valutano in 30 miliardi di $.Nelle mie 20 RSC sono inserite le produzioni delle applicazioni digitali robots-droni-3D-energia pulita-industria e agricoltura decarbonizzata.Ho chiesto alla EIB 20 miliardi per 20 RSC e 1,5 miliardi per il Post Expo Milano per 800.000 jobs.Cioe' investo 20 miliardi in RSC,per ottenere 800.000 posti in decarbonizzazione industriale digitale prevedendo appositi incubators.Le Comunità resilienti con il digital manufacturing producono posti,le smart cities anche capillari come in Italia per 1250 città producono solo posti burocratici,ma Enea insiste per disperdere incentivi.L'esempio è a Torino e Genova con mela verde che si dimenticano di levare le alluvioni acqua.
Ecco i principali punti del mio Report su energie rinnovabili in Italia,al Post Expo ed altre 19 RSC in 19 altre Regioni.:


Energie rinnovabili e energia elettrica al Pos...

1.Il settore Energetico Utilities è Asset Intensive e non l'abbiamo ancora esteso alla energia circolare,rifiuti.
2.La necessità di controllare i costi di manutenzione quotidiani e ottimizzare le disponibilità
3.Le tecnologie digitali al servizio delle performances degli assets
4.Trasformazione indotta profondamente per cambiare la vita delle attività lavorative
5.Questi attori che reinventano il settore energetico in Europa...a quale valore?
6.I modelli di business devono essere sufficientemente flessibili per ripensare i drivers di mercato che cambiano
7.Strutture di servizi,tecnologie digitali,Big Data.Non serve la biblioteca ma serve farsi una biblioteca in ogni azienda con accesso ai BIG Data che servono specificatamente per quella azienda o ente
8.Il valore potenziale di questa tecnologia digitale è riconosciuto.Ma funziona?
9.Agricoltura Digitale al mio POST EXPO e successivamente in 19 Resilience Smart Communities Regionali
10.Perchè le isole del mediterraneo,specificatamente Sardegna e Sicilia, non possono essere come le Hawai 100% rinnovabili.
11.Mercato Turbine per prodotto:un mercato da 40 miliardi in Eu-28.
12.Energia Circolare:oggi il mercato vale 30 miliardi ma ben fatto vale 60 miliardi,leva tutte le discariche e aggrega utilities e Sogin,altro esempio di Ente appaltante miliardi senza tecnologie innovative.


Re: Il Vago progetto su Città Studi e Expo
22/04/2015 danton
mi scuso per il ritardo ma soltanto ora un amico mi avvertito di questo forum
seguo la vicenda sin dall'inizio in quanto abitante di Città Studi.
Se andasse in porto il progetto Vago, sarebbe un disastro non solo per la nostra zona ma per tutta Milano. Sono a disposizione per una eventuale sollevazione(barricate comprese).
Leggo che praticamente tutto l'establishment
milanese è preoccupato per il destino dell'area expo. Giusto. Bene. Non ho letto una parola di preoccupazione, invece, del destino dell'area Città Studi, una volta svuotata dei corsi universitari. Strano, no?


Re: Il Vago progetto su Città Studi e Expo
25/03/2015 beppe caravita
Credo che Vago si riferisse soprattuto alle sedi di Chimica e Biologia, di taglio moderno ma attempato. Il termine vecchi, se lo ha riferito a Matematica o a Agraria, di sicuro è sbagliato. Trattasi di edifici coperti dal vincolo delle Belle Arti.
A Carlo: proprio non riesci a capire la differenza tra un articolo giornalistico, che racconta di un convegno, e un "intervento", che invece vuole manipolare la tua opinione. Non pensi che sia un po' sgradevole per chi lavora volontariamente qui?


Re: Il Vago progetto su Città Studi e Expo
22/03/2015 LadyMaryPen
Avete mai visto la splendida eleganza e la storicità di questi edifici bifolcamente definiti "vecchi"? Un investimento per metterli a posto farebbe bene non solo all'Università, ma al patrimonio artistico di Milano e dell'Italia stessa. In altri Paesi questi edifici verrebbero valorizzati, qui qualche ignorante li definisce vecchi...fate un giro in Via Colombo, in via Celoria, in via Botticelli e potrete comprendere...


Re: Il Vago progetto su Città Studi e Expo
19/03/2015 natalino
......e magari lasciamo morire la vera storica Città Studi..... proprio delle idee geniali, non c'è che dire! così gli studenti dovranno far fronte ad innumerevoli disagi nella nuova area.....tutto per cosa? meri interessi geo-economico-sociali. A parer mio abbandonare la vera Città Studi provocherebbe ciò che è accaduto ad altre zone della città che si sono trasformate in poco più che ghetto.
Comunque spero che i cittadini possano dire la loro....almeno questa per fortuna non si paga.

cordilamente


Re: Il Vago progetto su Città Studi e Expo
18/03/2015 Beppe Caravita
Suggestivi accostamenti. Carlo. Ma allora i soldi c'erano, oggi no. Soprattutto per le università. Università e ricerca, la voce su cui si sono esercitati i facili lungimiranti tagli di bilancio degli ultimi decenni.


Re: Il Vago progetto su Città Studi e Expo
18/03/2015 Carlo
continua il viaggio nel Tempo: nello scorso intervento mi sembrava di rileggere i promessi basti della nuova città della salute a sesto ora mi sembra di rileggere le magnifiche sorti e progressive dei tempi della Grande Malpensa. E' bello vedere che tutto torna (e niente cambia!)


 
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