Donne che resistono: Margherita Asta contro la mafia

Alla "Casa della legalità", giovedì 5 marzo, nell’ambito delle iniziative del Quarto Forum delle Politiche sociali a Milano, si è svolto l’incontro con Margherita Asta e Nando Dalla Chiesa, promosso dall’Associazione Libera. ()
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La sede, in pieno centro a Milano, è un ex laboratorio artigiano confiscato a un avvocato arrestato nel 1997 per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.
Inaugurata nel novembre 2014 ha fuso la decennale esperienza dell’Associazione Suoni Sonori, che dal 2004 in questo spazio ha promosso laboratori di divulgazione dell’arte e della musica tra i minori finiti in carcere, con il progetto “Casa della legalità” che ha nella Facoltà di Scienze Politiche dell’ Università Statale la sua fonte di iniziative, dando vita ad un laboratorio permanente di azioni per sostenere la cultura della legalità.

Alla presenza di una sessantina di persone, Ombretta Ingrascì, membro del Comitato antimafia del Comune di Milano, ha introdotto il toccante e sconvolgente racconto dell’esperienza di Margherita, oggi coordinatrice delle Associazioni dei familiari delle vittime morte di mafia.

Margherita, il 2 aprile 1985, a 11 anni, perse la madre Barbara Rizzo di 31 anni e i due fratellini gemelli di 6 anni, mentre percorrevano in auto la quotidiana strada verso la scuola, ignari di precedere l’auto del giudice Carlo Palermo. L’agguato mafioso di Pizzolungo, destinato al giudice appena arrivato a Trapani, fu un bagno di sangue per tutti. 

La strage è ancora oggi priva di risposte e di condanne per gli esecutori materiali. Ma Margherita continua a chiedere giustizia, a lottare per fare emergere la verità, inciampando su una strada dissestata tra politica, massoneria e giustizia, a partire da un processo iniziato nel 2002, diciassette anni dopo i fatti.

Per spiegare il senso della sua lotta, Margherita riporta un concetto che farà suo e tratto dal libro di Rénate Siebert (La mafia, la morte e il ricordo - Rubbettino,1995): «occorre trasformare le emozioni in una straordinaria risorsa pubblica», mettendo quindi a disposizione di tutti la propria memoria.
In questo contesto è il suo percorso, l’intervallo tra la bambina costretta a fronteggiare la morte e la donna di oggi, che lotta col peso della memoria ma ne fa anche un un'arma per la collettività, e la volontà  di avere giustizia fino in fondo.

Nando Dalla Chiesa, da parte sua, ricorda tra le figure femminili del suo libro - Le ribelli. Storie di donne che hanno sfidato la mafia per amore, Melampo, 2006) - la storia di Francesca Serio, "mamma Carnevale", che aveva accusato i mafiosi di Sciara (Palermo), come responsabili dell'omicidio del figlio, il sindacalista ucciso nel 1955 e aveva visto gli imputati condannati in primo grado all'ergastolo e assolti in appello per insufficienza di prove. Francesca dopo la morte del figlio aveva denunciato la complice passività delle forze dell'ordine e della magistratura. Dopo l'assoluzione, aveva celebrato quotidianamente davanti a tutti coloro che la visitavano nella sua casa poverissima, un suo processo, civile e politico, in nome di una giustizia che disprezzava quella ufficiale e non attendeva quella divina.
Di lei diceva Carlo Levi: «acuta, attenta, diffidente, astuta, abile, imperiosa, implacabile. Così questa donna si è fatta in un giorno: le lacrime non sono più lacrime ma parole, e le parole sono pietre» (Einaudi, 1955).

Evento quindi di grande impatto, narrazioni di figure ed emblemi femminili, non solo nella lotta contro la mafia ma anche in un difficile cammino di liberazione femminile.
Ma anche uno dei cento passi di preparazione alla ventesima Giornata della memoria, compleanno di Libera, che si terrà a Bologna il 21 marzo prossimo, costantemente rinnovando la fedeltà alle parole chiave memoria e impegno.

Luciana De Georgio


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