Il Comitato milanese STOP-TTIP. Ma cos'è il TTIP?

Sabato scorso è stato presentato alla Camera del Lavoro il Comitato STOP TTIP Milano che affiancherà il Comitato nazionale da tempo all'opera per impedire che venga firmato il trattato che dovrà regolare gli interscambi commerciali, ma non solo questi, tra USA ed EU.

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In una sala affollata come non sovente accade, alla Camera del Lavoro lo scorso 7 marzo è stato presentato il Comitato STOP-TTIP dell'area metropolitana milanese a cui hanno aderito numerosissime associazioni, movimenti, gruppi e comitati per fermare il trattato con cui si vogliono regolare gli scambi commerciali e gli investimenti tra Europa e Stati Uniti, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP).

Come mai tanta attenzione e preoccupazione per un accordo che interessa solitamente pochi addetti ai lavori, di cui i mezzi di comunicazione non parlano o hanno dato solamente qualche sporadica notizia, con l'eccezione di Report, la trasmissione della Gabannelli andata in onda qualche mese fa, e qualche spot lanciato su RAI 3 dal nostro governo? Il motivo si comprende non appena si cerca di approfondire i vari aspetti del trattato, di conoscere le clausole in discussione, non appena si scoprono le modalità con cui vengono condotte le trattative, da chi, con quale mandato e quali sono le finalità perseguite.

Questo accordo, come diversi altri siglati negli anni recenti, è discusso al di fuori dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio, il WTO (World Trade Organisation), organismo comprendente 159 paesi, deputato a trattare le questioni relative agli scambi commerciali a livello mondiale con criteri che tenessero conto dei paesi emergenti, di quelli sottosviluppati e non solo degli interessi delle economie dominanti. Da anni di fatto non si riescono a superare le controversie che impediscono di concludere i negoziati messi in programma e mentre paesi come Brasile, Russia, Cina, India e Sud Africa (i cosidetti BRICS) sono in pratica usciti dal WTO dando vita ad altri organismi alternativi, gli Stati Uniti hanno deciso di lanciare una serie negoziati al di fuori dell'ambito WTO per definire accordi separati con singoli stati o gruppi di stati. Il TTIP rientra nell'ambito di questo tipo di accordi, è stato avviato nel corso del 2013 con l'intento di concludere le trattative entro la fine del 2014. I più attivi promotori dell'accordo, di qua e di là dell'Atlantico sono le organizzazioni operanti al servizio del mondo industriale e finanziario. Le delegazioni nominate dal presidente Obama e dal Consiglio dei Ministri Europei hanno ricevuto l'incarico di condurre il negoziato sotto il vincolo della segretezza, in base ad un mandato conferito dai rispettivi governi in termini assolutamente vaghi. Si indicavano gli obiettivi generali, creazione di milioni di nuovi posti di lavoro e crescita assolutamente rilevante delle economie grazie all'incremento delle esportazioni/importazioni in entrambi i paesi mediante l'eliminazione di tutti quei vincoli e barriere che si frappongono al libero scambio di merci e servizi.

Un accordo che investe tutti i settori vitali dell'economia, della finanza, del lavoro e dei servizi coperto da segreto, da approvare o rigettare una volta conclusi i lavori, senza poterne conoscere preventivamente clausole e condizioni, senza possibilità di avere alcun confronto pubblico con i delegati a condurre le trattative, su cui i mezzi di informazione tacevano.

Ovviamente ben presto sono nate forti perplessità tra le associazioni e movimenti di difesa dei diritti civili, a cominciare dagli Stati Uniti, dove gli effetti di accordi simili erano già stati ben sperimentati dalla popolazione, e poi in Europa. Ricordiamo che un accordo di libero scambio siglato tra Stati Uniti, Canada e Messico nel 1994 con finalità del tutto simili e analoga impostazione, denominato NAFTA (North American Free Trade Agreement), antesignano del TTIP, ha suscitato fortissime proteste e opposizioni da parte dei cittadini. non avendo creato affatto nuovi posti di lavoro, avendo certamente contribuito al collasso dell'agricoltura messicana e la conseguente crescita dell'immigrazione clandestina verso gli Stati Uniti, senza aver apportato evidenti benefici economici alle popolazioni.

La mobilitazione delle organizzazioni di difesa dei diritti civili e la fuga di notizie (Wikileaks ha reso pubblici l'anno scorso alcuni documenti segreti relativi ad un altro negoziato che si sta trattando parallelamente al TTIP, il TISA - Trade In Services Agreement relativo al settore dei servizi pubblici, finanziari e dell'informazione, al quale si dovranno dedicare attenzioni non minori), hanno convinto i responsabili a cambiare strategia e su iniziativa del governo italiano (in prima linea nella difesa dell'accordo ed in piena sintonia con le posizioni statunitensi) si è consentito a fornire qualche informazione sull'andamento del negoziato, che rimane comunque riservato e che verrà reso di pubblico dominio solo a conclusione delle trattative.

Quali aspetti hanno destato le maggiori preoccupazioni e motivato un gran numero di attivisti impegnati nella difesa dei diritti civili a lanciare la campagna internazionale STOP TTIP? 

Non certo le questioni relative alla riduzione dei dazi e delle imposte doganali, che ormai sono applicate in misura assai ridotta e non comportano sensibili variazioni nei prezzi delle merci, quanto l'abolizione delle barriere normative in essere nei paesi firmatari dell'accordo che possano ostacolare la libera circolazione delle merci, salvaguardando in primis gli interessi degli operatori economici e finanziari. Il trattato impone infatti l'abrogazione di norme e restrizioni che un operatore possa ritenere dannose in quanto più gravose di quelle in vigore nel proprio paese, tali da non gli consentirgli di vendere i propri prodotti o servizi in condizioni di libero mercato o tali da compromettere il livello dei profitti attesi.

Ne consegue che, ove la normativa permettesse di produrre a costi minori, o con margini di profitto superiori dovendo sottostare a vincoli ambientali meno gravosi, a controlli e certificazioni più semplici, le norme più restrittive dovranno essere adeguate alle condizioni di miglior favore per il produttore, non per il consumatore. Questo solo in virtù dell'accordo inappellabile siglato tra i paesi firmatari. Per affermare in toto questo principio viene stabilito che le possibili controversie dovranno essere composte non di fronte a tribunali ordinari, secondo le legislazioni correnti, ma ricorrendo ad un arbitrato internazionale e con le procedure prescritte per questo tipo di istituto (giudizio inappellabile emesso da tre giudici, due espressi da ciascuna delle parti in causa ed il terzo concordato dai primi due, un tribunale quindi composto da tre avvocati, selezionati di regola entro una cerchie ristretta di professionisti di fama internazionale, al servizio ora della multinazionale, ora dello stato citato in giudizio) Non si tratta di allarmistiche previsioni, esiste ormai un'ampia casistica al riguardo (a seguito di accordi commerciali bilaterali Philip Morris ha chiesto 2 miliardi di dollari all'Urugay, Imperial Tobacco, Philip Morris e British American Tobacco hanno citato in causa l'Australia, la svedese Vattenfal ha chiesto 4,7 miliardi di euro alla Germania per l'abbandono del nucleare, ecc).

I relatori hanno illustrato le dannose conseguenze che il TTIP potrebbe avere per noi cittadini nel campo dell'agricoltura e dell'alimentazione, della salute, dei servizi pubblici, dei beni comuni, della proprietà intellettuale, della neutralità di internet e dei diritti di accesso ai dati personali. Per citare i casi più clamorosi basti pensare al divieto di usare gli OGM in agricoltura, all'impiego di sostanze da noi vietate nei processi di preparazione dei cibi e permesse altrove, alle etichettature e denominazione dei prodotti alimentari che impedirebbero di salvaguardare la specificità e la provenienza delle nostre produzioni, alle normative per l'autorizzazione all'impiego dei farmaci. Il criterio da sempre vigente in Italia è quello che il produttore deve dimostrare che i farmaci messi in commercio non provocano danni alla salute, quello vigente negli USA è al contrario che spetta all'utilizzatore dimostrare che quel prodotto è dannoso.

Rendendosi conto che da più parti in Europa e negli Stati Uniti le opposizioni stanno coinvolgendo un numero crescente di movimenti di opinione il vice-ministro allo Sviluppo Economico Calenda, che segue le trattative sul TTIP su incarico del nostro governo, ha proposto al Consiglio Europeo nello scorso semestre di presidenza italiana di accantonare per il momento i punti più controversi e procedere alla firma dell'accordo, da perfezionare successivamente. Come è stato ben messo in evidenza nella relazione presentata della prof. Algostino al convegno, il trattato pone questioni che riguardano la sovranità popolare e la democrazia, esclude la partecipazione dei cittadini quando sono in discussione il diritto al cibo sano, alla salute, ai beni comuni, comporta la privatizzazione del potere legislativo.

Un trattato di libero scambio così concepito non può lasciarci indifferenti e merita una presa di posizione da parte dei cittadini.

D'altra parte la vicenda TTIP non fa che riconfermare come l'atteggiamento delle autorità governative siano la controprova di una diffusa e progressiva deriva della politica verso la difesa degli interessi forti, in grado di determinare le scelte di governo al di fuori del confronto democratico nelle sedi entro le quali dovrebbe svolgersi.

Monica Di Sisto, coordinatrice del Comitato nazionale STOP-TTIP-Italia ha invitato tutti a partecipare alla raccolta di firme per fermare il negoziato e ad aderire alla giornata in programma il 18 aprile prossimo Da entrambe le sponde dell'Atlantico i movimenti sociali chiederanno di bloccare i negoziati su TTIP e TISA.


Il sito del Comitato nazionale http://stop-ttip-italia.net/

Per firmare STOP TTIP



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