Cosa si sta facendo per risolvere l'emergenza Seveso?

Inizieranno a breve i lavori di ripulitura del Seveso. Ma c'é una soluzione definitiva che possa tranquillizzare gli abitanti costretti a subire continui allagamenti alle prime consistenti piogge? Abbiamo interpellato gli esperti del settore per avere chiarimenti.

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allagamento

Sappiamo che la bonifica che il Comune di Milano si accinge a fare nel prossimo periodo permetterà di rimuovere una gran massa di detriti accumulatisi da anni nel tratto interrato del Seveso che attraversa le zone nord di Milano, ma sappiamo anche che questo intervento, sicuramente necessario, non basterà a risolvere la piaga delle esondazioni che affliggono una gran parte degli abitanti di questi quartieri. L'urbanista Giacomo Graziani, ci ha permesso di tracciare un quadro abbastanza completo delle problematiche, degli studi e delle soluzioni individuate per risolvere l'emergenza Seveso.

Quali sono le principali cause delle attuali esondazioni del Seveso?

Il Seveso è stato un ricorrente grattacapo per il territorio milanese, già dalla fine del IV secolo d.C., quando il capoluogo lombardo era capitale dell’Impero. Deviato più volte a contornare le mura, si trovò intersecato con la Martesana nel 1496, quando il nuovo canale arrivò a Porta Nuova. Poi, per evitare che l’eccessivo afflusso delle acque finisse nel naviglio di San Marco, fu realizzato il canale scolmatore Redefossi che confluiva più a valle nella Vettabbia, a Porta Ludovica. Soluzione che si rivelò insufficiente a far fronte alle piene che esondavano periodicamente nei quartieri sud-orientali. Problemi che si trascinarono per secoli. Solo nel 1783, durante il governo austriaco, fu realizzato il prolungamento del canale Redefossi fin quasi a Melegnano, per scaricare le sue acque nel Lambro.

La gestione del Seveso fu così ricondotta alla normalità fino a quando il suo corso, dalla fine dell’Ottocento in poi, fu combinato per tratti successivi, prima della confluenza nella Martesana e fino al confine con Bresso. Interramento attuato a seguito della irresponsabile urbanizzazione avvenuta nei comuni tra Lentate e Bresso, dove nel '61 si contavano 84.000 abitanti e 210.000 nel 2001. urbanizzazione che ha comportato una impermeabilizzazione del suolo arrivata alla media del 44% nel bacino del fiume e che si avvicina al 70% a valle di Paderno Dugnano. Inoltre con le mutate condizioni climatiche le piogge intense si scaricano sempre più spesso in poche ore, non vengono assorbite dal terreno, si riversano nella rete fognaria provocando piene improvvise. Sono quindi tre i fattori concomitanti, causa delle esondazioni sempre più frequenti e disastrose: l'esasperata urbanizzazione, la cementificazione del territorio, l'aumento e la concentrazione del carico delle acque meteoriche sul territorio.

Negli scorsi decenni quali provvedimenti furono presi per fronteggiare la situazione?

Il problema delle esondazioni deriva dalla natura torrentizia dei corsi d'acqua che si riversano su Milano, e quindi dalla limitata capacità che hanno di assorbire i carichi di piena, e dalla valutazione di questi carichi, tenendo conto dell'intensità degli eventi meteorici avvenuti nel corso dei secoli. Nel 1954 fu progettato il Canale Scolmatore di Nord Ovest (CSNO), completato solo nel 1980, per togliere al Seveso l'afflusso di un carico di piena di 30 metri cubi al secondo. Questa portata si è rivelata subito insufficiente e già nel 1982 se ne è progettato il raddoppio, ma per mancanza di fondi è stato ultimato nel 2004 solo un primo lotto.

Il problema del Seveso a Milano si localizza in un punto preciso: la sezione del cavo Redefossi, così come sistemato lungo i viali dei Bastioni a inizio ‘900, non è più sufficiente a smaltire il volume d’acqua che durante le piene supera di gran lunga la sua portata di 40 m3 al secondo e trasforma l’imbocco della tombinatura del fiume in una specie di imbuto che rigurgita la piena, fa saltare i tombini dei viali adiacenti e allaga una vasta zona della parte settentrionale della città, su fino a Niguarda. Perciò dal 1976 a Milano si sono avute 104 esondazioni: solo nel 2014 si sono verificate 9 esondazioni di cui 3 con durata superiore alle 5 ore. Pesanti quelle dello scorso 15 novembre e la precedente dell’8 luglio. Tutti ricordano ancora quella del 19 settembre 2010 che fece più di 70 milioni di danni.

A fronte dell'inadeguatezza degli interventi realizzati quali provvedimenti sono stati presi?

Se gli interventi sono stati finora insufficienti, gli studi per una soluzione definitiva hanno fatto per contro notevoli passi avanti. E’ del 1999 l’Accordo di Programma per la Difesa Idraulica di Milano, stipulato tra Regione, Autorità di Bacino del Po, AIPO, Provincia e Comune di Milano. L’Autorità di Bacino completava nel 2004 uno Studio di Fattibilità della sistemazione idraulica dell’ambito idrografico milanese dal quale dal quale si possono trarre tre considerazioni essenziali:

- l'impossibilità di aumentare nelle aree urbanizzate la capacità idraulica delle reti idriche esistenti

- la criticità idraulica di tutti i corsi d’acqua compresi nell’ambito idrografico milanese. Il che significa l’impossibilità di immettere ulteriori portate provenienti dai bacini limitrofi

- la necessità di ridurre le portate di piena convogliate all’interno di ogni singolo bacino, attraverso la formazione di sistemi di laminazione.

Quindi soluzioni in grado di porre fine all'emergenza sono già state studiate e sono ragionevolmente percorribili?

Lo studio citato ha elaborato proposte precise per risolvere il problema della gestione del bacino del Seveso; proposte che, oggettivamente, non sembrano avere alternative. Lo studio propone interventi sufficienti a far fronte ad eventi che hanno un tempo di ritorno di 100 anni e con questo riferimento si sono dimensionate le opere idrauliche da realizzare. Altro riferimento base è il rispetto del vincolo ineliminabile costituito dalla portata del sistema Seveso Redefossi, che, come abbiamo visto, non può superare i 40 metri cubi al secondo. La soluzione globale prevede due ordini di interventi:

- l’azzeramento delle portate a valle del Canale Scolmatore di Nord Ovest (CSNO), ottenuto con 3 vasche di laminazione, parallelamente al completamento dei lavori per il raddoppio della portata del CSNO (60 m3/sec). Per la localizzazione delle vasche si sta considerando il territorio dei Comuni di Lentate, Varedo e Paderno, oltre alla vasca già localizzata a Senago e collegata al CSNO.

- la riduzione degli afflussi provenienti dai sistemi di drenaggio urbano dei Comuni a valle del CSNO

Tali interventi sono complementari e non alternativi, sia per quanto riguarda le opere da realizzare, che i tempi di attuazione.

Le vasche di laminazione sono assolutamente necessarie, ma di cosa si tratta, quali vantaggi e quali costi comportano?

Le vasche di laminazione in pratica sono delle vasche di esondazione artificiale e controllata, ma hanno anche importanti caratteristiche polifunzionali. Dobbiamo dire subito che il volume d’acqua da “togliere” al Seveso a monte del CSNO, è di 4,4 milioni di metri cubi, stando alle più pessimistiche previsioni di piene ricorrenti ogni 100 anni. Immaginate una vasca lunga 1 chilometro, larga 440 metri e profonda 10 metri; per le dimensioni in gioco, ma anche per calibrare l’utilizzo delle vasche a seconda delle necessità, non si prevede una sola vasca, ma più vasche, scaglionate lungo il corso del fiume. La loro localizzazione è in gran parte già definita, in parte ancora in fase di valutazione tecnica, ma si deciderà a breve. Per tutte l’inizio dei lavori è previsto alla fine di quest’anno.

Realizzare vasche di laminazione di questa capacità, significa mettersi in grado di fronteggiare un’onda di piena (la più catastrofica prevedibile) di 6,7 milioni di mc, potendo comunque risolvere lo smaltimento del residuo volume d’acqua di ca.2,3 milioni di mc a valle dello CSNO con la rete idrica esistente e con la formazione di un bacino di laminazione nel Parco Nord, con un volume di invaso di 0,3 milioni di mc. Un altro problema inerente alle vasche è il controllo della qualità delle acque immesse, che andrebbe puntualmente effettuato a monte in relazione alla adeguatezza ed efficienza dei sistemi di depurazione. In sintesi, a monte del CSNO si realizzeranno 3 bacini, più altre vasche minori a ovest di Cantù, per una capacità complessiva di circa 3,5 milioni di mc.

Lungo il CSNO si realizzerà il bacino di Senago, della capacità di 1,0 milione di mc, il più importante, perché renderà finalmente funzionale il raddoppio già realizzato del CSNO, e permetterà di utilizzandone in pieno la portata di 60 metri cubi al secondo. Oltre a ciò, questo bacino consentirà di ridurre le portate di piena scaricate dal CSNO nel Ticino, in quanto il volume laminato verrà reimmesso nello stesso scolmatore e poi nel sistema Deviatore Olona-Lambro Meridionale- Lambro. Infine il bacino di Senago sarà in grado di far fronte ad un maggior numero di eventi meteorici rispetto alle altre opere di laminazione, perché posto più a valle di tutte, avendo inoltre la capacità di laminare le piene dei torrenti Pudiga e Garbogera.

La realizzazione delle vasche di laminazione è in fase assai avanzata, con un costo complessivo preventivato di circa140 milioni di euro.

Si è detto che le vasche rappresentano una parte della soluzione, e la seconda relativa alla sistemazione delle reti fognarie e degli impianti di depurazione?

L’adeguamento della rete di raccolta delle acque meteoriche a valle di Paderno-Senago comprende una serie assai vasta di interventi puntuali già in fase di attuazione in un tessuto urbano consolidato.

Si tratta di ridurre nel territorio urbanizzato del bacino del Seveso la portata media allo scarico quasi del 50%, come previsto dal Piano di Tutela e Uso delle Acque (PTUA). Interventi che includono fra l’altro piccole vasche di laminazione diffuse lungo la rete e opere di permeabilizzazione del terreno ovunque possibile, per ridurre le portate meteoriche scaricate dai sistemi di drenaggio. Altri interventi sulla rete in corso di realizzazione sono la canalizzazione delle acque meteoriche in tubi di raccolta di grosso diametro, in grado di smaltire gradualmente l’afflusso meteorico nella rete fognaria, funzionando come piccoli bacini lineari di raccolta. Si tratta insomma di lavorare su tutta la rete con tempi e costi impegnativi per un progetto che ha l’obiettivo di risultati sostanziali nel breve-medio periodo. Parliamo quindi di una serie di interventi di grande respiro, che si stanno realizzando nel quadro di applicazione del PTUA e che funzioneranno in sinergia con il sistema di vasche di laminazione. In un quadro di larga sintesi, va citato l’assorbimento del depuratore di Varedo (dismesso perché obsoleto) in quello di Pero (costo 9,5 milioni di euro), alleggerendo così del 20% gli scarichi che oggi gravano sul Seveso. Contemporaneamente tutta una serie di nuove fognature che interessano 12 Comuni sono in corso di realizzazione entro il 2015 con un impegno di spesa di 8,51 milioni di euro. Restano infine da finanziare per 70 milioni di euro altri interventi nell'Ambito Territoriale Ottimale (ATO) di Como, le vasche di laminazione e trattamento delle acque di prima pioggia delle aree urbanizzate di Varedo e Bresso.

Altrettanto importanti sono gli impianti di depurazione e riqualificazione ambientale che saranno completati entro il 2016 per un importo di circa 4 milioni di euro e la riqualificazione dell’alveo del Seveso nel Parco Nord Milano per circa 500.000 euro.

Sono state sollevate obiezioni alle vasche di laminazione, temendo un impatto negativo sul territori, sono giustificate?

A proposito dei nuovi bacini di laminazione, va considerato positivamente il loro utilizzo multifunzionale nelle diverse fasi ed entità delle piene, con una gestione che contempla, con il decrescere del livello del bacino, altri interessanti utilizzi di carattere socio economico e ambientale. Si va da una sistemazione paesaggistica del bacino, al suo utilizzo a fini ricreativi, al controllo della qualità dell’acqua e del suolo, alla ricarica delle falde, alla irrigazione agricola e urbana.

Particolare rilevanza paesaggistica avrà quindi il progetto di questi invasi artificiali. Sarà perciò opportuno un approccio progettuale complessivo del territorio interessato da questi interventi, così come la relativa Valutazione di Impatto Ambientale, dovrà articolarsi nell’analisi dei diversi livelli di naturalità e di sostenibilità degli effetti indotti dalle funzioni di carattere antropico assegnate al sistema nella sua alternanza di regimazione delle acque.


Ringraziamo sentitamente per questa intervista l'architetto Giacomo Graziani, membro del Direttivo dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, che si è avvalso del supporto tecnico dell'ingegner Maurizio Brown, e l'Ufficio Stampa del Comune di Milano per i dati forniti.


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