Sul taglio dei platani in via Ampère
Un lettore ci ha scritto per denunciare il taglio degli alberi prospicienti la via Ampère, all'interno di un grande cortile privato. Ma un grande albero, che svolge una funzione essenziale per la qualità dell'ambiente urbano cittadino non rappresenta un bene comune da salvaguardare?
(PAOLO BURGIO)17/12/2014
“Giovedì, venerdì e sabato scorso, a porte serrate, in via Ampère 57, nella vecchia sede del CNR, i nuovi proprietari hanno tagliato 3 platani monumentali, alti una trentina di metri, senza che le proteste dei cittadini presso il Consiglio di zona 3, i vigili e la guardia forestale avessero il minimo effetto. Così Milano mostra la sua vera coscienza ecologica e il rispetto della legge che proteggerebbe tali alberi. Da mostrare con orgoglio alla Expo. Prof.Eugenio Castelli”.
Questa la mail ricevuta. Mi ha provocato un senso di disagio e di impotenza. perché se l'ambiente intorno a noi viene deturpato, ed il taglio degli alberi è sicuramente un atto di degrado del paesaggio, non possiamo restare indifferenti.
Ma non era davvero possibile proteggere questi alberi? A Milano non esiste un regolamento in grado di tutelare il patrimonio arboreo in situazioni come questa. Quello attuale, datato 1995, in corso di revisione, si preoccupa innanzitutto di disciplinare l'uso del verde pubblico, dei parchi e giardini e di prescrivere norme e sanzioni per la fruizione degli spazi verdi destinati al pubblico. Non c'è alcuna particolare sensibilità verso il valore del paesaggio come elemento significativo per la qualità della vita e del verde come elemento essenziale del paesaggio urbano.
“Prendere possesso, appropriarsi, violentare sono i verbi che fanno lo scempio dell’umanità e della terra. E così ai miei occhi la mia piazza diventa un simbolo: era di tutti, quelle piante erano di tutti, quell’erba di tutti, su quella panchina andava a sedere chiunque, senza chiedere permesso a nessuno. Un segno di vita per chi beve cemento ad ogni ora del giorno, un’area in cui pulsava ancora il colore delle stagioni. Sulla piazza scorreva il ritmo delle stagioni.
E che ce ne facciamo, in una società come la nostra, delle anime gentili o dei poeti? Ditemi voi se rendono qualcosa. Terra di piccoli. L’attenzione è altrove: il cortile di Palazzo Marino trasformato in salotto dei grandi, in banchetto di cibi raffinati, quello, suvvia, rende. Ma la terra dei piccoli? Tu, piazza, mi sei diventata un simbolo. Alzo gli occhi e poi subito li nascondo. Passo e mi dico: è Natale. Tu mi rimandi un bisogno accorato di Natale. Mi rimandi lacerante un disgusto per il mito seduttore della potenza, l’indignazione per il mito dell’uomo forte: ne vedo con occhi increduli gli esiti allucinanti. Mi raccontano di ragazzi che sgozzano per provare emozioni “forti”, mi raccontano di ragazzi che si pensano forti perché filmano chi sta morendo investito da un autobus, mi raccontano di filmati di torture, mi raccontano di personaggi “in vista” che possono permettersi parole che un giorno definivamo da “caserma”, tanto loro sono forti, mi raccontano di uomini in fiamme in acciaierie, tanto non sono forti.
Chi volesse leggere l'articolo completo di don Angelo Casati può trovarlo al link:
http://www.sullasoglia.it/articoli-casati/dicembre-2007.htm
Questa la mail ricevuta. Mi ha provocato un senso di disagio e di impotenza. perché se l'ambiente intorno a noi viene deturpato, ed il taglio degli alberi è sicuramente un atto di degrado del paesaggio, non possiamo restare indifferenti.
Ma non era davvero possibile proteggere questi alberi? A Milano non esiste un regolamento in grado di tutelare il patrimonio arboreo in situazioni come questa. Quello attuale, datato 1995, in corso di revisione, si preoccupa innanzitutto di disciplinare l'uso del verde pubblico, dei parchi e giardini e di prescrivere norme e sanzioni per la fruizione degli spazi verdi destinati al pubblico. Non c'è alcuna particolare sensibilità verso il valore del paesaggio come elemento significativo per la qualità della vita e del verde come elemento essenziale del paesaggio urbano.
In altri regolamenti comunali, ad esempio quello adottato dalla città di Torino nel 2006, questi valori costituiscono le premesse di base su cui articolare le indicazioni e le norme con cui salvaguardare il verde in città. Pensando agli alberi abbattuti, prima della necessità di sottolineare le inadeguatezze delle norme e dei regolamenti, o di entrare nel merito delle implicazioni diciamo “politiche”, la prevalenza dell'interesse privato su quello pubblico, mi è sembrato più impellente ricordare un articolo dell'allora parroco di San Giovanni in Laterano, scritto nel dicembre del 2007, quando furono abbattuti gli alberi davanti la chiesa in piazza Bernini, per far posto al cantiere che doveva servire alla costruzione dei box sotterranei, mai realizzati
E riprendo da quel lungo articolo di don Angelo Casati alcuni passi, pubblicato per combinazione anche allora in prossimità del Natale.
“Prendere possesso, appropriarsi, violentare sono i verbi che fanno lo scempio dell’umanità e della terra. E così ai miei occhi la mia piazza diventa un simbolo: era di tutti, quelle piante erano di tutti, quell’erba di tutti, su quella panchina andava a sedere chiunque, senza chiedere permesso a nessuno. Un segno di vita per chi beve cemento ad ogni ora del giorno, un’area in cui pulsava ancora il colore delle stagioni. Sulla piazza scorreva il ritmo delle stagioni.
Cambia qualcosa sull’asfalto? Ha delle stagioni? Ti perdi ad ammirarne i colori? Ma eri - qui forse è il problema - troppo piccola, piazza che ospiti la mia chiesa. E, con te, piccoli, senza raccomandazioni e protezione, i vecchi che ne godevano o i bimbi che l’attraversavano o gli uomini e le donne ancora in cerca di bellezza. Ma che cosa è mai un anziano o un bambino o un poeta, i loro sogni e le loro attese a confronto con le macchine, il loro impero, la pretesa dei box e dei parcheggi?
E che ce ne facciamo, in una società come la nostra, delle anime gentili o dei poeti? Ditemi voi se rendono qualcosa. Terra di piccoli. L’attenzione è altrove: il cortile di Palazzo Marino trasformato in salotto dei grandi, in banchetto di cibi raffinati, quello, suvvia, rende. Ma la terra dei piccoli? Tu, piazza, mi sei diventata un simbolo. Alzo gli occhi e poi subito li nascondo. Passo e mi dico: è Natale. Tu mi rimandi un bisogno accorato di Natale. Mi rimandi lacerante un disgusto per il mito seduttore della potenza, l’indignazione per il mito dell’uomo forte: ne vedo con occhi increduli gli esiti allucinanti. Mi raccontano di ragazzi che sgozzano per provare emozioni “forti”, mi raccontano di ragazzi che si pensano forti perché filmano chi sta morendo investito da un autobus, mi raccontano di filmati di torture, mi raccontano di personaggi “in vista” che possono permettersi parole che un giorno definivamo da “caserma”, tanto loro sono forti, mi raccontano di uomini in fiamme in acciaierie, tanto non sono forti.
Ti dirò, piccola piazza, che, contemplando con occhi tristi i tuoi tronchi segati, il Natale, che celebra il “piccolo” e il “debole”, può sembrare una festa dei folli o dei poeti. Tanto è in controtendenza.
Folli e poeti, accompagnati dal risolino dei forti. Il risolino per coloro che vanno a celebrare un Dio che sceglie e difende piccolezza e debolezza. A volte sembra che nulla sia cambiato. Anche allora quei sognatori venuti dall’oriente li guardarono con occhi di compassione: ingenui a cercare un Dio nella carne e nella terra dei piccoli. Rimangono forse solo folli e i poeti ad alzare inascoltati un grido per uno scempio che è degrado in umanità, a inginocchiarsi al mistero della piccolezza.”
La piazza Bernini ha potuto dopo alcuni essere risistemata e gli alberi ricresceranno, ma alla vista degli abitanti circostanti i platani di via Ampère ben difficilmente potranno essere restituiti
Chi volesse leggere l'articolo completo di don Angelo Casati può trovarlo al link:
http://www.sullasoglia.it/articoli-casati/dicembre-2007.htm
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