TTIP, il trattato sugli scambi commerciali tra Europa e USA

TTIP, comincia a destare curiosità questa strana sigla. Pochi giorni fa è stato organizzato nella nostra zona da un Gruppo di Acquisto Solidale, il Gas LoLa, un incontro per spiegare cos'è il TTIP e quali conseguenze può comportare per i cittadini. Pubblichiamo quindi un articolo per togliere qualche velo sullo strano acronimo, che, solo grazie alle campagne di informazione lanciate da associazioni e movimenti cittadini in Usa e in Europa, comincia ad essere oggetto di qualche attenzione da parte della stampa e dei mezzi di informazione.

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Di cosa si tratta? TTIP sta per Transatlantic Trade Investment Partnership, è un accordo in corso di negoziazione tra gli USA e l'Europa per ridurre i dazi doganali sulle merci, facilitare gli scambi commerciali e gli investimenti, queste le intenzioni dichiarate da entrambi i governi. In base a questo accordo si verrebbero a creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro in Europa, si avrebbero incrementi annui del PIL intorno allo 0,5%, e la stessa cosa avverrebbe dall'altra parte dell'Atlantico, dove si prospettano aumenti ancora superiori sia in termini di occupazione che di crescita economica.

I negoziati sono ufficialmente iniziati nel giugno dello scorso anno, su iniziativa del governo americano e di quello europeo, che hanno ottenuto dai rispettivi parlamenti un mandato per la nomina delle commissioni incaricate di negoziare, con l'obiettivo iniziale di chiudere le discussioni, condotte sotto la clausola della segretezza, entro la fine del 2014. Al termine delle negoziazioni Il trattato deve essere sottoposto ai rispettivi parlamenti per essere ratificato o rigettato. In parallelo si sta negoziando anche un altro trattato di libero scambio, il TISA, Trade In Services Agreement, che mira a liberalizzare le attività nel settore dei servizi, sia privati ,sia pubblici e finanziari, con le stesse premesse, la liberalizzazione e deregolamentazione dei servizi, e lo stesso obiettivo, creazione di nuovi posti di lavoro ed espansione economica.

Le modalità con cui il TISA è proposto e negoziato sono del tutto analoghe al TTIP, coinvolge oltre USA ed Europa altre 21 nazioni, mentre esclude i paesi delle economie emergenti, soprattutto i cosidetti BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Da quando nell'ambito del WTO, l'organizzazione mondiale deputata alle trattative sugli accordi commerciali internazionali, non si riesce a concludere alcun negoziato, si sono moltiplicati accordi bilaterali o multilaterali tra vari paesi, ed il TTIP ne è un esempio.

Due aspetti hanno colpito l'attenzione e suscitato gravi apprensioni nelle associazioni e nei movimenti civili impegnati nella difesa dei diritti del lavoro, dell'ambiente, dei beni comuni, dei servizi pubblici essenziali, istruzione, sanità, previdenza. Da cosa sono supportate le allettanti previsioni di crescita dell'occupazione e dell'economia, pur in un momento così difficile, e come mai negoziati destinati a produrre così importanti benefici per le popolazioni coinvolte venivano coperti dal più rigoroso silenzio? Che sorga qualche dubbio è lecito.

Infatti le affermazioni sulla creazione di posti di lavoro e di crescita economica si sono rivelate del tutto inconsistenti poiché non sono suffragate da alcuno studio o rapporto, che giustifichi la validità. Non c'è alcuna evidenza che l'eliminazione degli attuali dazi doganali, già poco rilevanti rispetto al prezzo finali dei prodotti, possano spingere i consumi in misura così elevata, mentre ricerche condotte da organizzazioni internazionali indipendenti conducono a valutazioni opposte.

La segretezza con cui venivano condotte le trattative è caduta solo dopo che le proteste in USA e in Europa sollevate da associazioni e movimenti civili hanno portato a conoscenza del pubblico le clausole e le possibili conseguenze dell'accordo. In Italia solo dopo la trasmissione sul TTIP mandata in onda da Report su RAI 3 in settembre sono cominciati ad apparire articoli sulla stampa, sono state rilasciate dichiarazioni dai politici (il viceministro Calenda ha iniziato da allora una campagna a sostegno del TTIP) e sono apparsi in TV spot pubblicitari per illustrare i vantaggi che l'accordo porterà all'Italia.

Chi sostiene le proposte del trattato e quali forze premono perché venga approvato, con un'ampia identità di vedute tra americani ed europei?

Non è certo un mistero che i principali promotori siano le multinazionali, le grandi banche e le organizzazioni finanziarie, attraverso l'operato di lobbies alle loro dipendenze, in stretto contatto con i funzionari governativi incaricati delle trattative. Trattative che vengono condotte da negoziatori scelti tra quel ristretto numero di candidati che occupano posizioni di prestigio presso organismi pubblici e privati, scelti senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica. Non meraviglia quindi che ad essere tutelati siano innanzitutto gli interessi dei poteri forti, mentre che quelli dei cittadini non abbiano lo stesso grado di considerazione.

E non meraviglia che l'impianto ideologico sul quale è fondato il trattato sia di impronta marcatamente neo-liberista, nonostante non siano passati molti anni dallo scoppio nel 2008 della crisi finanziaria, risolta solo grazie all'intervento non-liberista dei governi centrali con i soldi dei cittadini.

La moltiplicazione dei posti di lavoro e la crescita economica sarà garantita del TTIP grazie all'azione del libero mercato ed alla limitazione delle norme e regole che frenano lo sviluppo dell'economia. Si auspica che venga ridotta quanto più possibile l'azione regolatrice del governo, che vengano privatizzati nella misura più ampia possibile i servizi pubblici senza creare disparità tra le diverse legislazioni in vigore in ciascun paese, che vengano armonizzate le norme che impediscono la libera concorrenza delle aziende e la libertà d'azione degli investitori, applicando il criterio delle condizioni di miglior favore. Queste condizioni di miglior favore permetterebbero ad un investitore estero di richiedere che una certa normativa ambientale più restrittiva di quella in vigore nel proprio paese venga adeguata a quest’ultima per il principio di reciprocità. E in base a questo principio si propone anche che questo investitore estero possa avanzare una richiesta di risarcimento allo stato nazionale inadempiente per non aver modificato la propria normativa, adeguandola a quella estera. La causa di risarcimento (e si tratterebbe di cause multimiliardarie, come sta avvenendo per non andare lontani in Germania per una questione del tutto analoga) verrebbe trattata non da un tribunale nazionale, ma mediante un arbitrato, secondo le regole generalmente applicate negli arbitrati, da tre arbitri, uno nominato da ciascuna parte in causa ed un terzo scelto dai primi due. L'arbitrato è inappellabile e la decisione diventa immediatamente esecutiva.

Per valutare le ricadute in termini occupazionali e le ripercussioni economiche del TTIP basterebbe poi prendere in considerazione cosa è avvenuto nei paesi dove trattati del tutto analoghi sono entrati in vigore. E' il caso ad esempio del NAFTA – North American Free Trade Agreement, siglato già nel 1994 tra USA, Canada e Messico, facendo balenare la promessa della creazione di milioni di posti di lavoro e grande sviluppo in ciascuno dei paesi contraenti. I risultati ottenuti sono stati il collasso dell'agricoltura messicana, basata su un tessuto di piccole e piccolissime aziende agrarie legate a sistemi tradizionali di coltivazione, schiacciate dal sistema largamente industrializzato e sovvenzionato dell'agricoltura americana, la conseguente perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, che hanno scatenato le rivolte dei Tupamaros nel sud del Messico e innescato il fenomeno dell'immigrazione di massa verso gli USA, ancora oggi irrisolto ed a cui Obama sta cercando di porre qualche rimedio

Le conseguenze e l'impatto che un trattato come il TTIP può avere sulla società italiana sono facilmente intuibili e riguardano tutti gli aspetti del vivere quotidiano, dal cibo alla sanità, dalla tutela dell'ambiente alla sicurezza dei prodotti di uso quotidiano, dai diritti dei lavoratori alla salvaguardia dei beni comuni, dalla difesa della sovranità nazionale alla protezione dei dati personali. Non vogliamo, né possiamo in questa sede esaurire la vastità degli argomenti da trattare e ci ripromettiamo di affrontarli successivamente.

Segnaliamo che, come già avvenuto in USA e negli altri paesi europei, sono partite numerose campagne per dire no al TTIP, e che la campagna in Italia è promossa in primo luogo da STOP TTIP ITALIA (stop-ttip-italia.net), raccogliendo le adesioni ed i contributi di reti, associazioni, movimenti e realtà del territorio che si stanno muovendo spontaneamente in difesa dei cittadini.


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