La rivoluzione leggera delle social streets

Stanno dilagando le social streets. Ne sono già sorte parecchie ed in poco tempo hanno raccolto moltissime adesioni, via Maiocchi e dintorni, via G.B. Morgagni, via Ponzio, via Bixio nella nostra zona e altre ancora a Milano.

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Cosa sono le social streets? Si può dire che siano nate riprendendo le intenzioni di un'iniziativa francese del 1999, dquando venne lanciata la “Festa del vicino di casa”, una manifestazione con lo scopo di sviluppare la convivialità, rafforzare i legami di prossimità e di solidarietà per lottare contro l'individualismo e l'isolamento e costruire una società più aperta, più solidale e più fraterna. Questa manifestazione ebbe un immediato successo e con la diffusione negli altri paesi europei nacque una Federazione Europea della Solidarietà e del Vicinato, che organizza ogni anno un evento per celebrare la Festa del Vicino di Casa; in Italia l'anno scorso si è svolta a Torino. Questa federazione ha un carattere istituzionale ed è sponsorizzata dalle amministrazioni locali ed enti governativi.

Le social streets si formano però su basi assolutamente spontanee e autonome, ad opera di singoli cittadini che volendo condividere con i vicini interessi comuni si mettono in contatto, fanno rete come si suol dire, creando gruppi per scambiarsi aiuto reciproco, consigli e informazioni di vario genere, organizzare incontri ed attività culturali, creare gruppi di acquisto solidale, aprire biblioteche  e ogni altro evento che la fantasia e la creatività di ciascuno propone.
Lo strumento principale che ha permesso la facile e rapida diffusione di tutto ciò è il “social network” per eccellenza, Facebook.
Chi intende promuovere una social street apre una pagina Facebook, alla quale invita alcuni amici, spiegandone lo scopo e motivandone le finalità, gli amici invitano altri amici e così nasce la social street. Si mettono insieme le capacità e competenze di ciascuno, un grafico studia il logo, altri rispondono alle richieste di aiuto (un consiglio per il medico, per la scuola del figlio, per accudire a turno i bambini della vicina e permetterle di andare dal parrucchiere, e così via. Ovviamente le relazioni non possono restare unicamente sul piano virtuale, e quindi ci si incontra, si beve insieme un caffè o l'aperitivo al bar, si fa conoscenza e si entra in un rapporto di vicinato tra persone disposte a mettere in comune qualcosa con gli altri, a socializzare.

Il successo ha sorpreso gli stessi promotori, ha mosso l'interesse dei giornali, quasi tutti hanno pubblicato articoli e fatto interviste, facendo conoscere il fenomeno anche a chi non usa internet. Quali le ragioni di tanta effervescenza?

Molteplici, la prima direi dovuta al fatto che sentiamo forte il bisogno di uscire dall'isolamento determinato dalla concezione individualistica della società, imperante da decenni; il vicino è stato concepito come ostile, come un nemico da cui difendersi piuttosto che un amico a cui rivolgersi, il mio interesse, pubblico o privato che sia, è la prima esigenza che sento.
In questo modo però non è possibile coltivare un rapporto amicale con il prossimo. Abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo un'epoca che Bauman ha definito della società liquida, in cui ci muoviamo non come attori, come protagonisti responsabili, ma come consumatori, subendo condizionamenti e omologazioni che i media e il mercato ci impongono, non come individui capaci di realizzarsi entrando in un rapporto esistenziale con il prossimo e quindi con sé stessi. Altri hanno definito quest'epoca quella delle passioni tristi, gli psichiatri francesi Miguel Benasayag e Gerard Schmidt, in un libro pubblicato alcuni anni fa, che analizzava il disagio, sopratutto delle giovani generazioni; l'utilitarismo come criterio di realizzazione e la necessità di soddisfare continuamente nuovi bisogni rendono insoddisfatti e incapaci di coltivare la nostra creatività che ha invece bisogno di essere disinteressata e non unicamente tesa a proteggerci dalla minaccia di una società ostile.

L'opportunità di mettere insieme interessi comuni contribuisce ad allacciare rapporti, ad allargare la sfera dei nostri interessi entrando in contatto con gli altri e ricevendo stimoli per sviluppare e coltivare altri interessi.
La possibilità di avere un consiglio da parte di un amico che ci indica un posto dove fare un buon acquisto per la serietà e la correttezza del negoziante ci consente di rivalutare la dimensione locale e rifuggire da quei luoghi, per me orribili, che sono i grandi centri commerciali, dove si compie il rito del consumo, in una folla di sconosciuti dediti allo stesso rito.
Se cominciamo a considerare il vicino un interlocutore con cui aprire un dialogo e un confronto, piuttosto che un estraneo da evitare, uscendo dagli schemi delle contrapposizioni preconcette, diventa possibile e interessante una partecipazione attiva alla vita sociale, che si realizza concretamente poiché avviene  nell'ambito che sta intorno a noi.
Oggi veniamo a conoscenza in tempo quasi reale di quello che è successo dall'altra parte del globo, ma il nostro vicino può essere uno sconosciuto. La social street cittadina consente il recupero del rapporto con il vicino sconosciuto senza invasioni della sfera privata.
Per queste ragioni parlo di rivoluzione leggera, poiché la social street può provocare un radicale cambiamento nei modi di relazionarci rispetto al modello che sino ad ieri ci ha  condizionato, recuperando il valore della vita di quartiere, come esisteva in passato.  
Solo così mi spiego il successo che sta avendo.
È un successo destinato a durare nel tempo o ad affievolirsi presto, come un fenomeno effimero? Non penso, poiché è forte e sentita l'esigenza di uscire dagli stili di vita basati sull'apparenza, sull'assenza di valori, sugli sterili rapporti che la società dei consumi ci propone, senza produrre opulenza, ma tutto sommato, insoddisfazione.
Certo esistono i pericoli dovuti al desiderio dell'affermazione personale, alla necessità di mantenere vivo l'impegno a rendersi disponibili, al rischio che la partecipazione sia sfruttata facendo prevalere interessi  personali, come in qualunque altra forma di vita sociale.

Ma mi pare già un gran bel risultato il fatto che, quando esco di casa e incontro il mio vicino, conosciuto tramite la nostra social street, posso salutarlo con un buongiorno ed un sorriso.

Paolo Burgio


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Re: La rivoluzione leggera delle social streets
27/01/2014 Laura Benigni


Re: La rivoluzione leggera delle social streets
27/01/2014 Laura Benigni
una potenziale rivoluzione leggera nelle grandi città, ma anche nei piccoli centri abitati da molti nuovi residenti anziani e da molti pendolari di tutte le età. Anche nelle piccole città e nei piccoli borghi si replicano le situazioni di anonimato che un tempo caratterizzavano i condomini urbani.


 
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