Liquidiamo la vecchia politica?

La tre giorni "i codici della democrazia" ha mostrato un fermento di iniziative e progetti oltre le aspettative. La "democrazia liquida" comincia a coinvolgere non solo i suoi ideatori iniziali (Partito Pirata e 5 stelle) ma anche parlamentari del Pd, dopo la prima esperienza di Umberto Ambrosoli. Ma c'è anche altro in cantiere in Italia, come il social network deliberativo Airesis e i bilanci partecipati online. ()
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C’è una strada per riprogettare la politica, oggi? Per superare la crisi che l’attanaglia (e con essa la nostra società). Per ridare concretezza, efficacia, legittimazione alle scelte e alle decisioni pubbiche? E’ possibile rigenerare i partiti dall’interno? Renderli davvero partecipati, con progetti e programmi condivisi? E infine, dare realtà a uno stato guidato, ma anche controllato dai cittadini. In cui corruzione, sprechi, favoritismi e ruberie varie non sottraggano più risorse preziose di tutti?

Sono interrogativi che tante volte abbiamo sentito sollevare.  Spesso solo in termini teorici, a volte su programmi elettorali truffaldini, quasi mai i esperienze concrete.

Eppure il seminario, I codici (software) della democrazia,  (organizzato dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Milano, in collaborazione con Fondazione RCM e ICONA) ha mostrato proprio queste, nella sua tre giorni  tenutasi il 13-15 settembre scorso.

Almeno due movimenti politici di nuova generazione (i pirati tedeschi e il movimento 5 stelle italiano) che usano abitualmente “piattaforme deliberative” in rete (in pratica assemblee virtuali permanenti che elaborano, discutono, emendano e poi votano proposte di programma). Migliaia di giovani militanti coinvolti, su base locale o nazionale (in Germania). Ma ancora: l’effetto contagio sui politici tradizionali,  come i quindici deputati e senatori che hanno avviato “Tu parlamento” sull’identica piattaforma (Liquid Feedback). E l’avvio di un social network “deliberativo”, Airesis, fatto da programmatori volontari e che sta raccogliendo  gruppi di militanti, per discutere e poi votare.

C’è fermento. E c’è la concreta speranza che la (buona) politica in rete esca finalmente dalla marginalità.  Fino al 2009, infatti,  questo mondo dell’e-democracy  era al più buono per qualche titolo di giornale. In realtà, era relegato ai margini da un sistema e da una classe politica che ne diffidava, se non l’aborriva. Oggi invece sta diventando un terreno di diffusione, di contagio tra esperienze. E di opportunità di prima grandezza.


Per chi se n’è occupato, quasi sempre da volontario e spesso con tanto impegno e speranza, la prima fase è stata una lunga marcia nel deserto. Ma poi, dall’esplosione della crisi in Europa sono avvenuti due eventi: la formazione del partito pirata (nato in Svezia sulla difesa delle libertà di internet e poi radicatosi soprattutto in Germania)  e in Italia la crescita del movimento Cinque stelle.

Come se la crisi che ha investito frontalmente una generazione (interconnessa) l’avesse costretta a sviluppare una strategia politica positiva con gli strumenti storicamente disponibili.

Ambedue questi movimenti,  infatti,  pongono al centro della propria organizzazione (e visione) l’e-democracy. Il primo – ha spiegato il pirata italo-tedesco Carlo Von Lynx – struttura il suo essere partito come assemblea permanente deliberativa tramite la piattaforma Liquid Feedback, un sotware sviluppato dai pirati stessi (movimento ad alta intensità di informatici e programmatori) che consente di proporre idee, discuterle, integrarle e infine selezionarle con un rigoroso processo di votazione. Compresa la delega a un altro partecipante ma revocable in ogni momento. Una piattaforma deliberativa che oggi coinvolge circa 4mila partecipanti in Germania, e si è estesa in Austria e anche in Italia (ovviamente qui con numeri più piccoli, non oltre le 400 persone iscritte al partito pirata italiano).

L’obbiettivo dei pirati – dice il suo esponente italiano Marco Ciurcina -  è di far funzionare il  partito senza la necessità di un “gruppo dirigente”, e con il minimo di autonomia dei rappresentanti eletti, che invece devono assumersi, per statuto, il non facile compito di portavoce “fedeli” delle deliberazioni e dei programmi sviluppati via via in assemblea.


Utopia? Mica tanto, se si tiene conto che alle scorse elezioni a Berlino i pirati si sono attestati all’8%,  e sono accreditati ora dai sondaggi per il Bundestag al 2-4%. Secondo non poche analisi il loro successo (almeno finora) è stato dovuto alla forza attrattiva della loro “democrazia liquida” e la conseguente qualità dei programmi (soprattutto nel caso berlinese) sviluppati e messi in campo.

In Italia l’altro pilastro dell’e-democracy è il Movimento Cinque Stelle. Il punto di riferimento è la democrazia diretta (non liquida, senza deleghe, sul principio “Uno vale uno”), l’orizzontalità, la rappresentanza parlamentare o nelle istituzioni strettamente vincolata (come per i pirati) alle deliberazioni della rete degli iscritti.

E i due movimenti in qualche misura hanno cominciato a interpenetrarsi. Soprattutto attraverso la piattaforma Liquid Feedback, che ora viene sperimentata, spiega Andrea Ravasio, dalle comunità grilline a Bergamo, poi in Lombardia, Sicilia, Basilicata. Un’adozione dal basso, a dimensioni locale (e in alcuni casi appena partita) che rende molto più efficace il lavoro politico rispetto ai soli, e spesso caotici, gruppi di discussione.


C’è chi poi, sempre dentro il movimento Cinque Stelle, sta puntando all’obbiettivo grosso. Alla realizzazione di un’intera assemblea parlamentare su una versione ampiamente modificata di Liquid Feedback. Il gruppo di programmatori grillini del Parlamento Elettronico , coordinati da Emanuele Sabetta, hanno davvero fatto un lavoro di rilievo. Costruendo un’interfaccia gradevole su un software da questo punto di vista iper-spartano. Creando aiuti alla navigazione  in processi deliberativi non sempre facili. Dai bottoni grandi per gli anziani alle barre che ti dicono in quale punto sei, alla visualizzazione ordinata delle proposte in corso e del loro stato di avanzamento.  E anche nella “sostanza parlamentare”. Inserendo nel processo di formazione delle proposte anche l’intervento di commissioni di esperti (come nel Parlamento tradizionale) per il controllo di costituzionalità, giuridico, tecnico e economico delle proposte.

Infine, fedeli anche loro all’ideale della democrazia diretta, hanno abolito una delle funzioni più discusse di Liquid Feedback. La delega. Ovvero la possibilità di delegare un’altra persona nelle deliberazioni. Una funzione, sempre revocabile, ma che in Germania, a tre anni di funzionamento della comunità dei pirati, sta acquisendo peso (non tutti gli attivisti possono dedicare ore ogni giorno alla partecipazione deliberativa).

Il gruppo laziale del 5stelle non la pensa così. Fedele al principio “uno vale uno”.

Questo fermento, in un movimento che oggi rappresenta quasi un terzo degli italiani, ha di fatto esercitato una forte pressione anche sui “concorrenti” per adeguarsi, o quantomeno rodare, il nuovo paradigma partecipativo. Di qui, nel gennaio scorso, la partenza a razzo di una piattaforma “estesa” Liquid Feedback per la candidatura di Umberto Ambrosoli alla guida della Regione Lombardia. In poco più di un mese, grazie soprattutto al lavoro della Fondazione Rcm dell’Università di Milano, il server, secondo il suo direttore Mario Sartori,  ha raccolto, selezionato e votato circa 300 proposte programmatiche, con circa mille iscritti. E queste proposte, riportate su apposite aree esterne (della piattaforma complementare, ma più orientata alla discussione, OpenDCN) hanno ricevuto in gran parte l’adesione dello stesso Ambrosoli.

Peccato che la sua mancata elezione oggi abbia un po’ oscurato la qualità politica di quel programma per la prima volta nato dal basso dai cittadini lombardi.

Subito dopo però è stata la volta di Laura Puppato, e di altri parlamentari “illuminati” del Pd (e altre forze del centrosinistra) nell’avviare (sempre con Fondazione Rcm) ,Tu Parlamento, un server deliberativo anch’esso basato su Liquid Feedback con aree di comunicazione e discussione integrate da OpenDcn (la base, tanto per spiegarci, di PartecipaMi).


Questo sito è diviso in due parti. La prima è l’area libera per i cittadini delle proposte, degli emendamenti, delle votazioni finali. La seconda è invece a disposizione dei parlamentari promotori (14) che vogliono avviare dei percorsi consultivi aperti su temi che stanno seguendo o stanno loro a cuore.  Ad oggi  però solo quattro parlamentari hanno aperto dei temi di loro interesse ma da condividere. Siamo davvero ancora agli inizi.

Ciò che si è mosso dal 2009 intorno a Liquid Feedback ha influenzato anche l’altra maggiore iniziativa spontanea presentata nel workshop di Milano. OvveroAiresis, nata da un gruppo spontaneo di sviluppatori (team leader Alessandro Rodi) che hanno creato una piattaforma con le capacità immediate di discussione di Facebook (persino riprendendone lo stile) ma con, dentro, anche il motore deliberativo di voto (palese e segreto). Il punto di forza di Airesis sta comunque nella sua interfaccia gradevole e facilità d’uso. Al punto che oggi molti partecipanti ai Meetup del M5s stanno migrando su questa piattaforma, dalla precedente, ormai decisamente invecchiata.

Un esempio. Airesis è oggi un piattaforma in evoluzione e si prefigge l’aggiunta di nuovi strumenti e moduli. Tra cui quello, oggi indispensabile, per generare petizioni sottoscrivibili dalla rete. Un modulo appena completato anche da OpenDcn e messo in open source (come è del resto anche Airesis).

Sarà questo un caso di scambio di funzionalità e codice tra le varie piattaforme emergenti italiane? A sua volta il gran lavoro fatto dal gruppo degli sviluppatori laziali del 5 stelle sull’interfaccia utente di Liquid Feedback potrebbe essere incorporato anche in altre versioni e progetti. Si va quindi verso una rete interconnessa – nella proposta formulata l’ultimo giorno da Fiorella De Cindiofondatrice del Laboratorio di Informatica Civica dell’Università di Milano –   nello sviluppo di software di e-democracy?

Anche e soprattutto per l’adozione di autentiche innovazioni radicali. Qui è d’obbligo citare il lavoro di un  matematico, Pietro Speroni Di Fenizio , che ha sviluppato un sistema di voto, Vilfredo goes to Athens che, invece di far vincere una sola proposta su altre concorrenti (come nel voto classico o nell’algoritmo di Schulze usato in Liquid Feedback) genera un processo recursivo in cui le proposte via via dominanti vengono selezionate e i proponenti sono forzati a scegliere tra una rosa  sempre più ristretta (fronte di Pareto), eventualmente ad aggiustare le loro proposte, convergere, e alla fine a raggiungere l’unanimità sulla soluzione finale.

E’ quanto normalmente avviene in molte situazioni diplomatiche (stesura di trattati, accordi…) ma Vilfredo è una sorta di “tutor matematicamente guidato” che consente a tutti, in gruppi di una dozzina di persone, di sviluppare proposte condivise. L’algoritmo infatti non si presta (per ora) a grandi numeri di partecipanti. Ma è in fase di avvio, con la fondazione Href, una sua implementazione per aiutare il lavoro delle commissioni parlamentari, tipici consessi deliberativi con meno di venti partecipanti.

Non solo, “Vilfredo” potrebbe funzionare egregiamente nella fase di formazione delle proposte su Liquid Feedback, soprattutto quando più idee concorrono sullo stesso tema e possono essere integrabili. Un modulo “Vilfredo” in questa piattaforma è quindi pienamente ipotizzabile.

Apparentemente umile, ma di rielvo strategico,  è infine un progetto presentato alla fine del seminario: una piattaforma per i bilanci partecipati. Bipart. Un ambiente che aiuta nel processo di maturazione delle scelte, ma non si sostituisce alla fondamentale attività “fisica” (assemblee, votazioni nei Comuni) tipiche del bilancio partecipativo.

Oggi Bipart è attivo sul comune di Cascina. E domani su quello di Canegrate. Piccoli centri ma apripista di nuove modalità politiche e amministrative.

Sulla diffusione dei bilanci partecipato si gioca  un valore potenziale molto elevato. Basta considerare i ricorrenti rapporti della Corte dei conti sulla corruzione in Italia, stimata in circa 60 miliardi annui, e in buona parte concentrata nelle opere pubbliche (anche incompiute) nelle consulenze, nella sanità. Ovvero pubblica amministrazione incontrollata.

L’adozione diffusa di bilanci partecipativi su progetti di opere pubbliche nei comuni italiani potrebbe quindi fruttare, letteralmente, miliardi di risparmi di danaro pubblico in termini di minore corruzione, attivazione e controllo continuo da parte dei cittadini.

Potrebbe generare la base economica per un ridisegno dell’amministrazione e  per molti altri programmi, dal welfare al sostegno di nuove imprese.  Compreso un netto innalzamento nella trasparenza e legalità pubblica. Ma, del resto, questo è l’obbiettivo di tutta l’e-democracy.

Il bilancio partecipativo è quindi un gioco in cui guadagnano tutti che andrebbe diffuso. Per esempio con apposite leggi regionali di incentivo ai comuni, come in Toscana e forse prossimamente in Sardegna, secondo una proposta illustrata nel corso del workshop milanese da Carlo Crespellani Porcella  per le prossime elezioni sarde.

Già questo sarebbe un decisivo passo avanti. Dimostrare che la partecipazione e l’e democracy serve a ridurre e evitarci quel quarto di Pil che finisce in corruzione, criminalità, evasione. E insieme genera decisioni politiche più equilibrate. Senza rinunciare alla partecipazione deliberativa e agli ideali di una generazione.

 

 

 


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