Modernizzare la sanità? Fattibile solo se intervengono i cittadini

Perché i cittadini sono un ingrediente indispensabile della modernizzazione della sanità italiana?

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ella Pubblica Amministrazione quasi sempre i progetti di modernizzazione restano al palo di partenza: analisi, tavoli, convegni all’infinito seguiti solo da annunci. Al più ci si perde in contrapposizioni sterili tra lobby e PPAA o in conflitti giocati tutti dentro la PPAA. La riforma Balduzzi è l’ultimo esempio.

Come i cittadini possano far superare secche e bonacce esiziali al mondo della sanità è stato il tema del Convegno “Case Mediche: cambia il vento per la salute a Milano” (presentazioni scaricabili su comitatixmilano).

Oggi la sanità è un’auto che ha un cruscotto degno dello space shuttle : nessun altro settore della PPAA sa dove, quanto e per cosa si spenda per ogni cittadino. Tuttavia quando si accende una spia di allarme nessuno fa nulla. Tutti noi fermeremmo l’auto per una verifica, anche se si pensasse che si tratti solo di un contatto.

In sanità non è così. Alcune spie rosse sono accese da anni: in Lombardia la probabilità di finire in ospedale per diabete (indicatore della qualità delle cure sul territorio) è tripla rispetto a Toscana o Piemonte; in certi ospedali milanesi la mortalità a 30 giorni dopo infarto o avere un secondo ricovero per ictus (indicatori di qualità in ospedale) sono doppie/triple rispetto ad altri ospedali. A Milano solo 1 medico su 6 lavora in gruppo.

In questi anni chi guidava quando ha visto la spia ha continuato a dire “Sarà un contatto”. Ma se il radiatore stesse veramente bollendo? Andando dal meccanico subito quante ospedalizzazioni, pazienti deceduti, secondi ricoveri si sarebbero evitati ? E di conseguenza quanti miliardi non si sarebbero spesi senza necessità?

Con questi presupposti anche i soldi spesi per far “accendere le spie” come gli studi commissionati ai vari Agenas, S.Anna di Pisa o Istituto Superiore di Sanità o il mancato utilizzo delle banche dati regionali si possono contabilizzare sotto la voce “sprechi”.

Come dovrebbe modernizzarsi la sanità sul territorio?

Immaginiamo la situazione di un paziente a cui oggi venga diagnosticato il diabete: probabilmente riceverebbe una ricetta per uno o più farmaci e le raccomandazioni di dimagrire e fare moto. Farmaci, perdere perso e fare moto sono prescrizioni seguite con molta variabilità: il 40-50% dei pazienti prende i farmaci per meno della metà di quello che dovrebbe o cambia abitudini per un po’ e poi le riprende o si scorda delle visite di controllo.

Nella più grande organizzazione sanitaria privata e non profit in USA, Kaiser Permanente (KP), lo stesso paziente dopo aver ricevuto le prescrizioni dal suo medico entrerebbe nel programma PHASE (Prevent Heart Attacks and Strokes Everyday), un vasto programma che aiuta il paziente con multiple leve di supporto: da un colloquio introduttivo con un farmacista a lezioni di gruppo con infermieri professionali (con esame finale dopo 6 mesi), da un case manager che lo segue personalmente a telefonate che ricordano esami e visite di controllo. Software “esperti” tengono aggiornati gli operatori sanitari aiutandoli nelle decisioni.

Questo tipo di programmi ed un team integrato attorno ai pazienti, da quello perfetto a quello multi-problematico, ha ridotto la mortalità per cause cardiache degli assistiti di KP del 30%.

Organizzazioni moderne come KP, Geisenger (sempre negli USA) ma sembra anche alcune medicine in associazione in Lombardia riescono così a ridurre le ospedalizzazioni per infarto grave, ictus, fratture di femore degli anziani: tutti casi pericolosi, frequenti, costosi. Con un effetto collaterale molto desiderabile: KP, che è una sorta di mutua no profit che gestisce anche ospedali, ha costi del 10% inferiori ai concorrenti.

Ovvio che il modello KP sia stato preso ad esempio sia dall’ultima arrivata tra le riforme sanitarie del mondo occidentale, quella di Obama, che dal più antico servizio sanitario nazionale: l’NHS inglese, celebrato perfino nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra.

Il Progetto Case Mediche dei ComitatixMilano punta a far spegnere una tra le tante spie rosse: quella che segnala che a Milano solo 1 medico su 6 lavora in gruppo e tra questi solo una parte ruota come un team multi-disciplinare integrato intorno al paziente.

Nel convegno di dicembre Gigi Campolo e Davide Lauri hanno evidenziato tutto questo ed i risultati raggiunti, compreso come il progetto si autofinanzi attraverso la delibera sugli spazi del Comune (v. le loro presentazioni sul sito).

Ma forse tutto questo a Milano non si realizzerà mai senza coinvolgimento dei cittadini: ASL e Regione latitano, la macchina comunale ancor oggi fatica a trovare gli spazi e molti medici si oppongono al cambiamento.

Per superare anche queste barriere sembra l’unica soluzione sia coinvolgere i cittadini. In questo progetto non solo si sono attivati per fare innovazione e trovare soluzioni molteplici, ma anche con attività di informazione ed attivazione dei cittadini: per spingere istituzioni e medici ad uscire rapidamente dall’inerzia, superare le contrapposizioni, realizzare il cambiamento.

I cittadini milanesi sono gente costretta a lavorare e decidere in fretta, per i quali un anno è tantissimo tempo in cui si deve fare molto. Per questo molti sono disposti a dare una mano: per fare più in fretta.

Un modo per accelerare la modernizzazione della sanità è far conoscere il Progetto Case Mediche al proprio medico di famiglia (*) invitandolo alla tavola rotonda che si terrà sabato 19 gennaio alle 11 al Teatro Litta, giornata di chiusura del Forum sul Welfare del Comune.

Partecipare con il proprio medico vuol dire modernizzare la sanità più in fretta.

(*)l’invito è scaricabile su comitatixmilano  



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