Largo Rio de Janeiro: mi ritorna in mente Lucio Battisti
Quarant’anni fa, quando largo Rio de Janeiro non era scempiata da un cantiere abbandonato (che da anni violenta il paesaggio urbano e la vita dei residenti) ma una tranquilla area periferica ancora poco affetta dai rumori del traffico, era facile vedervi transitare numerosi personaggi che hanno segnato la vita musicale della Milano degli anni settanta: Mario Lavezzi, Maurizio Vandelli, Alberto Radius, Ricky Maiocchi. Andavano a trovare un loro amico, allora residente nella villetta al numero sei. (Luca Toccaceli)17/10/2011
Ad aprir loro la porta era spesso Grazia Letizia Veronese,
compagna di vita del padrone di casa, l’indiscusso dominatore della
scena musicale italiana del periodo: Lucio Battisti. Milanese di
adozione a partire dal 1964, Battisti si trasferì a Città Studi nel
1970 anche se, a dire il vero, quella di largo Rio de Janeiro non è
la prima abitazione in zona 3 che può vantare sì famoso residente;
infatti, nei mesi che precedettero l’acquisto della villetta, Lucio
e Grazia Letizia vissero in un appartamento di via Termopili 27,
nelle adiacenze di viale Monza.
A quell’epoca, Battisti aveva già
interpretato numerosi brani destinati a fare la storia della canzone
leggera italiana: da “Balla Linda” a “Un’avventura” da
“Acqua azzurra, acqua chiara” a “Dieci ragazze”. Ma, ancor
prima dei suoi successi personali, Lucio (insieme all’allora
inseparabile - e milanesissimo - Mogol) aveva dato un contributo
decisivo, in qualità di compositore o produttore, al successo di
artisti quali Equipe 84 (“Nel cuore nell’anima”, “29
settembre”), Dik Dik (“Dolce di giorno”), Ricky Maiocchi (“Uno
in più”, “Prendi fra le mani la testa”), I ribelli (“Per una
lira”, con Demetrio Stratos al canto), Patty Pravo (“Il
paradiso”). Lucio e Grazia Letizia hanno abitato in largo Rio de
Janeiro sino al 1975 quando, stufi del costante assalto dei
reporters, decisero di lasciare Milano per proteggere la loro
privacy. Tuttavia ci piace sottolineare che proprio gli anni
trascorsi a Città Studi risultano tra i più intensi e proficui
della produzione musicale di Battisti: “Fiori rosa, fiori di
pesco”, “Emozioni”, “Anna” (1970), “Pensieri e parole”,
“La canzone del sole” (1971), “I giardini di marzo”, “E
penso a te”, “Il mio canto libero” (1972), “La collina dei
ciliegi” (1973), appartengono tutte a quel periodo. Così come le
canzoni scritte per Mina (“Io e te da soli”, “Amor mio”),
Formula Tre (“Questo folle sentimento”, “Eppur mi son scordato
di te”), Dik Dik (“Vendo casa”), Bruno Lauzi (“Amore caro,
amore bello”).
Ma, soprattutto, quella casa ha conosciuto i momenti
privati della vita di Lucio Battisti: la nascita del figlio Luca, le
rose coltivate nel piccolo giardino retrostante il largo, le partite
a ping pong con gli amici. La storia musicale e umana di Battisti in
Zona 3 non può però considerarsi completa sena ricordare alcune
apparizioni (tenute rigorosamente super-segrete al pubblico normale)
che Lucio, in compagnia di Mario Lavezzi e Adriano Pappalardo, tenne
nel piccolo auditorium dell’Ospedale dei Tumori a favore dei
degenti e a cui, in qualità di parente di una ricoverata, ho avuto
l’occasione di assistere. Nei sotterranei di via Venezian, con
chitarra, voce e amici musicisti accanto, Lucio ha regalato lunghe
performance agli ammalati, le cui registrazioni (non effettuate)
sarebbero oggi rarità ambite dai collezionisti. Di quelle serate,
nella mia memoria di quattordicenne sono rimaste impresse sensazioni
di particolare intensità emotiva ma anche artistica, l’evidente
armonia tra i protagonisti e la loro disponibilità a concedere un
numero infinito di bis. Tu chiamale se vuoi...