Buenos Aires senza macchine. Ma, solo per shopping?


Perché dall’organismo di gestione sono assenti i rappresentanti istituzionali della cultura e dell’ambiente o le associazioni culturali di zona? Alcune considerazioni dopo l’incontro delle delegazioni dei partiti del centrosinista di zona tre con l’Assessore Maran.
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non solo shopping
Renato Sacristani, Presidente del CdZ 3, ha sollecitato all’Assessore l’emissione delle ordinanze che dispongono la chiusura domenicale di Corso Buenos Aires, deliberata dal consiglio di zona ormai da 4 mesi. E ora Maran si è impegnato per una rapida decisione.
Questa dei tempi era la questione principale, dalla quale ovviamente dipende il resto. Fin qui tutto bene.
Ma sullo sviluppo successivo della discussione e le conseguenze pratiche, nutro forti perplessità.

L’originale impostazione, sintetizzata anche nel programma della coalizione di zona, cioè il progetto di impronta culturale e ambientalista, mi è parso sia restato sullo sfondo. 
I fatti: la gestione degli eventi sarà affidata al Duc (distretto urbano del Commercio e non al consiglio di zona). E come è composto il Duc? Così: 3  consiglieri del Cdz  (maggioranza e opposizione), 2 componenti confcommercio, Teatro Elfo 1, confesercenti 1, albergatori 1, associazioni Amici di B.A 1 o 2.
Il pubblico non è per nulla in maggioranza. Se questo è lo strumento con il quale far vivere il progetto, certo sente il peso dei pur legittimi interessi dei commercianti.

Quali spazi restano al progetto ambientale e culturale? Al palcoscenico di eventi culturali, band musicali, editori minori, poesia, e altro da inventare. E la città restituita ai cittadini, e ai bambini? Il corso potrebbe, alcune domeniche, essere chiuso al traffico anche in assenza di eventi.  
In questa ipotesi è stata persino paventata la serrata dei commercianti. Non la credo probabile, per nulla , ma  anche se fosse?  Per la “Milano che cambia” si intende qualcosa di nuovo rispetto al passato, non solo consumi e cemento.

Nel concreto: se il Comitatoxmilano o altra associazione si proporranno per organizzare  una iniziativa culturale, che cosa dovranno fare? Ne parleranno con il consigliere di zona nominato nel Duc, che ne parlerà col Duc. E poi arriverà la risposta.
Così almeno ho capito io, ma forse si può migliorare.

Se non è tutto commercio o quasi, perché nel Duc non è rappresentato l’assessorato alla Cultura? Come giustamente ha osservato la consigliera Mariolina de Luca Cardillo, sostenitrice del progetto ambientalista? E perché sono esclusi i presidenti delle commissioni ambiente e cultura della nostra zona.
Se sono rappresentate le associazioni dei commercianti, perché non prevedere una rappresentanza delle altre associazione della zona?
Dovrebbe cambiar nome, il Duc? E che lo si cambi. Oltre alla direzione del vento, vogliamo cambiare la città. Figuriamoci un nome.

Un punto è certo, anche da me condiviso, per realizzare grandi eventi occorrono i mezzi e le disponibilità del Comune sono assai contenute. Bene, allora li si realizzino di concerto, con chi ha forte presenza, e poteri, e mezzi e organizzazione sul territorio: appunto i commercianti.  Ma con un ruolo più forte delle pubbliche istituzioni.
E infine: “ non ci sono i soldi” non si fa a tempo ad.aprir bocca che ci viene subito ricordato.
Però è vero. Per cui tutto resta nel cassetto: fantasia, idee nuove, slancio, creatività e sperimentazione partecipata.
È così oggi, ma non sarà cosi per sempre. 
“Vedrai vedrai che un giorno cambierà”, cantava Tenco, e anche Milano tornerà ad investire nella cultura, come tante città del mondo.
E cambierà.



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