Crisi climatica e politica

In un'affollata sala gentilmente concessa dal Circolo ACLI Lambrate, il 16 luglio scorso si è tenuto l’incontro "Affrontare la crisi climatica. Quali politiche dalla scala locale a quella globale" organizzato da AVS-Alleanza Verdi Sinistra del Municipio 3. Qui i punti principali emersi dal confronto tra i ben assortiti relatori: uno scienziato, un'europarlamentare e un altro scienziato attualmente prestato alla politica come assessore del Comune di Lodi. ()
Bibliografia Caserini
I tre relatori al tavolo erano due esperti del tema a livello scientifico, Simone Casadei e Stefano Caserini, il primo ingegnere per l'ambiente e il territorio e ricercatore, il secondo ingegnere ambientale e docente all'Università di Parma, e l'eurodeputata Benedetta Scuderi, arrivata giusto in tempo da Bruxelles dove aveva appena partecipato alla presentazione del nuovo Quadro Finanziario Pluriennale dell'Unione Europea per il periodo 2028-2034, che delinea il futuro bilancio comunitario per quegli anni. I loro interventi, oltre a essere stati tutti molto interessanti e ricchi di dettagliate considerazioni, hanno offerto tre punti di vista diversi e comunque ben integrati - Casadei quello scientifico, Caserini quello del dibattito pubblico e Scuderi quello prettamente politico-istituzionale - di cui, anziché fare un resoconto puntuale, abbiamo cercato di mettere in evidenza alcuni elementi di sintesi utili per il nostro ruolo di cittadinanza attiva.

Prima di tutto, una questione generale: purtroppo, dopo un momento - fino a 5/10 anni fa - in cui gli Stati hanno preso consapevolezza del problema del cambiamento climatico e della sua gravità, accettando di affrontarlo (accordi di Parigi, ecc), ora, a causa del dilagare delle destre politiche ovunque e il prevalere delle lobby economiche dei combustibili fossili che le sostengono e finanziano, si assiste a un ritorno del negazionismo e alla subdola e strumentale presentazione della transizione ecologica come il nemico (del progresso, del benessere, della modernità, ecc.). Sarebbe quindi indispensabile che le Sinistre - e comunque tutti quelli che si fidano della Scienza e ragionano tenendone presente le risultanze - si impegnassero in una massiccia, continua e pervasiva campagna di comunicazione politica contraria al negazionismo in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, per esempio invadendo i media e i social; andando nelle scuole e nelle università; raccogliendo firme e lanciando appelli pubblici ai Governi sull'urgenza di impegnarsi a contrastare le componenti antropiche del cambiamento climatico.

Purtroppo (ed è già il secondo che usiamo...) tutto questo, oltre a essere assolutamente necessario, è anche molto difficile, perché, come sappiamo bene, grazie alle risorse e al sostegno delle lobby economiche, le destre politiche mettono in campo un'organizzazione e una potenza di fuoco straordinarie. Tuttavia, non bisogna demordere perché le fake news diffuse generosamente dai negazionisti, dai seminatori di dubbi e incertezze, e da quelli che sono definiti 'inattivisti' (chi dice di stare fermi per non minare la competitività, non mettere a rischio i posti di lavoro, non farci fregare dai cinesi...) e le paure da esse generate nelle opinioni pubbliche di tutto il mondo, si possono smontare studiando per fornire informazioni corrette e dati concreti. In generale, le tendenze del cambiamento climatico sono chiare e l'accelerazione è dimostrata e spiegata dagli impatti antropici; le tecnologie per un'efficace transizione ecologica ci sono, funzionano e, se si fanno bene i conti, sono anche economicamente convenienti (d'altra parte, per quale altra ragione se non per questo i cinesi avrebbero investito tanto nell'auto elettrica o nelle energie rinnovabili...?); e non mancano neppure le risorse per finanziarla!

A cascata e per riempire di contenuti l'anti-negazionismo, bisogna tenere ben presenti due aspetti fondamentali del problema. Da una parte che non basta, come sostengono negazionisti e compagnia, imparare ad adattarsi al cambiamento climatico come se fosse un processo ineluttabile, ed è invece necessario agire in tutte le direzioni possibili per mitigare i fenomeni attraverso cui si manifesta, rallentando qualcosa che ineluttabile non è. Un esempio di come si dovrebbe agire è la questione del buco nell'ozono, che, una volta stabilite le responsabilità umane per l'emissione nell'atmosfera di sostanze chimiche come i clorofluorocarburi (CFC), si sta gradualmente richiudendo grazie al Protocollo di Montreal del 1989 e alla collaborazione internazionale dei quasi 200 paesi che l'hanno ratificato e hanno messo al bando gli stessi CFC e gli altri composti dannosi.

Il confronto con questo esempio virtuoso mette però in risalto come i due fenomeni stiano agli estremi opposti sull'asse della complessità: il buco nell'ozono è localizzato sopra l'Antartide e provocato/aggravato da una precisa serie di sostanze chimiche, quindi rappreenta è relativamente semplice da risolvere; il cambiamento climatico è invece estremamente complesso perché interessa tutta la Terra nel suo insieme di ambienti ed ecosistemi, e vi influiscono una molteplicità di fattori diversi: per esempio, guardando quelli di origine antropica, non solo i combustibili fossili che aumentano l'effetto serra producendo anidride carbonica, ma anche i gas, principalmente metano, emessi dai processi digestivi del bestiame, in particolari i bovini degli allevamenti intensivi, e dalla decomposizione dei rifiuti solidi urbani nelle discariche. E così, se il buco nell'ozono è stato quasi chiuso in pochi decenni, il cambiamento climatico, ben più complesso, ha dimensioni e quindi un'inerzia tali che, secondo tutte le risultanze scientifiche, nello stesso lasso di tempo si potrà arrivare non a invertirne la tendenza ma tutt'al più a rallentarla con decisione.

L'altro aspetto del problema cambiamento climatico - ben raccontato e spiegato sia dall'europarlamentare Scuderi sia dallo scienziato Caserini, che attualmente è anche assessore all'Ambiente, Mobilità, Azione sul clima e Innovazione del Comune di Lodi - è che, per contrastare efficacemente un cambiamento climatico sempre più veloce e pericoloso per l'umanità, più si sale di livello politico-istituzionale e meglio è: un problema sistemico si affronta con un approccio ugualmente sistemico. Del resto lo sappiamo bene a Milano, dove tutte le azioni e i provvedimenti locali del nostro Comune possono relativamente poco se non sono inquadrate e integrate sinergicamente nelle politiche di Regione Lombardia e delle altre della Pianura Padana, poi, più su, in quelle dell'Italia e dell'Unione Europea, e, salendo ancora, delle COP e dei trattati internazionali come quello di Parigi del 2015. E così si chiude il cerchio di come affrontare le grandi ed epocali questioni del cambiamento climatico e della transizione ecologica: politiche di comunicazione nella società e nell'opinione pubblica, e politiche a tutti i livelli istituzionali, che procedano sinergicamente e si alimentino reciprocamente. Non è e non sarà facile, ma si può fare!


Nota: Caserini ha portato fisicamente e citato nei sui interventi diversi libri, scritti da lui e da altri studiosi, che sono stati riuniti in questa bibliografia per immagini (o, meglio, immagine). Per saperne di più, se ne possono consultare le recensioni sul sito www.climalteranti.it, di cui sia lui che Casadei sono membri del comitato scientifico.


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