Trafiletto per un “Gatto Nero” …che non portava rogna

C'è stato un tempo in cui la fama dell'Ortica non era dovuta al Museo all'aria aperta dei Murales, era il tempo in cui Jannacci cantava "La banda dell'Ortica" e la trattoria del Gatto Nero era celebrata in tutta la città. ()
Attilio Rusconi immagine
C’era una volta, molti anni or sono, in un borgo piccolino, non ancora diventato illustre, un centro di gravità permanente nel quale si ritrovava la migliore e meno peggio, specie umana che aveva in comune il piacere della socialità, della musica, del cibo milanese e del buon vino. Qualcuno tra i meno giovani si ricorderà della trattoria del “Gatto nero”: l’avrà frequentata, snobbata, invidiata, criticata, amata.
Io l’ho amata; ho amato le persone, il clima non convenzionale, le possibilità, la musica e i musicisti, gli incontri culturali e quelli solo goliardici, il cibo, il vino, i “vadevialcù” dei ristoratori: il loro atteggiamento non era un modo pubblicitario studiato, era proprio la risposta immediata “cunt el cor in man” da ruspante alpino, mai in disuso. Sono stati dedicati articoli sui giornali al “Tiglino del gatto nero”: dal salvataggio dell’ “asino Alpino”, ai cantanti in milanese che trovavano in trattoria spazio, ascolto per le loro canzoni, interviste (ho ancora i ritagli dei giornali)…ma loro sono rimasti gli stessi: immediati, umili, veri. Lo scorrere degli anni di vicinanza con l’Attilio Rusconi, la Antonietta detta Marchesa, Caterina e Carlo detto Carlino me li ha resi cari. Poche parole, ma fatti. Quando aiutavano, aiutavano davvero, senza voltarsi indietro. Dopo la morte della sua Marchesa, Tiglino ha lasciato l’Ortica: si è fatto vivo solo ogni tanto… per un saluto… la trattoria dismessa… amici dispersi…all’Ortica si è chiuso un libro non solo un capitolo.
Il 15 luglio 2025 Lui è tornato, non per starci, ma per farsi abbracciare da chi, del vecchio borgo, sa quanto lui abbia significato per il nostro territorio e per ciascuno di noi. I figli, i nipoti (e un piccolissimo pronipote che riposava tra le possenti braccia del suo papà) lo hanno portato a noi che lo aspettavamo sul sagrato della chiesetta dell’Ortica (anche se è un santuario); è arrivato in auto, ma con gli occhi del cuore io l’ho visto cavalcare maestoso con il mantello e la barba rossa (che mi aveva concesso di pitturare per rendere meglio il personaggio dell’imperatore Barbarossa). Dopo tanti anni la grande famiglia del "Gatto nero” ha compiuto un ultimo atto di amore nei confronti del vecchio capostipite e dell’Ortica: ci ha fatto incontrare e abbracciare.
Un Re se n’è andato senza rumore, ma il vuoto dell’assenza è fragoroso. Buon Viaggio Tiglino

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