Cochi Ponzoni e Enrico Beruschi: un salotto di birra, memoria, risate e malinconie
In via Calzecchi presentazione delle rispettive autobiografie: "La versione dei Cochi” e “Una vita meravigliao”.
(Gianluca Celentano)31/05/2025

Nessun manifesto per le vie, nessuna eco sui media tradizionali. Eppure, l’appuntamento di mercoledì 28 maggio da MaMì Libri & Birra, in via Calzecchi, ha regalato al pubblico milanese una delle serate più sorprendenti di questa primavera. In un salotto culturale che profuma di carta stampata e luppolo, due icone dello spettacolo italiano – Cochi Ponzoni ed Enrico Beruschi – si sono raccontate tra risate e stoccate malinconiche, portando sul palco i ricordi di una Milano che non c’è più, ma che ancora vive nei loro occhi.
L’occasione era la presentazione dei rispettivi libri: “La versione dei Cochi”, scritto con il giornalista Paolo Crespi, e “Una vita meravigliao”, frutto della collaborazione tra Beruschi e il critico Massimiliano Beneggi. Due volumi nati più da un’esigenza di racconto che da vanità editoriale, capaci di attraversare decenni di vita artistica, televisiva, teatrale – ma anche profondamente umana. A sorpresa, sul palco è salito anche Francesco Salvi, con una copia del suo romanzo Tegucigalpa e qualche battuta affettuosa in puro stile “salviano”.
Tra il pubblico – informale e partecipe – si respirava l’aria di un ritrovo tra amici di lunga data. Cochi e Beruschi si sono passati il microfono, intrecciando ricordi scolastici – compagni di ragioneria, uno ribelle (e bocciato), l’altro più abile nel “galleggiare” – con gli esordi nel mondo dello spettacolo. Beruschi, con il suo stile inconfondibile, ha ricordato come l’ampiezza della sua bocca – “Allora!” – fosse un’arma segreta: gli permetteva di parlare senza muoverla, anche a scuola, per lanciare battute alla professoressa.
“Molti cavalli di battaglia – ha raccontato Cochi – sono nati dal nulla, sul palco del Derby, provati davanti al pubblico prima ancora che arrivassero in TV. Spesso bastava una passeggiata o una frase sentita per strada per farci venire un’idea.”
L’umorismo si è intrecciato con momenti di autentica riflessione. Cochi, poliglotta e osservatore acuto del presente, ha rievocato con ironia il suo primo impiego dietro i banconi dell’aeroporto di Linate e l’incontro folgorante con Amanda Lear. Ma soprattutto ha parlato con passione del suo impegno in difesa di uno spazio culturale milanese oggi a rischio sfratto. Proprio dove un tempo sorgeva lo storico Derby Club, oggi vive Il Cantiere, centro sociale e fucina creativa che rischia di essere spazzato via per lasciare spazio a un elegante condominio. “Non possiamo lasciar svanire un pezzo così importante della nostra storia”, ha detto, rilanciando un appello già sostenuto da altri protagonisti della scena milanese, tra cui Paolo Rossi.
Beruschi, dal canto suo, ha divertito il pubblico con aneddoti esilaranti su Drive In, la passata fobia dei cani -anche di Has Has Has… Fidanken-, le censure Rai – argomento su cui annuiva anche Salvi – e le improvvisazioni che lo hanno reso un volto amatissimo da milioni di italiani. Ma ha anche mostrato consapevolezza: “Il comico non è mai solo un clown. Dietro ogni risata c’è una verità scomoda. E il pubblico, se ci ascolta davvero, la coglie.”
La serata si è conclusa tra applausi autentici e la sensazione di aver assistito a qualcosa di raro: la spontaneità disarmante di due artisti che, anche lontano dai riflettori, restano fedeli a sé stessi. Nessun palco patinato, nessuna scaletta preconfezionata – solo il desiderio genuino di raccontare, ricordare e, soprattutto, continuare a credere che la cultura, anche tra un boccale di birra e le pagine di un libro, possa ancora fare la differenza.
Nella foto Enrico Beruschi ritratto da Antonio G. Colombo