Giurato numero 2
Nel suo ultimo film Clint Eastwood, classe 1930, costruisce una perfetta macchina narrativa. Da non perdere.
(Mietta Albertini)07/12/2024
Non si fa danno se si espone la trama poiché tutto ruota intorno al dilemma che questa annuncia subito. Un uomo qualunque, Justin Kemp (Nicholas Hoult) ex alcoolista ora felicemente sposato e amato da una moglie (Zoey Deutsch) che è in attesa della prima figlia. Una gravidanza complicata che ha bisogno della vicinanza del marito, che però un giorno viene chiamato a far parte della giuria popolare che deve giudicare un uomo violento (Gabriel Basso) per la morte della sua ragazza (Francesca Eastwood) trovata cadavere in un fosso. Come prevede la giustizia americana i giurati devono passare un “esame” di selezione per essere certi che non abbiano avuto relazioni con l’imputato, in modo da garantire l’imparzialità. Il processo inizia: l’avvocato d’ufficio Eric Resnick (Chris Messina) prova a sostenere che la ragazza possa essere scivolata a causa della pioggia nella notte buia ed essere finita nel fosso. Ma il pubblico ministero Faith Killebrew (Toni Colette) imposta l’accusa sulla violenza domestica, un nuovo femminicidio che, se risolto come prevede, potrebbe portarle vantaggi nella sua candidatura a procuratore distrettuale.
I giurati ascoltano la ricostruzione dei fatti e a questo punto nella mente di Justin riappaiono i ricordi di una sera in cui si trovava in un bar dove assisteva come altri avventori alla lite violenta tra l’imputato e la ragazza. Lei se ne va via da sola e sotto una pioggia sferzante si incammina sulla strada. Poco dopo viene visto uscire anche l’uomo. Justin, senza avere mai bevuto, raggiunge la sua auto per tornare a casa ma durante il percorso, a causa della visibilità ridotta dal diluvio, la sua auto urta qualche cosa. Scende ma non vedendo nulla resta convinto di avere investito un cervo che è scappato. A questo punto Justin ricollega i fatti: l’imputato è innocente. Che fare? Andare dal giudice a confessare di essere il presunto colpevole o restare in giuria cercando di insinuare dubbi e scagionare un innocente e non averlo sulla coscienza?
Quindi per tutto il film lo spettatore sa come sono andate le cose ma assiste al logorio del senso di colpa e ai tormenti di un uomo che vuole salvarne un altro ma anche se stesso. Il dilemma morale di un omicida involontario. Tra il dibattimento e i testimoni Eastwood ci fa attraversare tutti i tentativi che Justin può mettere in campo per non doversi autodenunciare e mantenere la sua tranquillità familiare che non è disposto a sacrificare. Ma dieci giurati su dodici restano fermi sulla colpevolezza incapaci di scardinare i pregiudizi verso un imputato già noto come ex spacciatore e membro di una gang. Chi si pone dei dubbi, non essendoci prove concrete, sarà proprio il pubblico ministero. Eastwood naviga tra i suoi temi preferiti, colpa e redenzione, montando le fasi del processo con incursioni in flashback e con una sceneggiatura (Jonathan Abrams) essenziale. Giurato numero 2 tiene incollati alle poltrone. Noi al suo posto cosa avremmo fatto?
Avvincente.
In programmazione al Cinema Plinius
I giurati ascoltano la ricostruzione dei fatti e a questo punto nella mente di Justin riappaiono i ricordi di una sera in cui si trovava in un bar dove assisteva come altri avventori alla lite violenta tra l’imputato e la ragazza. Lei se ne va via da sola e sotto una pioggia sferzante si incammina sulla strada. Poco dopo viene visto uscire anche l’uomo. Justin, senza avere mai bevuto, raggiunge la sua auto per tornare a casa ma durante il percorso, a causa della visibilità ridotta dal diluvio, la sua auto urta qualche cosa. Scende ma non vedendo nulla resta convinto di avere investito un cervo che è scappato. A questo punto Justin ricollega i fatti: l’imputato è innocente. Che fare? Andare dal giudice a confessare di essere il presunto colpevole o restare in giuria cercando di insinuare dubbi e scagionare un innocente e non averlo sulla coscienza?
Quindi per tutto il film lo spettatore sa come sono andate le cose ma assiste al logorio del senso di colpa e ai tormenti di un uomo che vuole salvarne un altro ma anche se stesso. Il dilemma morale di un omicida involontario. Tra il dibattimento e i testimoni Eastwood ci fa attraversare tutti i tentativi che Justin può mettere in campo per non doversi autodenunciare e mantenere la sua tranquillità familiare che non è disposto a sacrificare. Ma dieci giurati su dodici restano fermi sulla colpevolezza incapaci di scardinare i pregiudizi verso un imputato già noto come ex spacciatore e membro di una gang. Chi si pone dei dubbi, non essendoci prove concrete, sarà proprio il pubblico ministero. Eastwood naviga tra i suoi temi preferiti, colpa e redenzione, montando le fasi del processo con incursioni in flashback e con una sceneggiatura (Jonathan Abrams) essenziale. Giurato numero 2 tiene incollati alle poltrone. Noi al suo posto cosa avremmo fatto?
Avvincente.
In programmazione al Cinema Plinius