I miei stupidi intenti

Un piccolo/grande mondo dominato dall’istinto e dalla crudeltà. Un perfetto manuale di sopravvivenza agli strazi e alla ineluttabilità della vita. ()
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Davis, il padre di Archy è un ladro, predatore di galline, che viene impallinato da un contadino durante una scorreria nel pollaio. Lascia la compagna Annette e sei piccoli figlioli che poi sono cuccioli di faina che abitano in una tana nel bosco.
Inizia così “I miei stupidi intenti” di Bernardo Zannoni, classe 1995, alla sua opera prima.
Nelle pagine successive del romanzo, l’autore accompagna la vita di Archy nel micro/macro cosmo del bosco, dove si incontrano gli animali più disparati, tutti alla disperata ricerca di cibo e di sicurezza.
Fondamentale per la sua educazione, dopo un drammatico distacco dalla famiglia, è l’incontro con una vecchia volpe a cui viene venduto in cambio di una gallina e mezzo.
La volpe Solomon fa l’usuraio, protetto nei suoi traffici da un grosso cane fedele. Solomon, al di là della scaltrezza negli affari, nasconde alcuni segreti tra cui il dono della lettura e della scrittura, oltre alla ricerca ossessionata di Dio.

In questa fantastica ricostruzione di un mondo animale antropomorfo, domina la manifestazione dell’istinto che condiziona i comportamenti dei protagonisti e ne determina le scelte.
Archy da schiavo della vecchia volpe diviene apprendista, impara a leggere e a scrivere e a ricercare Dio.
Sulla sua strada, in un crescendo continuo di sopraffazioni e soprusi, la giovane faina impara a sua spese la crudeltà del mondo, conosce l’amore e la paternità, gli affanni e le miserie, la fame e l’insicurezza che insinua ansia e angoscia.
Alla fine dei suoi giorni terreni, nel momento dello scontro estremo, l’ultimo e ineluttabile, è folgorato dai suoi sentimenti:” Mi è venuto incontro senza correre, illuminato da un sole acceso, come se Dio lo spingesse, come se camminasse con lui, dalla sua parte. Non mi sono mosso, non ho reagito; mi sono fatto perdonare, mi hanno perdonato. Ho osservato il cielo, immenso più del mio dolore, e le fronde dell’albero, piene di foglie gialle. Ho guardato Dio in faccia, e lui ha guardato me, e non mi è sembrato crudele. Solo, era così grande che i miei occhi non riuscivano a contenerlo, e all’improvviso è tornata la paura”.
“I miei stupidi intenti” riserva molte sorprese, una scrittura netta e coinvolgente, una visione non manichea di un mondo dove gli animali assomigliano sin troppo agli umani, dove le insidie del bosco riecheggiano le paure cosmiche e dove prevale la lotta per sopravvivere contro tutto e tutti.
Un libro potente, illuminante che offre occasioni di riflessione, accompagnate dal piacere assoluto della parola e della lettura.
Dice ancora Archy:” Questo è il mio ultimo stupido intento: scappare, come tutti dall’inevitabile”.
Un epitaffio perfetto.

Bernardo Zapponi
I miei stupidi intenti
Sellerio, pagg. 243, € 16

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