Il sottotenente Gustl

Un racconto “fulminante” di Arthur Schnitzler è la proposta di lettura del mese di marzo per il ciclo “Racconti d’autore tra Otto e Novecento”. ()
sottotenente gusti
“Il sottotenente Gustl” è una novella a suo modo fulminante perchè nel suo magistrale svolgimento Schnitzler riesce a coniugare la rapidità e l'essenzialità della narrazione con l' analiticità e l'imprevedibilità dello sviluppo che riesce a dare alla tensione drammatica contenuta nella vicenda narrata. Scritta nel 1900 questa novella occupa un posto di tutto rilievo nella produzione narrativa di Schnitzler sia per i suoi contenuti, sia per gli approdi tecnico-stilistici a cui qui egli perviene. Infatti lo scrittore austriaco vi utilizza, per la prima volta, organicamente, la tecnica del monologo interiore, basando sostanzialmente tutta la novella su un ininterrotto flusso di coscienza del protagonista, il sottotenente Gustl, che, in un tormentato quanto grottesco dialogo con se stesso, si inoltrerà verso la scioccante decisione di darsi la morte per porre riparo ad un torto da lui subito che ne ha offeso l'onore e il prestigio e da cui non vede via d'uscita se non quella del suicidio.
Il valore di tale prima applicazione del monologo interiore da parte di Schnitzler è che rappresenta in assoluto il primo esempio nella letteratura tedesca di opera narrativa condotta esclusivamente secondo questa tecnica. Detto ciò, non sono però assolutamente secondarie le qualità narrative vere e proprie di questa novella, testimoniate, seppure indirettamente, dal fatto che il 14 giugno 1901 il comando supremo dell'Esercito Imperialregio priva Schnitzler del grado di tenente medico della riserva con la motivazione che “...il contenuto del Sottotenente Gustl ha danneggiato e menomato l'onore e il prestigio dell'esercito austroungarico.”
Vi è infatti ne “Il sottotenente Gustl” un'evidente ridicolizzazione di alcuni valori cardine della mentalità asburgica del tempo che Gustl ha introiettato a tal punto da diventarne vittima in modo spietato con se stesso. Gustl però non si erge come una sorta di eroe romantico, come vittima di un dramma vero, ma tutta la vicenda e il ragionare con se stesso di Gustl intorno ad essa, assumono ben presto più il carattere della farsa che della tragedia, del surreale più che del reale. Inizialmente Gustl, trovando irrimediabile quello che gli è successo, pensa di uccidersi per non subire l'onta di quello che gli altri direbbero di lui. Vi è quindi, come prima reazione, l'insorgere della vergogna di fronte al disonore per quanto accaduto. Ma poi - dettosi che di quei fatti in fondo potrebbe benissimo non venirne a conoscenza nessuno - ciò nonostante però lui lo sa che cosa è successo e ciò lo obbliga per forza a spararsi, addossandosi in tal modo una sorta di senso di colpa in cui egli stesso si rinchiude con le sue stesse mani.
Perché, giusto per renderci conto di cosa stiamo parlando, l'immensa offesa subita da Gustl consiste nel fatto che nella calca presso il guardaroba di quel teatro, alla fine di quel concerto a cui Gustl ha assistito, egli ha un alterco con un altro spettatore, il fornaio Habetswallner che Gustl conosce.
Il quale fornaio - infastidito da Gustl che prima lo spinge da presso e poi gli si rivolge in malo modo, perchè Habetswallner, massiccio com'è, gli ostruisce l'accesso al guardaroba - fa e dice quelle cose che impietriranno a tal punto Gustl da lasciarlo incapace di reagire. Il fornaio infatti afferra l'elsa della sciabola di Gustl e mentre questi è quasi annichilito per quel gesto già gravissimo gli si rivolge dicendogli: “Signor tenente, se fa il benchè minimo scalpore, le tiro fuori la sciabola dal fodero, la faccio in due e mando i pezzi al comando del suo reggimento. Ha capito, ragazzaccio?”. E se ne va. A Gustl, ufficiale del realimpero asburgico, una cosa del genere appare inconcepibile perchè il suo status e la sua posizione lo pongono, nella sua ideologia, al di sopra di tutti coloro che non appartengono alla casta militare e quindi che un qualsiasi fornaio si potesse permettere un gesto e delle parole del genere costituisce assai più di un'impudenza, ma un'onta a cui rispondere, nella mentalità di Gustl, con la vendetta.
Ma poiché Gustl non ha avuto la prontezza di agire immediatamente, così come il codice d'onore gli avrebbe consentito di fare, giacché la robustezza e la possanza di Habetswallner lo hanno lì per lì intimorito e non essendo questi, per la sua condizione sociale, idoneo a poter essere chiamato a dare soddisfazione in un eventuale duello, per Gustl non vi è alternativa, non gli resta che uccidersi. Il problema per Gustl sarà che la sua concezione dell'onore contiene un'implicita arroganza e spocchia che gli fanno concepire il mondo e gli altri come dei suoi sottoposti, ma l'irriverente e inusitato comportamento del fornaio riveleranno tutta la fragilità dell'impalcatura mentale di Gustl, la sua debolezza psicologica, la sua impotenza di fronte ad una situazione che assume toni kafkiani e che evidenzia le crepe dell'emergente inattualità storica di tutto ciò.
Appare infatti evidente l'azione di derisione che Schnitzler qui fa di quel sistema di valori basato sull'onore e sul rango proprio della società e della cultura asburgica. E il povero sottotenente, nel corso di quel suo monologare che andrà dalla sera in cui avvengono i fatti descritti fino alla mattina successiva, non farà altro che dibattersi tra le più svariate ipotesi, tra cui quella di imbarcarsi e di trasferirsi di nascosto in America, per sfuggire a quel destino che vede come ormai irrevocabile. Tutte ipotesi da lui soppesate con estrema serietà ma che viste da fuori appaiono assurde e irreali.
In un progressivo svuotarsi della prosopopea iniziale Gustl tradisce, via via, tutta la sua fragilità e tutto il suo smarrimento di fronte alla prospettiva della morte, rivelando una sua rassegnata umanità, e questi sono forse gli unici momenti in cui vediamo in Gustl un fondo di reale autenticità.
Perchè, per il resto, più che esprimere un qualche valore positivo, una sua altezza morale, un suo coraggio e una sua dignità, Gustl sembra schiacciato da regole e norme, dal dovere più che dalla coscienza.
E quando Schnitzler con un escamotage metterà Gustl di fronte ad un'imprevista e inattesa via di fuga - in quanto Gustl scoprirà che il fornaio rincasando quella stessa notte, dopo il teatro, è all'improvviso deceduto - egli si sentirà come miracolato da quella fortuna inattesa che, come un colpo di spugna, risolve ai suoi occhi tutti i problemi. Nonostante, durante il suo vagabondare notturno, egli si fosse detto, con riferimento al fornaio: “E se anche stanotte gli piglia un colpo, io lo so comunque...Dunque devo farlo e basta”. Quindi Gustl metterà in pratica un penoso e anche un po' mediocre scarto fra i principi e il richiamo all'integrità prima decantato e il misero, se anche umanissimo, sotterfugio del nascondere alla sua coscienza quanto avvenuto.
Gustl potrà così rimettersi i panni dell'inappuntabile ufficiale e riprendere il suo modello idealizzato, fatto di apparenze e forme, nonostante che il suo istinto di sopravvivenza gliene avesse fatto percepire l'ingabbiamento che esso comportava. Gustl resterà quindi, alla fine di tutto, prigioniero di se stesso e del suo ruolo; non acquisirà alcuna nuova e diversa consapevolezza del valore della vita. Ed è questo contrasto tra l'umana paura di morire e la disumanità implicita in quel codice militaresco, a suo modo ottusamente inossidabile, che Schnitzler ci descrive. Una inossidabilità di cui Schnitzler percepisce, già allora - siamo, ricordiamolo, “solo” nel 1900 - l'inesorabile declino a cui stava per andare incontro. Un declino di cui nessuno allora sembrava ancora rendersene conto e le reazioni scomposte delle autorità militari nei confronti di Schnitzler, descritte precedentemente, ne sono un’ evidente testimonianza.

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