Marx può aspettare

Il Festival di Cannes ospita l’ultimo, importante film di Marco Bellocchio, che omaggia con la Palma d’onore. Vale il viaggio. ()
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Marco Bellocchio (classe 1939) si misura con coraggiosa e lucida determinazione con la storia della sua famiglia attraverso il racconto corale della morte per suicidio del fratello gemello Camillo, scomparso tragicamente il 27 dicembre 1968.

La terribile vicenda familiare viene meticolosamente ricostruita attraverso le testimonianze dei fratelli ancora in vita, tra cui Piergiorgio (1931), intellettuale e critico letterario, Alberto, sindacalista e poeta, e le sorelle Letizia e Maria Luisa.

Rampolli di una borghese famiglia piacentina in cui il ruolo centrale, con la sua religiosità al limite del bigotto, è rappresentato dalla madre, i cinque fratelli Bellocchio superstiti (oltre a Camillo, sono mancati nel tempo anche Tonino e Paolo) cercano di ricostruire il clima della loro famiglia e la fragilità avvertita ma non compresa del fratello che sceglie il suicidio come manifestazione di affermazione di sé, mentre altri membri della famiglia raccolgono successi e impegni nella vita sociale, politica e culturale.

In parallelo alla raccolta di testimonianze dei suoi familiari, Marco Bellocchio ripercorre le pagine più emblematiche della sua cinematografia da quel “I pugni in tasca” (1965), che anticipava lucidamente i temi del ’68, a “Nel nome del padre” (1972), “Gli occhi, la bocca” (1982) e “L’ora di religione” (2002), solo per citare alcuni dei suoi film in cui compaiono nettamente i temi del disagio e del conflitto familiare, culminato con morte del fratello gemello Camillo che compare invidiabile nella bellezza dei suoi vent’anni, nei filmini d’epoca, durante i suoi viaggi, nelle sue frequentazioni amicali e amorose che sembrano non preludere al dramma della sua morte.

Marco Bellocchio, la madre e i suoi fratelli non hanno colto quali nuvole si stessero addensando ed è questo il cruccio più grande che ancora, oltre cinquant’anni dopo, arrovella chi ha vissuto quella storia.

A dispetto dell’argomento però il film non è tetro, non è espiativo, ha anzi una sua solarità nel raccontare la breve vita di un personaggio per cui il dolore, per quanto decisivo, è contemporaneamente fondamentale per capire e interpretare, per ricordare senza sollecitare troppo i sentimenti del rimpianto e del rimorso. Di grande pulizia e rigore il montaggio e la fotografia.

Assolutamente da non perdere questo film così sobrio, così profondamente leggero, così teneramente ironico che restituisce valori veri e si contrappone coraggiosamente al nulla che sempre più spesso ci circonda.


In programmazione al Cinema Palestrina.


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Re: Marx può aspettare
22/07/2021 Mariapaola Mauri
Bellissimo, intimo e delicato. E le musiche di Ezio Bosso ti scavano dentro. Grande cinema, fatto di niente, eppure così denso.


 
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