La pandemia e l'emergenza climatica: problemi diversi, reazioni simili

Il loro ciclo di conferenze sull’emergenza climatica è stato ovviamente rimandato, ma gli studenti di TempoZero non si fermano. Ecco un’interessante riflessione sui nostri comportamenti di fronte alle emergenze: paura, negazione, responsabilità… ()
Munch
A causa del Coronavirus, il ciclo di conferenze di TempoZero è rimandato a date da definirsi, indicativamente a ottobre/novembre: seguiranno aggiornamenti. Ma nel frattempo stiamo preparando dei video che anticiperanno on line alcune riflessioni dei nostri relatori così da poterle condividere con voi anche in questo periodo di restrizione della mobilità e delle attività. Riteniamo infatti importante e utile ogni tentativo di proseguire le abitudini e i progetti che si avevano prima dell'arrivo del virus, pur nel doveroso rispetto delle nuove regole.

Di tutte le riflessioni suscitate da questo periodo difficile, ce n'è una in particolare, di impronta ambientalista, che vorremmo condividere: è quella sulle analogie fra il problema del Coronavirus e quello dei cambiamenti climatici, in particolare fra le reazioni del genere umano e delle singole persone a questi due problemi.

L'arrivo del virus è stato da noi tutti capito e accettato con tempistiche svantaggiose: sarebbe infatti stato di grande aiuto se sia i politici di tutto il mondo sia noi cittadini avessimo compreso l'entità di questo problema qualche settimana prima, ma il funzionamento dei nostri cervelli e istinti ha causato una dilatazione dei tempi. Oltre a questa naturale 'inerzia psicologica' di cervelli e istinti, anche le previsioni e gli studi scientifici hanno avuto e hanno un ruolo fondamentale: essi ci indicano le soluzioni più valide, le incertezze, dicono che il tempo stringe, quanto stringe, e molto altro; inoltre la scienza prova a dirci "nel far decisioni razionali è me che devi ascoltare, più che il tuo cervello e l'istinto". A conti fatti, il risultato di queste due forze opposte - l'inerzia psicologica e la scienza - e di altre componenti forse altrettanto importanti ha causato questi modi e tempi della risposta del mondo al problema del Coronavirus.

Un discorso molto simile vale anche per la questione dei cambiamenti climatici e il modo e i tempi in cui stati, popoli e persone reagiscono ad essi. C'è una differenza che va subito evidenziata, che sta nella scala temporale. Infatti un'epidemia dura per mesi e i principali rapporti di causa-effetto si giocano nell'arco di qualche settimana (ad es. lockdown oggi => fra due settimane la curva dei contagi cambia); mentre i cambiamenti climatici e le loro origini riguardano almeno il XX e XXI secolo e le principali coppie causa-effetto si dipanano su decenni o più (ad esempio, la permanenza media di una molecola di CO2 in atmosfera è dell'ordine di grandezza del secolo). Ricordiamo inoltre - per inciso - che a oggi siamo in uno stadio alquanto avanzato del problema climatico.

Al netto delle differenze dettate dalla diversità delle scale temporali, valgono per i cambiamenti climatici considerazioni uguali a quelle scritte sopra per il Coronavirus.
Da una parte la scienza del clima indica la strada e i tempi da seguire per far fronte efficacemente all'emergenza climatica, dall'altra l'inerzia psicologica porta a un ritardo nell'accettare il problema e nell'affrontarlo - a livello politico, individuale, sociale ed economico. Queste tendenze riscontrate nelle reazioni ai due problemi hanno davvero la stessa natura!

C'è da rilevare un'altra differenza - che comunque non scalfisce la validità del paragone. Nel caso dei cambiamenti climatici, nella componente dell'inerzia psicologica riveste un ruolo fondamentale anche il fattore degli interessi economici: un'azienda petrolifera che fa ciò che le conviene, si può pur sempre considerare alla stregua di una 'parte del genere umano' negligente, partecipe della pigrizia collettiva che ci fa trascurare e rimandare il problema. Ebbene, non c'è un corrispettivo nella crisi da Coronavirus: ad esempio, di certo quell'azienda non è direttamente paragonabile al gruppo di amici che ieri sera si è trovato in piazza trascurando le regole, e ha favorito il diffondersi della COVID-19. Questo gruppetto di amici è semmai più simile a un europeo che passa un weekend al mese a New York per vedere una partita di baseball, trascurando l'inquinamento dei voli richiesti dalla sua già di per sé discutibile passione.

È interessante - e consigliato dalla scienza - arricchire con dati e numeri questo confronto fra le reazioni al Coronavirus e quelle ai cambiamenti climatici. Ma in questo articolo vogliamo solo dare lo spunto di riflessione su questo accostamento. E proporre infine un appello ottimista per la questione climatica: facciamo tesoro della lezione del Coronavirus e ricordiamoci che il meccanismo con cui l'umanità e le singole persone reagiscono e affrontano questi problemi è un po' difettoso; e aggiustiamolo in tempo per sistemare il clima! Ce la possiamo fare.

Crediamo che imparare le lezioni dalle batoste sia nelle corde dell'uomo e dell'umanità. Secondo "Il Post", una delle ragioni principali per cui la Corea del Sud ha gestito così efficacemente l'epidemia di questi mesi è che nel 2015 ha dovuto affrontare un'inaspettata epidemia di MERS. La MERS li ha in parte "vaccinati" per la COVID-19!

Quello dei cambiamenti climatici è certamente un enorme problema. Ma ora buona fortuna e buon lavoro a tutte e tutti in questa lotta contro il Coronavirus!

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