L'eliminazione del parco Bassini, un lutto cittadino

Con l’intervento delle forze di polizia, dopo l’isolamento della zona, abbattuti gli alberi del parco di
via Bassini. Le scelte irresponsabili dettano legge.
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Bassini 9 gen
La mattina di giovedì 2 gennaio, con un’operazione combinata di polizia e di chiusura al traffico della via, hanno tagliato gli alberi del parco, ormai dell’ex-parco aperto al pubblico e agli studenti, di via Bassini. Si è così compiuta la scelta irrevocabile del rettore Resta, che non ha voluto tenere in minimo conto il movimento cittadino nato per impedire questo scempio, con la partecipazione di docenti, studenti e residenti, scesi in campo per difendere un bene comune. Un movimento che ha cercato di far capire le ragioni di opportunità ambientale, di coerenza istituzionale, di deontologia professionale che avrebbero dovuto far riconsiderare questa scelta.

Non c’era alcuna necessità di costruire lì un nuovo imponente edificio al posto di un parco pubblico. Non si è voluto affrontare e risolvere una situazione che si trascina da quasi un trentennio e avrebbe consentito di recuperare lo spazio abbandonato, la centrale ex-Cesnef, obsoleta e abbandonata da anni, proprio di fianco al parco Bassini, dello stesso Politecnico. In più si è avuta, diciamo così, la mancanza di tatto di offrire lo spazio che verrà liberato dopo la dismissione di questa centrale per la piantumazione di nuove alberature a compensazione dello scempio attuale, in un futuro imprecisato.

Non c’era la necessità di abbattere alberi e consumare suolo dove era sopravvissuto un terreno naturale, risparmiato dalla cementificazione urbana, se solo si fossero volute valutare le possibilità di recupero di altre strutture inutilizzate che non mancano nelle zone intorno al Politecnico.
Resta invece lo scempio compiuto e l’amara constatazione di essere stati defraudati di un diritto, non tanto per noi ma per chi verrà dopo di noi. Lo spazio occupato dai nuovi edifici per tutti coloro che hanno vissuto questa esperienza di impegno a rivendicare la salvaguardia del verde, degli alberi, del clima rappresenta un vulnus, l’imposizione della legge del più forte per negare le ragioni del dissenso.
Il ricorso alle forze di polizia per compiere un atto che suona contrario al rispetto della natura e dell’ambiente dovrebbe farci riflettere e dovrebbe stupirci il fatto che di tutto ciò non si sia voluto tener conto. Sarà il caso di prenderne atto come di un inquietante segno dei tempi.

Dovrebbe stupire anche il fatto che il sindaco Sala non abbia mosso un dito per intervenire nella vicenda del parco Bassini, vicenda del tutto emblematica nei rispetti della questione ambientale. Dopo la dichiarazione di emergenza climatica assunta dal Comune, di cui Sala si è fatto vanto, tale impegno imporrebbe innanzitutto di attuare una tenace salvaguardia e conservazione del verde esistente, di promuovere la riduzione del consumo di suolo mediante il recupero e la rigenerazione di quanto già costruito e inutilizzato. Queste dovrebbero rappresentare le priorità di una politica comunale in linea con le dichiarazioni votate, le piantumazioni ben vengano, ma l’emergenza climatica richiede azioni urgenti e incisive che non si sono nella fattispecie viste.
L’amministrazione comunale non ha ritenuto di doversene occupare a suo tempo, lasciando via libera al progetto di riassetto del Campus Bassini che contemplava l’eliminazione del parco, e il Sindaco non ha avuto altro da dire.
Se alle parole non seguono i fatti cade miseramente ogni pretesa di vero ambientalismo di questa amministrazione e di quanti la sostengono, come ci tocca purtroppo constatare.

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