I profumi delle stagioni.
Quando le giornate si allungano, il vento dai monti asciuga la nebbia e allontana l'inquinamento, ecco che si sente la primavera in arrivo.
(Mietta Pellegrini)13/02/2019
Con brevi, ripetute e veloci inspirazioni dalle narici, annuso l'aria e mi concentro sugli odori che mi giungono.
La pluriennale presenza dei cani di casa mi aveva insegnato la tecnica di usmare. Senza raggiungere le percentuali olfattive di un segugio, ma con buoni risultati, mi allenavo a individuare gli odori del mio habitat.
Questa curiosità d'indagare l'aria, mi è rimasta anche nella vita milanese.
D'inverno sono in castigo, tuttavia riconosco automaticamente il livello d'inquinamento della giornata non appena supero la soglia del portone di casa, se invece c'è il cielo coperto e sento l'odore del mare, so che spira il vento da sud-ovest e che arriverà la pioggia.
In autunno l'odore umido della nebbia si aggrappa alle pietre dei rivestimenti dei vecchi palazzi, che lo rilasciano con l'aumento della temperatura; per la neve, ormai rara, c'è invece un sacro silenzio ovattato e un pizzicorino nel naso.
La primavera scatena le papille olfattive, che aspettano che gli odori, da lievi, si intensifichino con il trascorrere dei giorni; i fiori colorano il verde, solo pochi però regalano profumi delicati: violette, mimose, glicine, più tardi rose, iris, gelsomini, ginestre, lavanda. La linfa dell'erba fresca di taglio emana un profumo persistente, che fa sognare la campagna.
D'estate la città non profuma; aspetto la Liguria, l'odore salato del mare, delle erbe profumate di menta, melissa, rosmarino, maggiorana, basilico e artemisia, poi, allo svoltare l'angolo, il profumo insieme di mandorle amare dell'oleandro, del pino domestico e del fico dichiarano il sublime e la libertà dei sensi che la natura ci regala. E come un cane, annuso l'aria.
La pluriennale presenza dei cani di casa mi aveva insegnato la tecnica di usmare. Senza raggiungere le percentuali olfattive di un segugio, ma con buoni risultati, mi allenavo a individuare gli odori del mio habitat.
Questa curiosità d'indagare l'aria, mi è rimasta anche nella vita milanese.
D'inverno sono in castigo, tuttavia riconosco automaticamente il livello d'inquinamento della giornata non appena supero la soglia del portone di casa, se invece c'è il cielo coperto e sento l'odore del mare, so che spira il vento da sud-ovest e che arriverà la pioggia.
In autunno l'odore umido della nebbia si aggrappa alle pietre dei rivestimenti dei vecchi palazzi, che lo rilasciano con l'aumento della temperatura; per la neve, ormai rara, c'è invece un sacro silenzio ovattato e un pizzicorino nel naso.
La primavera scatena le papille olfattive, che aspettano che gli odori, da lievi, si intensifichino con il trascorrere dei giorni; i fiori colorano il verde, solo pochi però regalano profumi delicati: violette, mimose, glicine, più tardi rose, iris, gelsomini, ginestre, lavanda. La linfa dell'erba fresca di taglio emana un profumo persistente, che fa sognare la campagna.
D'estate la città non profuma; aspetto la Liguria, l'odore salato del mare, delle erbe profumate di menta, melissa, rosmarino, maggiorana, basilico e artemisia, poi, allo svoltare l'angolo, il profumo insieme di mandorle amare dell'oleandro, del pino domestico e del fico dichiarano il sublime e la libertà dei sensi che la natura ci regala. E come un cane, annuso l'aria.
