Sempre più vicini. Intervista a N'Bouiye

Sempre più spesso siamo a contatto con persone che provengono da Paesi stranieri, da culture lontane, persone che, di primo acchito, possiamo percepire come “diverse”. Ma conoscendole nel loro quotidiano, ci accorgiamo che la realtà è un'altra. ()
Estate2018 mareaperto

Lasciare gli affetti, andare oltre l'orizzonte del deserto, del mare. Scoprire nuovi orizzonti, mete irraggiungibili. Non poter restare, ne' andare oltre.


Da dove vieni e da quanto tempo sei qui a Milano?

Vengo dal Mali, ho lasciato il mio paese 8 anni fa. Sono arrivato a Milano alla fine dell'anno 2015.

Come mai hai lasciato il tuo paese?

Ho lasciato il Mali, perché mio padre è morto. A casa ci sono mia sorella e mia madre, ma non abbiamo niente. Mio padre lavorava nei campi. Avevo 14 anni quando sono fuggito.

Sono stato 1 anno in Costa d'Avorio e 4 anni in Libia. Ho lavorato nell'agricoltura. Sono scappato dalla Libia a novembre 2015. Il 24 dicembre 2015 sono arrivato in Italia.

Cosa mi racconti della Libia?

Io stavo bene in Libia, non volevo venire in Italia. Il problema è che in Libia avevo paura, per la guerra e la situazione era pericolosa. In Libia avevo paura che mi rubavano i soldi. Avevo paura a restare: la situazione non era buona.

In che modo sei arrivato dalla Libia, via mare?

Col gommone; sono arrivato in Sicilia, dopo una settimana sono venuto col pulmann in via Corelli.

Quanto tempo sei rimasto in via Corelli?

Per 7 mesi . Non parlavo italiano e per me era difficile imparare perché nel mio paese non ho fatto la scuola. In via Corelli non ho fatto niente e dopo 7 mesi ci hanno mandati via in 23 ragazzi.

E cosa avete fatto?

Abbiamo dormito 2 mesi in Centrale e poi col piano freddo in via Sammartini, dopo mi hanno mandato a Piacenza . Nel 2016 sono stato lì e nel 2017 sono tornato a Milano, ho lavorato in un ristorante, ma poi ho lasciato, perchè mi trattavano male e pagavano male. Ho cominciato a imparare l'italiano. A me piace fare scuola con Giancarlo e questo anno continuiamo a fare scuola in biblioteca.

Ora che chiudono il centro Accoglienza di via Corelli, per farlo diventare Cpr cosa fai?

In questo momento non riesco più a lavorare e mangio in Caritas.

Ti piace Milano?

No, perchè non ci sono possibilità. Sono stanco. Mi piacerebbe andare in Spagna e provare a lavorare là, perché là posso lavorare senza documenti. Sono qui da tre anni e sono senza documenti per lavorare. Certo se potessi trovare lavoro, allora potrei restare, ma così, meglio la Spagna.

Senza documenti non posso lavorare; io avevo trovato lavoro, da solo, ma l'ho perso perchè non avevo documenti.

Come vedi gli italiani?

Ci sono amici che sono bravi con me, ma il problema è che in Italia non vogliono un nero. Adesso ci sono persone che in tutta Europa non vogliono neri. Dicono che i neri sono “indietro”, loro sono razzisti.

C'è qualcosa di positivo in Italia, ti è successo qualcosa di positivo?

Ho amici che mi hanno aiutato come Angela Marchisio ( fondatrice di NoWalls), è come mia mamma, ma non può darmi i documenti. Tu mi puoi aiutare? Se mi domandi così, pensavo qualcosa magari può avere da aiutare.

Non posso, ma è importante che le persone conoscano la vostra situazione.

Molti ascoltano le brutte cose senza conoscere le persone, però raccontare la storia non aiuta a trovare lavoro. Se ho i documenti posso andare. Ma così non posso andare in un altro paese. In Francia ci trattano come persone, non ci lasciano a dormire così fuori, come in Italia, con questo freddo. Se chiude via Corelli non faccio scuola e non faccio niente, ma devo restare qui.

Gli italiani amano più gli arabi, ma non i neri. Ma noi siamo qui tranquilli, non rubiamo, non facciamo cose violente. In Italia c'è tanto razzismo. Ci sono cose da fare, ma si parla solo di emigrazione e razzismi, non tutti, ma il 60%.

Gli italiani non erano abituati all'immigrazione, come invece in Francia e Germania, hanno paura dei cambiamenti.

E' vero che gli italiani non sono abituati agli immigrati e ai neri. Ma perché mi trattano male? Io sono tranquillo. Devono trattare male chi si comporta male e non trattare male chi si comporta bene.

E' difficile fare questi discorsi. In questo momento gli italiani fanno così, hanno paura di chi è diverso.Le persone che non hanno speranze: i poveri, gli anziani, i disoccupati trattano male chi ha più bisogno di loro.

Se un italiano va in Mali, noi siamo accoglienti, ospitali, possiamo dare tutto, quando arrivi. Il mio paese è povero, il nostro presidente non è bravo, perché abbiamo petrolio, diamanti, caffé, ma siamo poveri.

I bambini vanno a lavorare e non vanno a scuola. Questo manca in Africa. Si deve far studiare i bambini. Mio padre non mi mandava a scuola, perché dovevo lavorare, lui era giardiniere e lavoravo con lui. Io adesso piano piano imparo a scrivere, a leggere, a parlare italiano. Non sono nemmeno sicuro di quando sono nato.

Noi abbiamo perso i valori che voi avete ancora: l'ospitalità, la generosità.

Anche la sincerità. Prima un africano diceva sempre la verità, adesso è cambiato anche lì, perché fanno come gli europei.

Sei stato molto coraggioso a partire così dal tuo paese.Ti manca il tuo paese ?

Sì certo e anche mia mamma. Mia madre voleva mandarmi a scuola, ma comandava e decideva solo l'uomo e mio padre non voleva.

Per cambiare le cose bisogna studiare, alle scuole devono pensarci gli Stati.

Continuare a studiare! Mia madre voleva, ma io non sono andato a scuola. Noi dobbiamo fare quello che è giusto, comportarci bene. Anche se il momento è difficile.

Anche in molte zone d'Italia, ancora 50 anni fa, i bambini lavoravano e non andavano a scuola.

Il mondo cambia tanto e in fretta. Ma lavorare in nero o non potere lavorare, perchè mancano i documenti... così non si cambia mai.





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