Città Studi. L’elezione del nuovo rettore della Statale. Una vittoria della democrazia.
C’è più di un buon motivo per rallegrarsi per la mancata elezione del pupillo di Vago, che ora andrà a fare il consulente per il presidente della regione Lombardia.
Innanzitutto il nuovo rettore ha sempre dimostrato di non poter accettare a scatola chiusa una decisione che suscitava forti perplessità; si dava per scontato che il trasferimento fosse necessario poiché la vetustà degli edifici di Città Studi avrebbe comportato oneri di ristrutturazione superiori a quelli da sostenere per realizzare un nuovo campus nell’area Expo, nonostante si prospettasse un impegno economico assai rilevante, in assenza di un serio studio di fattibilità tecnico-economico-ambientale, che ponesse a confronto vantaggi e svantaggi del trasferimento in blocco delle facoltà scientifiche.
Non vogliamo qui rimettere in discussione le ragioni a favore o contro il trasferimento, come è purtroppo avvenuto a causa dell’assoluta indisponibilità del rettore Vago ad un confronto democratico con le parti in causa, docenti,studenti, lavoratori e cittadini, indisponibilità suffragata anche dall’atteggiamento dell’assesore comunale Maran, deciso sostenitore del trasferimento. Basta rilevare che il nuovo rettore non ha posto pregiudiziali alle scelte da compiere, che verranno valutate di concerto con tutte le componenti in gioco, in modo aperto e trasparente, avendo di mira il primario interesse dell’istituzione universitaria e della città.
E ciò basta a valutare da parte dei cittadini con piena soddisfazione l’esito di queste elezioni.
Ma oltre a questo è ancor più importante, mi pare, rilevare che abbiamo potuto assistere alla sconfitta di quella modalità di conduzione delle istituzioni, ben radicata ormai nella cosa pubblica, per cui chi amministra ritiene di imporre decisioni e scelte già determinate al di fuori di ogni aperto e trasparente confronto e rendiconto pubblico.
E altrettanto importante è il fatto che questa sconfitta è stata resa possibile dalla partecipazione del corpo sociale, altri direbbero degli “stakeholders”, locuzione che trovo terribile in questo contesto.
Credo sia indubbio che senza il movimento di partecipazione attiva innescato da alcuni comitati locali e studenteschi della nostra zona sarebbe stato assai arduo smuovere la situazione di asservimento ai voleri superiori che contraddistingue il mondo accademico italiano, e ahimè non solo quello.
Altro fatto degno di nota è che si è trattato di vera partecipazione dei cittadini, nata spontaneamente per chiedere conto delle decisioni del potere, non della partecipazione che il potere vuol gestire per assecondare i propri obiettivi, come ad esempio mi pare stia succedendo per la questione riapertura dei Navigli, dove l’assessore delegato alla consultazione pubblica si dichiara a favore della riapertura dei Navigli, pur avendo il compito di gestire unilateralmente tale consultazione.
Non è un buon inizio del non meglio precisato schema di “dibattito pubblico” che si è scelto di utilizzare.