Che ne sarà di Città Studi? Strategie politiche e ragioni dei cittadini

Mercoledì 22 marzo scorso a Palazzo Marino in una importante seduta delle Commissioni Congiunte Urbanistica e Mobilità i cittadini hanno esposto le loro le ragioni. Che ne sarà di Città Studi? ()
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Il tema era di grande attualità e rilievo, il futuro di Città Studi. Abbiamo assistito ad una importante e, direi quasi storica, riunione congiunta delle Commissioni Consiliari Urbanistica e Mobilità dopo l’invito del Presidente della Commissione Urbanistica Monguzzi rivolto al gruppo di cittadinanza attiva “Che ne sarà di Città Studi?”.

Occasione quasi storica, poiché non succede di frequente che i cittadini possano esporre le loro ragioni nella sede più opportuna, quella del Consiglio Comunale, come dovrebbe di regola avvenire. Un confronto tra cittadini, studenti, docenti, rappresentanti dell’università e consiglieri comunali, che qui hanno avuto modo di ascoltare le argomentazioni di ciascuno rispetto alle decisioni prese o da prendere, ed esporre differenti punti di vista.

Non abbiamo solamente sentito punti di vista e pareri contrari, ma fondate e documentate motivazioni di cui i decisori non potranno non prendere atto.

Il gruppo “Che ne sarà di Città Studi”, è nato nel febbraio del 2016 con la finalità di informare sul progetto di trasferimento degli istituti universitari e ospedalieri nonché coordinare azioni a difesa del quartiere. Nel novembre scorso rispondendo ad un’iniziativa del FAI che chiedeva ai cittadini di segnalare ed eleggere un “Luogo del cuore” a loro caro, ha raccolto in brevissimo tempo un gran numero di voti e si è costituito nel Comitato FAI Luoghi del cuore Città Studi. Con il contributo di tante competenze diffuse ha saputo compiere un serio lavoro di analisi e valutazione delle conseguenze che colpiranno questa parte della città di Milano, se avverrà il trasferimento alle aree Expo delle facoltà scientifiche dell’Università Statale.

Perdita di identità e vocazione storica, migrazione al di fuori dell’ambito cittadino di 20.000 persone con grave e irrecuperabile danno all’economia della zona, aggravato dal futuro spostamento degli Istituti ospedalieri, svuotamento di una area urbana viva e vitale in assenza di una prospettiva di rivitalizzazione dei luoghi, dislocazione dal contesto cittadino delle sedi ove si formano conoscenza e sapere per far posto ad interventi edilizi, intenti meramente speculativi al posto della promozione di uno sviluppo dello spazio urbano dove si possano coniugare insieme innovazione e creazione di risorse sociali ed economiche.

Sono stati illustrati esempi e suggerimenti di come sono state affrontate e risolte all’estero analoghe situazioni, avendo di mira innanzitutto gli interessi generali della comunità, della qualità della vita, dell’integrazione nel contesto urbano di sfere diverse della società e dell’economia, come si legge nelle relazioni presentate da alcuni cittadini del gruppo “Che ne sarà di Città Studi” (ndr: soluzioni che ora Arexpo avrebbe deciso di demandare al concessionario privato che si occuperà di progettare, realizzare e gestire per 99 anni il futuro del dopo Expo).

Altri interventi hanno poi messo in luce incongruenze e contraddizioni, che appaiono evidenti esaminando i passi che sono stati compiuti e le relative giustificazioni.

La proposta del trasferimento di Città Studi non è derivata da una richiesta dell’Università, ma da una decisione presa dall’alto, senza aver condotto preliminarmente alcuna valutazione delle conseguenze che una decisione del genere avrebbe potuto avere sui diretti interessati e sulle zone coinvolte; si trattava di trovare una qualche soluzione per colmare il buco di bilancio di Arexpo, di liberare aree centrali più appetibili, visto che il mercato non era interessato a quelle di Expo, dislocate e fuori prezzo.

Non si è tenuto in alcun conto la volontà espressa dai cittadini milanesi nel referendum consultivo del 2011, che a grande maggioranza chiedevano all’amministrazione comunale di vincolare a parco agroalimentare le aree destinate ad ospitare Expo.

Sono state poi contestate le motivazioni con cui il presidente di Arexpo, Azzone, e il rettore della Statale, Vago, hanno sostenuto la scelta del trasferimento nell’assemblea pubblica tenutasi in zona 3 l'11 ottobre 2016.

Un gruppo studentesco della Statale ha presentato altre obiezioni, raccolte in un documento reperibile sul web.

Perché preferire la sinergia tra le facoltà scientifiche della Statale e il progetto Human Technopole e non quella possibile con il vicino (per ora) Politecnico?

Qual’è la necessità di disporre di nuovi spazi per far fronte ad un futuro aumento della popolazione studentesca, se l’area disponibile a Expo risulta ben inferiore a quella attualmente occupata a Città Studi (150.000 mq futuri invece degli attuali 250.000 mq) e se la superficie allocata per studente risulterà ai limiti inferiori degli indici previsti nelle università europee. Su questo e altri aspetti è intervenuto anche Michele Sacerdoti fornendo dati e informazioni esaurienti.

Resta poi priva di dati di supporto l’affermazione che le sedi delle facoltà a Città Studi necessitano di ristrutturazioni consistenti e di nuovi laboratori con un costo da sostenere che risulterebbe circa doppio di quello per la realizzazione di un nuovo Campus nell’area ex-Expo.

Affermazione quest’ultima che non corrisponde a quanto ha poi asserito nel suo intervento il direttore generale della Statale, Walter Bergamaschi, il quale, ribadendo le posizioni del rettore Vago, ha indicato in circa 400 milioni di euro i fondi necessari sia alla ristrutturazione completa di Città Studi, sia alla realizzazione di un nuovo Campus a Expo. Il Senato Accademico nello scorso novembre ha votato all’unanimità la manifestazione di interesse allo spostamento da Città Studi, basata su un quadro economico che prevede 130 mln di disponibilità proprie, 130 mln che verranno erogati da Regione Lombardia e 130 mln che possono derivare dalla cessione ai privati delle aree da dismettere di proprietà della Statale. Altre soluzioni non sono contemplabili al di fuori di questo scenario. Verrà riconsiderata, insieme all’amministrazione comunale, la possibilità di mantenere a Città Studi alcune attività universitarie che potranno essere svolte nelle aree vincolate non cedibili.

L’assessore Maran è poi intervenuto ripetendo in sostanza quello che aveva già detto durante l’assemblea pubblica già citata dell’ottobre scorso, introducendo la constatazione che si sono verificati alcuni fatti nuovi; a Sesto S. Giovanni la bonifica dei terreni su cui dovrà sorgere la Città della Salute è completata, ma la gara per l’affidamento dei lavori è ferma e questo comporterà uno slittamento dei tempi previsti per lo spostamento degli istituti ospedalieri. Il sindaco Sala ha incontrato il presidente della Regione Maroni per far presente la necessità che tutte le istituzione coinvolte tengano conto dei trasferimenti da Città Studi sia per gli istituti ospedalieri, sia delle facoltà della Statale.

Resta fermo l’impegno del Comune a garantire che la vocazione di Città Studi resti salvaguardata. Come?

Con il supporto dello studio affidato al prof. Balducci per elaborare un piano di sviluppo di un nuovo campus per il Politecnico ed effettuare una ricognizione sul quartiere circa la questione ospedaliera. Non tutti gli studenti della Statale dovrebbero trasferirsi, una quota deve rimanere a Città Studi, la Bicocca potrebbe avere interesse a elaborare un progetto con la Statale, così potranno restare i 20000 studenti attuali. Occorre poi valutare una serie di funzioni alternative agli ospedali, ad esempio la biblioteca Sormani necessita di nuovi spazi. Lo studio affidato a Balducci si deve completare nel termine di sei mesi (ndr: cioè entro il prossimo settembre, ma come verranno reperiti i fondi necessari per i nuovi insediamenti e per la ristrutturazione delle aree che la Statale manterrà a Città Studi, mentre deve utilizzare tutti i fondi disponibili per il trasferimento a Expo?)

Dopo l’intervento di Maran i consiglieri di opposizione hanno chiesto di replicare, ma data l’ora la riunione è stata aggiornata. L’appuntamento è per venerdì 31 marzo alle 17.30 nella stessa sede.

Che dire? E’ questa la strategia politica dei decisori pubblici, prima si decide cosa fare, poi si cercano le ragioni con cui giustificare la scelte e come attuarle, motivazioni che appaiono senza ragioni valide ai cittadini che ne subiranno le conseguenze.

E mi pare di dover concludere che in consiglio comunale non ci sia molta convergenza di idee sul come fare amministrazione, se rileggo quanto ho avuto modo di ascoltare partecipando ad un convegno organizzato nella stessa sala poco più di un mese fa.



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Re: Che ne sarà di Città Studi? Strategie politiche e ragioni dei cittadini
30/03/2017 ENNIO GALANTE
Ho letto l'interessante resoconto di Burgio sulla riunione indetta dalle Commissioni consiliari il 22 marzo scorso a Palazzo Marino, alla quale non ho potuto presenziare. L'intervento che avrei fatto è leggibile su ArcipelagoMilano e su alcuni blog. Condivido in generale le critiche di Burgio e degli intervenuti riportati in questo articolo. Mi preme fare un commento sul comportamento del FAI, del quale sono sostenitore da anni. Dopo la conclusione della consultazione sui Luoghi del Cuore, ho cercato un contatto con FAI al fine di sapere se esso ha una posizione in merito ad una realtà non certo marginale come "ambiente italiano". Da un punto di vista culturale e storico-urbanistico della città di Milano, io credo che enti come FAI ed Italia Nostra avrebbero il dovere di fare proprie analisi o, quanto meno, valutazioni critiche e proposte migliorative. Purtroppo non ho avuto alcun riscontro da ambedue questi enti.
Ennio Galante


Re: Che ne sarà di Città Studi? Strategie politiche e ragioni dei cittadini
29/03/2017 Gianluca Bozzia
L'incarico al Politecnico era stato annunciato pubblicamente l'11 ottobre 2017. Balducci ha dichiarato di averlo ricevuto settimana scorsa, sei mesi dopo. Leggo ora che i risultati saranno noti a settembre 2018 e non saranno altro che raccomandazioni, immagino, di uno studio e una ricognizione, rispetto ai quali interessi economici e politici pesano e peseranno di più. Ecco, questa è l'Italia nella sua espressione meno deteriore, a Milano e con il Politecnico di mezzo: declino e decadenza già avvenuti nei fatti e nelle menti degli attori. 12 mesi per uno studio di cui poi non terranno molto conto? Ma se per fare la vision di sette scali i cinque studi incaricati ci hanno messo 3 mesi? E poi: stiamo parlando degli stessi tre attori (Milano, Lombardia e Statale) che non hanno saputo cogliere in 15 anni l'opportunità Rubattino?


 
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