Lambrate, un quartiere tra storia e futuro

Il territorio di Lambrate e le sue trasformazioni sono l’oggetto di questa prima intervista a Sergio De La Pierre, il sociologo autore di un’interessante ricerca sul quartiere, realizzata per Vivilambrate che presto sarà pubblicata integralmente come “quaderno di z3”.
()
rubattino
L’esigenza di una ricerca sull’identità di Lambrate a partire dalla sua storia e dal vissuto dei suoi abitanti è nata in ViviLambrate, quella rete di associazioni radicate sul territorio e particolarmente attive nel quartiere che negli ultimi due anni ha promosso diverse iniziative culturali e sociali. Il compito è stato affidato al gruppo di Promozione della Partecipazione coordinato dal sociologo Sergio De La Pierre. A lui dunque chiediamo di parlarcene.

Innanzitutto, quale scopo si prefigge quest’indagine? Come è nata e chi sono i destinatari di questo lavoro?
Questa indagine, il cui titolo provvisorio è "Lambrate, un quartiere tra storia e futuro" e che verrà presto pubblicata come Quaderno di “Z3XMI”, è nata come “Indagine preliminare” o “Ricerca di sfondo” in vista dell’auspicato avvio di percorsi partecipativi strutturati sul futuro assetto della “Piazza” Rimembranze di Lambrate e del quartiere circostante. Si tratta di un obiettivo che caratterizza l’insieme di Vivi Lambrate, e i destinatari non possono che essere tutti i cittadini, ai quali va “restituita” la ricerca cui essi stessi in qualche modo hanno partecipato.

Si parla di Lambrate, ma questo significa Ortica, Rubattino, Feltre… quartieri diversi, anche urbanisticamente ben delimitati. Che cosa li unisce e in che rapporto sono con la città?
Agli intervistati abbiamo chiesto qual è la loro “mappa mentale” sui confini di Lambrate, e abbiamo ottenuto ovviamente risposte diverse. Ciò significa che questa identità territoriale un po’ a geografia variabile va accettata come elemento di ricchezza. Ciò che unisce i cinque “sottoquartieri” che scaturiscono dalla nostra indagine (ai tre che hai sopra elencato vanno aggiunti Rimembranze/Conte Rosso e Valvassori Peroni) è una storia rappresentata dalla loro comune presenza dentro il Comune di Lambrate (autonomo fino al 1923), e un senso di appartenenza e “creatività/coesione sociale” che viene analizzata in tutto il corso della ricerca.

Lambrate ha una storia millenaria e ha visto molte trasformazioni anche sociali: da comune agricolo, a centro industriale… Il Lambro, le fabbriche, oggi il design. Quanto è presente tutto questo nel vissuto dei suoi abitanti?
Sì è vero, esistono tracce di Lambrate sin da epoca romana, e in tempi proto-cristiani l’arrivo dei benedettini (chiesa di S. Martino) e degli Umiliati ha significato grandi opere di bonifica e sistemazione agraria che hanno reso il territorio assai fertile; il fiume Lambro era pescoso e fonte di irrigazioni che determinavano un’alta produttività agricola, quasi un modello valorizzato anche a livello internazionale. Il XX secolo ha conosciuto la grande trasformazione in borgo industriale (Innocenti, Colombo, Faema) con l’arrivo di migliaia di operai; e a cavallo del nuovo millennio, in epoca di de-industrializzazione, si sono avute trasformazioni urbane di grande rilievo: la nascita del quartiere PRU del Rubattino e del “Lambrate Design District” attorno alle vie Conte Rosso e Ventura, con l’arrivo di una popolazione giovane e di “creativi”. Ma tutto ciò non ha eliminato il forte senso di identità e coesione sociale che ancora oggi sembra ruotare attorno al “nucleo storico” di via Conte Rosso. Questa è la particolarità di Lambrate.

Tu fai una distinzione molto interessante fra storia e memoria. Perché oggi il bisogno di memoria è diventato così significativo?
La “storia” – nonostante le diverse scuole di storiografia – pare caratterizzata da un’idea di “continuità” tra passato e presente. La “memoria” invece rimanda al concetto di “ricordo”, cioè a ciò che – etimologicamente – sta “nel cuore”, è qualcosa del passato – non tutto il passato – che si considera vivo ancor oggi, e spesso è fonte di ispirazione per il futuro. Un esempio può essere il passato “storico” di Lambrate di terra dedita fondamentalmente all’agricoltura, che invece oggi, nella “memoria”, viene vissuto come quartiere dal passato fondamentalmente industriale. Ma è proprio la crisi dell’industria a far rinascere la necessità di collegarsi a un passato più antico. In altri termini, c’è differenza tra storia e memoria, ma i confini tra di esse sono mobili. Oggi siamo in un momento di trasformazioni epocali, e anche gli oggetti della “memoria” cambiano. Per questo la gente sente un gran bisogno di “memoria”, proprio per rifondare la sua visione del presente e del futuro.

Perché per questo quartiere parli di una sua “dimensione di laboratorio” come suo "DNA costitutivo”?
È un concetto che ci è stato suggerito da Mariano Pichler, un protagonista della rinascita creativa del quartiere “Ventura” sopra accennata. Ma non si tratta solo della ricchezza straordinaria di associazioni, progetti, iniziative che chi viene a Lambrate può quasi toccare con mano. Si tratta di qualcosa di più profondo legato all’esperienza storica. Par di vedere che Lambrate è stata favorita in questa sua caratteristica di “Laboratorio” da una sorta di separatezza territoriale che ha percorso tutta la sua storia: prima borgo imperiale all’epoca del Barbarossa, poi feudo in epoca spagnola, poi Comune autonomo, la cui separatezza dalla città si è rafforzata con l’avvento, a inizio Novecento, della cinta ferroviaria che ha “intercluso” le parti fondamentali di Lambrate nel momento stesso in cui stava verificandosi la sua trasformazione industriale/fordista. Tutto ciò sembra aver spinto i lambratesi, nelle varie epoche della loro non breve storia, a “inventarsi” una loro identità fatta di relazioni “virtuose” tra diversi ceti sociali (artigiani, operai, osti, piccoli imprenditori legati all’indotto industriale…) e a costruire una territorialità complessa non omologata a un unico aspetto dello sviluppo locale.

Torniamo alle trasformazioni urbane. Perché parli di un percorso di “riqualificazione contraddittoria”?
Perché l’arrivo di questa nostra nuova “epoca post-industriale” può significare, forse per la prima volta,  una frammentazione urbana e sociale: agricoltura ridotta a residuo “pre-moderno”, industria ridotta a museo “tecnologico”, artigianato in pura funzione del loisir dei “milanesi”, ceti creativi e Fuori Salone come strumenti di una definitiva gentrificazione del quartiere, riuso di luoghi dismessi (Scalo ferroviario, caserma del Rubattino) in chiave di speculazione edilizia ecc.; oppure, si può immaginare un nuovo e più impegnativo salto del “Laboratorio Lambrate” che, forte di una tradizione storica, ma anche dell’interesse e attrazione reciproca che sembrano provare le diverse componenti del quartiere anche “nuove”, può costruire scenari di rinascita urbana e sociale, di un nuovo “fare società” all’altezza di una sfida che non riguarda solo Lambrate, e proprio per questo può diventare un modello emblematico.

Ma ora, quali sono le trasformazioni che si potrebbero prospettare? Qual è il bivio davanti al quale si trova Lambrate, la sua sfida per il suo futuro?
Direi che bisogna guardare, ancora una volta, alle soggettività già oggi in campo. Non si tratta di “inventare” progetti sulla testa della gente – secondo i modelli architettonici e urbanistici del secolo scorso – ma di “mettere insieme” tante teste, tante associazioni, tanti progetti già in essere. E il ruolo dell’amministrazione locale (Comune e Municipio 3) può essere oggi fondamentale, perché il “bivio” che si prospetta rappresenta una sfida tra due scelte: o costruire una nuova idea di “città” all’altezza del mondo d’oggi, o rinunciare all’idea stessa di governo del territorio.
 



fotografie di Amr Ezzeldinn

Commenta

Re: Lambrate, un quartiere tra storia e futuro
12/02/2017 Adriana Berra
Un pezzo molto equilibrato, ma anche un pezzo di equilibrismo. Andando sul concreto, il futuro del quartiere quale sarebbe? Qualche associazione che si impegna per tenere vivo il quartiere con eventi di socializzazione e progettazione partecipata che resterà teoria se riguarda temi importanti (oltre la progettazione del giardinetto, per intenderci) o a mettere pezze riqualificando una piazza, un edificio, col patrocinio e magari il sostegno economico di un Comunee e un Municipio che lo stesso quartiere però consegnano al degrado è al disfacimento urbanistico, socioculturale ed economico?
Avete presente i trasferimenti che incombono sul futuro di Città Studi e anche su quello di Lambrate o non si possono menzionare per non irritare il Municipio?
Qui si gioca il futuro del ns quartiere, della periferia di Zona 3 tutta, non solo quello della Lambrate cool e gentrificata intorno a Conte Rosso e via Ventura


 
 Rispondi a questo messaggio
 Nome:
 Indirizzo email:
 Titolo:
Prevenzione Spam:
Per favore, reinserire il codice riportato nell'immagine.
Questo codice serve a bloccare i tentativi di inserimento automatici.
CAPTCHA - click right for audio Play Captcha