Sarà il Politecnico a progettare il futuro di Città Studi?
Questo il messaggio finale sull’immediato futuro di Città Studi lanciato dall’Assessore Maran nell’ incontro di ieri sera all’Auditorium “Stefano Cerri” dopo un dibattito ampio e a tratti con forte contraddittorio tra relatori e pubblico sul tema del futuro di Città Studi. L’assessore Maran, alla fine del suo intervento, ha confermato che il Comune sta valutando di chiedere al Politecnico aiuto nella progettazione di un futuro di Città Studi che consenta di mantenere al quartiere la storica vocazione ai servizi pubblici. “Nessuno pensi di sostituire strutture universitarie e ospedaliere con residenze private” sono state le rassicuranti parole dell’assessore all’urbanistica.
L’incontro, affollatissimo con l’ Auditorium stracolmo e pubblico in piedi, a dimostrare l’interesse dei cittadini al tema del futuro di Città Studi, si è aperto con l’introduzione dell’Assessore all’Urbanistica del Municipio 3 Antonella Bruzzese che ha sottolineato innanzitutto, riprendendo quanto già detto nel saluto iniziale dalla Presidente del Municipio Caterina Antola, che l’obiettivo primario di questi incontri è informare e dialogare con la cittadinanza attiva sui temi strategici della zona: un metodo partecipativo che dovrà caratterizzare per tutto il quinquennio l’attività di questa amministrazione municipale.
Milano negli ultimi anni, ha detto l’assessore, si è riplasmata sulla base di fenomeni di segno opposto: da una parte con importanti trasformazioni urbane che ne hanno cambiato l’immagine, ma anche la capacità di attrarre turisti e imprese e ne hanno fatto la “locomotiva d’ Italia”. Dall’atra parte, ha proseguito Antonella Bruzzese, Milano soffre della presenza di un notevole patrimonio edilizio privato e pubblico di aree dismesse. Sono aree su cui non vi sono progetti o vi sono progetti fermi per mancanza di fondi, o come per gli scali ferroviari e le caserme, progetti ancora tutti da definire. Questo, secondo l’assessore, mette in evidenza che c’è un’offerta che eccede la richiesta del mercato con tutto quel che comporta in termini di degrado, insicurezza e necessità di gestire gli spazi abbandonati.
Secondo l’assessore Bruzzese i progetti di Città Studi e EXPO si devono misurare con questo scenario a doppio registro, prospettiva di grande sviluppo da una parte, che però non deve andare a scapito di altre parti della città.
Aggiunge poi l’assessore Bruzzese che molti nel passato hanno criticato il fatto che il progetto di EXPO non sia nato
con le premesse di altre città europee, come Lisbona e Londra, che nella fase progettuale avevano già in mente quale sarebbe stato il destino delle aree. Adesso a Milano il progetto c’è, è stato un po’ tortuoso ma ora c’è e siamo in tempo, consapevoli che accanto all’opportunità che rappresenta bisogna porre molta attenzione a quel che potrebbe succedere a Città Studi se abbandonata senza un progetto di ampie vedute.
Ha preso poi la parola il presidente di AREXPO prof. Azzone, che è anche Rettore del Politecnico, che ha parlato dello stato di avanzamento del progetto di EXPO del Parco della Scienza e dell’Innovazione Tecnologica e del ruolo che il Parco può avere a Milano in questo momento storico della nostra città.
Azzone ha sottolineato come i tre attori che si sono mossi sul progetto di AREXPO, Comune, Regione e Governo abbiano operato in accordo per individuare una soluzione che significasse un fattore di crescita sia per Milano che per il paese, facendo in modo che in quell’area i nuovi investitori, le forze più propositive e innovative trovino le condizioni migliori per realizzare i loro progetti, mettendo insieme ricerca, innovazione, attività economiche e attività sociali e facendole convergere verso un disegno comune.
La domanda che si è posto, retoricamente, Azzone è se l’area di cui parliamo ha le caratteristiche di attrattività che servono per realizzare questa idea. La risposta che si è data è si: Milano in questo momento è l’unico centro di attrazione per l’innovazione e la creatività che ci sia in Italia e svolge da solo il ruolo di “porta d’accesso” da tutto il mondo nel nostro paese e l’area di EXPO ha tutte le caratteristiche ideali per ospitare un progetto ambizioso che coinvolgerà circa 1.500 ricercatori da tutto il mondo.
Passando ai contenuti, il Rettore Azzone ha parlato dei due grandi temi su cui si lavorerà: il tema della salute e il tema della nutrizione. Quindi a questi temi dovrà essere indirizzata la ricerca scientifica che si farà in quell’area.
Inoltre ci vorrà tutto ciò che serve di supporto alla ricerca. La formazione certamente, ed ecco la necessità della presenza dell’Università Statale che su quei temi è punto di riferimento mondiale. La necessità poi della presenza di attività industriali nelle stesse aree, ed ecco Bayer, Novartis, Roche che hanno visto questo come un contesto dove è interessante investire, proprio perché si farà ricerca di qualità. Sarà un luogo in cui ricercatori, studenti, persone che lavorano nelle imprese convivono per scambiarsi idee e nuovi progetti. C’è l’ipotesi che ci sia un grande ospedale, in modo che ci siano tutti gli ingredienti funzionali al progetto. Ultima condizione è che sia un luogo facilmente accessibile.
Azzone è passato poi a parlare dei tempi. Le linee generali del “master plan”, cioè del progetto complessivo dell’area, sono pronte. Ai primi di novembre dovrebbe essere messo a gara internazionale il suo sviluppo e l’ipotesi è di avere il “master plan” pronto entro l’estate del ’17, il che vuol dire che la realizzazione degli edifici partirà nel ’18-’19; i primi trasferimenti significativi avverranno tra il 2020 e il 2022. Il che vuol dire che per progettare cosa fare di quel che resta a Milano abbiamo cinque anni, il tempo sufficiente.
Al Rettore Vago è stato chiesto quali siano le ragioni che stanno dietro la scelta di fare un progetto per spostare l’Università nell’area di EXPO e quali alternative siano state valutate.
Premesso che la prima proposta di trasferimento della Statale a EXPO è partita da Assolombarda, interessata a coniugare la formazione con le esperienze di impresa, il prof. Vago ha sostenuto che il nucleo centrale della proposta è quello di immaginare un contesto che fosse ottimale da un lato per la formazione e la crescita degli studenti e dall’altro consentisse una economia di scala alle attività di ricerca. Vago ha tracciato un quadro di una situazione strutturale molto critica sia per la vetustà di molti edifici che per la dispersione in varie aree della zona, anche lontane dal nucleo centrale (Vanvitelli, Balzaretti con Farmacia, fino a Via Ripamonti…), con una progettazione che si è stratificata dagli anni 50-60 fino a 15 anni fa e con una rigidità strutturale che rende molto difficile e onerosa l’ipotesi di una ristrutturazione. In più occorre valutare l’enorme difficoltà di cantierare su aree che ospitano attività sia di ricerca che di didattica. Secondo Vago, la possibilità di costruire un campus come si intende oggi nel modello più diffuso, è possibile, secondo le più accreditate esperienze nel mondo della ricerca e dell’università, solo aprendo una nuova sede. Prima dell’estate, continua Vago, è stato affidato a Boston Consulting Group uno studio comparativo per verificare la solidità del progetto di cui stiamo parlando.
La decisione, conclude il Rettore, è stata presa dal Consiglio di Amministrazione e dal Senato Accademico con una manifestazione di interesse e da qui partiremo con un percorso di fattibilità economica, contando su un finanziamento del MIUR e delle istituzioni in generale, che condizionano anche gli eventuali tempi di progettazione e realizzazione.
All’assessore all’Urbanistica Maran è stato chiesto quali sono le strategie del Comune per affrontare l’eventuale spostamento di parte di Città Studi, evitando il rischio della “desertificazione”. Se lo scenario plausibile è quello del trasferimento della statale che si somma al trasferimento dei due ospedali Besta e Istituto dei Tumori, parliamo di un’area di 250.000 mq che cambierà natura e dovrà essere ripensata.
Maran ha sottolineato la validità del metodo del confronto che l’Amministrazione sta utilizzando per discutere con i cittadini questi temi di grandi trasformazioni urbane e ha esordito spiegando qual è la posizione del Comune rispetto a questi interventi.
Il Comune appoggerà e condividerà la scelta che farà l’Università ma nello stesso tempo ha la necessità di programmare un futuro per il quartiere di Città Studi, che mostra due aspetti critici, uno sul fronte delle università: due in questo caso con il Politecnico che potrebbe in qualche modo svolgere un ruolo nel futuro delle aree lasciate libere, l’altro sul fronte ospedaliero dove è avvenuta la scelta, di certo non condivisa dal Comune di Milano, di investire in altre aree. Stiamo quindi passando da una situazione di carenza di spazi per le Università e gli ospedali a una situazione in cui si devono fare delle scelte per gestire la sovrabbondanza.
Come intende muoversi il Comune, premesso che gli interventi si dovranno svolgere in un arco di tempo molto ampio?
Bisogna ragionare sulla vocazione del quartiere che deve rimanere. Questo è un quartiere con una forte vocazione a servizi pubblici, universitari e ospedalieri. E’ chiaro in questo Maran: nessuno pensi di sostituire strutture ospedaliere e universitarie con residenze private. Il punto è capire in che modo a servizi che se ne vanno subentrano servizi nuovi e in che misura questo ci aiuta anche a risolvere alcune delle criticità del quartiere, come lo svuotamento serale delle zone universitarie.
Il Comune dovrà valutare quando e quanto si sposterà, e poi quali altri servizi universitari che non sono stati realizzati per mancanza di spazio potranno domani essere realizzati. In che modo si potrà superare l’allontanamento dei due ospedali con la realizzazione di un nuovo ospedale di livello nell’area Est di Milano. Questo ed altro sarà oggetto del progetto che si dovrà realizzare.
“Avendo un vantaggio, che è il tempo, stiamo valutando”, ha concluso Maran, “di utilizzare in maniera formale un supporto di consulenza del Politecnico”, che certamente vedrà il suo futuro a Città Studi, per studiare lo sviluppo futuro di queste aree, che, non dimentichiamo, sono anche in parte rilevante soggette a vincolo. Il nostro obiettivo, ha concluso Maran, è di tenere insieme al Municipio una modalità di controllo e confronto costante con i cittadini al fine di sgomberare il campo da qualsiasi tipo di preoccupazione.
Al termine degli interventi dei relatori, nella seconda parte della serata si è svolto un serrato dibattito a domande e risposte tra cittadini presenti e i relatori stessi. Dibattito che in alcune fasi si è svolto un po’ sopra le righe, in particolare per gli interventi di alcuni studenti di Città Studi e di rappresentanti del Centro Sociale Lambretta, che, pur portando temi e rivendicazioni assolutamente legittime, in particolare sul diritto allo studio, sulla difficoltà di accesso delle fasce più deboli agli studi superiori e sui costi del servizio che ne sono una delle cause, hanno esposto contenuti decisamente “fuori tema”.
Da segnalare anche la presenza e gli interventi di gruppi di cittadini facenti riferimento a movimenti politici che hanno fortemente criticato le scelte dell’amministrazione a partire da EXPO fino alle scelte di cui si è parlato ieri sera del “dopo EXPO”.
In conclusione, se come è parso chiaro ed è stato anche ammesso dal presidente Azzone, la scelta dell’area EXPO per lo spostamento della Statale è discesa anche dalla mancata conclusione della vendita all’asta dell’area in questione, che ha reso pressante la necessità di trovarne un utilizzo che remunerasse l’investimento, la scelta che con ogni probabilità si farà potrà essere una scelta giusta per lo sviluppo della ricerca e della formazione universitaria a Milano.
E’ quindi vitale che tutti (Comune, Municipio, Università, Politecnico, cittadini organizzati, associazioni) contribuiscano a realizzare un progetto di valorizzazione delle aree che resteranno a Città Studi rispettando quei criteri di vocazione ai servizi del quartiere di cui ha parlato Maran. Il tempo c’è, cittadini e Municipio si sono mossi tempestivamente per allertare sul problema, le competenze per fare un buon progetto ci sono….dobbiamo essere ottimisti senza abbassare la guardia.