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 Re: Violenza sessuale. Una sentenza contestata
Autore: Iole Natoli 
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Vorrei aggiungere ancora qualcosa, ritenendo necessario che si distingua tra due aspetti diversi del problema, che finiscono per sovrapporsi rendendo meno chiara la questione.
L’uno riguarda l’eventuale carenza del sistema o della legge che regola reati di questo tipo e a ciò si può provvedere solo in sede apposita. Si può prendere atto dell’erronea articolazione di una legge e chiederne pertanto il rifacimento.
L’altro è quello di accertare SE la Cassazione ha effettivamente agito nel pieno delle sue funzioni o non si è invece lasciata fuorviare essa stessa, nell’emettere il suo giudizio di legittimità. A me QUI interessa qui solo quest’ultimo aspetto.
Attingo dunque ad alcuni brani del mio 2º articolo, che riprende e amplia il precedente (da qui qualche parziale coincidenza). In esso ho contestato «l’affermazione in base alla quale il non accoglimento dell’attenuante debba dipendere non dal contenuto, ovvero dalla motivazione dell’attenuante richiesta, bensì dall’assenza di un disvalore aggiuntivo», che consisterebbe nel non avere usato forme di coercizione violenta. Quasi che arrivare a perpetrare lo scempio della persona sia IL PENSABILE, ciò che ci si aspetta venga fatto e il non essere arrivato a tanto l'eccezione, che in ragione di ciò va premiata. Di conseguenza la questione dell'invasività va ribaltata».
Ancora: “ciò che ha inteso affermare «il giudice della Corte d’Appello definendo l’atto compiuto dall’imputato come “la forma più invasiva e conseguentemente più grave di lesione dell'altrui integrità psicofisica”, senza richiedere perizie di un qualche tipo che accertassero il grado di gravità» è «molto semplicemente che non si era trattato di un petting, ovvero di quell’insieme di pratiche ed effusioni di natura sessuale che non includono un rapporto sessuale completo, ma di congiungimento carnale vero e proprio, innegabile, non contestato, non da misurare e quantificare mediante perizie, perché facente parte del fatto accertato”.
“Questa obiezione a mio parere è centrale, perché oltre a essere vera serve a spostare il significato di invasività da quello di lesione fisica e psichica conseguente a uno stupro cui sia stata opposta resistenza, o che sia stato effettuato con strumenti vari, a quello implicito nell'atto sessuale che invade la persona nella situazione descritta - la bambina è PERSONA e non oggetto - molto più di accarezzamenti vari di tipo erotico. E serve non solo a contestare che l'atto possa essere considerato di minore invasività, ma anche a porre i necessari paletti all'assurdità di dimostrazioni periziali del danno suggerite dalla Cassazione stessa, quasi che le conseguenze dell'abuso invasivo potessero essere visibili e già in atto, fossero dati misurabili scientificamente a priori e non EFFETTI CHE SI DISPIEGANO NEL TEMPO, a volte solo a distanza di moltissimi anni, minando spesso un regolare rapporto con un partner o rendendo perfino inaccettabile la maternità (fare e vedere crescere un bambino/a, su cui riflettere come in uno specchio la propria infanzia aggredita e cancellata). E questo quale che possa essere stato il tipo di sentimento sviluppato - per induzione altrui - dalla bambina, sentimento che non spetta a noi etichettare (pedofilo è il comportamento dell’adulto non il comportamento della bambina) ma al soggetto-vittima che dovrà elaborarne la natura, nel personale processo di crescita.
Quanto all’induzione, già implicita nell’abuso di autorità che ha portato al congiungimento carnale, questa è rilevabile anche da altri dati, tra i quali il clima di nascondimento - determinato dal divieto di parlarne con altri - che di per sé reca danno a un minore, creando oppure aumentando la frattura tra il soggetto da tutelare e la madre”.
Milano, 16.12.2013 © Iole Natoli
http://femminismi-confronto-work.blogspot.it/2013/12/la-sentenza-della-iii-sez-di-cassazione.html
Sperando che l’Avvocato Steccanella possa rispondere in modo esauriente a quanto esposto, resto in attesa di eventuali commenti.

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