Autore: adalberto
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Anch'io ci sono andato, spinto dalla curiosità: i forconi in fondo sono una delle icone più antiche delle rivolte popolari. Devo essere arrivato più o meno quando Franco se n'è andato, ma le sensazioni non sono state molto diverse, credo. Un gruppo di ragazzotti marciavano in tondo dietro a uno striscione nero a lettere bianche contro il “governo delle tasse”. Erano pochi e andavano a bloccare le strade prima di qui e poi di là, gridando “fate vedere lo striscione!” Per l'abbigliamento e i modi difficile non pensare a gente di destra. Poi è partito anche qualche coro da stadio tipo “gente come noi non molla mai”. Però era una cosa strana. Ho attaccato bottone con un ragazzo, che mi ha detto subito di essere di sinistra e di avere come modello il movimento di piazza Tahrir, al Cairo. Uno studente con un lavoro precario alla McDonald. Ho parlato anche con un graduato di PS che mi ha confermato trattarsi di “manifestazione autorizzata fino alla 20”. Allora adesso autorizzano manifestazioni che paralizzano il traffico sotto Natale. Segno dei tempi. Gli agenti peraltro erano meno di dieci, equipaggiati come se facessero un giro tra le bancarelle. Ed è certo bene così, perché ancora al Cairo non siamo e il nostro Mubarak seppur non (ancora) in galera, ossia dove dovrebbe stare, tresca e complotta ma per lo meno non è più al governo. Gli agenti sono intervenuti solo per far scorrere un automobilista inferocito che si era messo ad altercare con un gruppo di manifestanti. Un paio di ragazze con piccoli megafoni si sgolavano a dire niente violenza, siamo tutti italiani. L'autista di un grosso camion di Teramo si è messo a suonare le trombe scatenando un visibilio di applausi, ma secondo me era anche lui semplicemente esasperato per il blocco stradale. Perché glielo chiedevo, un tipo in giubbotto giallo ha cercato di spiegarmi i loro obbiettivi. Strano e confuso impasto tra il forcaiolo e il buonista. Comunque contro questo governo e “tutti gli approfittatori, che sappiamo chi sono e possiamo andare a prendere uno per uno”. E “se tutti gli italiani, di settanta milioni che siamo vengono qui, dove scappano quelli?”
Un gruppo di ragazzi, alcuni con i capelli da rasta, fanno partire da un apparato montato su una specie di carriola Get up stand up di Bob Marley, ma altri dicono che no, niente musica perché non è una festa. Improvvisamente tutti si sbattono per far muovere l'enorme fila di macchine che intasa viale Brianza perché c'è un'ambulanza da far passare e loro “vogliono il benessere di tutti”. C'è anche qualche immigrato, d'altronde via Padova è a un tiro di sputo, e sembra davvero la composizione sociale di un vagone della metro, come dice il vecchio Franco Calamida. Insomma popolo, popolo italiano più, come sempre, qualche infiltrato a tentare il solito sporco gioco degli infiltrati. Attenzione però: se li guardi negli occhi la vedi la disperazione, molta, e la paura. Ma che confusione, che ingenuità e che mancanza di riferimenti. Dove andranno? Bene certo non lo sanno manco loro. Forse sono qui perché non si può più essere da nessun'altra parte. Chi si ricorda di Poujade? Ma no, è stata una roba diversa, però assomiglia. Un altro frutto avvelenato del malgoverno, certo una miscela esplosiva. Come negli anni venti del secolo scorso? Forse no, ma è evidente che il tempo dei rinvii è finito ed in fondo sì, sono nostri fratelli, italiani come tutti noi, cornuti e mazziati.
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