La provvidenza rossa

Un corposo romanzo noir ambientato nella Milano della fine degli anni ’70. Un affresco accattivante del clima dentro e intorno al Partito Comunista Italiano milanese con nomi e cognomi, per quanto inventati, che rimandano a persone in carne e ossa. Bella lettura. Buon divertimento. ()
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Alle ore 7 del mattino di lunedì 31 ottobre 1977 la fioraia Calchi Bruna, iscritta alla Sezione Sempione del Partito Comunista Italiano, viene cancellata “in una x di proiettili” sparati da una Maschinenpistole Mp 40 utilizzata in tempo di guerra dai nazisti.

Da questo sanguinoso antefatto si dipana una storia intricatissima sulla quale indaga il Commissariato di polizia della zona Sempione e, in parallelo, la Federazione milanese del PCI, impegnata, in quel periodo dell’anno, nella campagna di tesseramento.

A condurre le indagini per i comunisti sono il presidente e il vicepresidente della potente Commissione probiviri regionale che, per risolvere il caso, interpellano e interrogano decine di militanti del partito e di iscritti al sindacato, nonché di dirigenti delle Cooperative e dell’ARCI.

E sono proprio gli uomini del Partito che scoprono e, contemporaneamente occultano, l’imbarazzante verità.

Va da sé che la compagna assassinata non è uno splendore di moralità e che, dentro e intorno al Partito, gravitano personaggi quanto meno ambigui e anche un po’ loschi. Va da sé che la storia incrocia scommesse clandestine nel sottobosco del mondo dei cavalli, questioni di droga e di terrorismo nero e rosso.

E’ anche opportuno ricordare che l’autore, Lodovico Festa, detto Vichi, nell’ottobre del 1977, è membro del Comitato Direttivo del PCI milanese di cui conosce vita, morte e miracoli.

Questa sua diretta conoscenza gli permette di introdurre nel racconto, con nomi e sembianze camuffate, dirigenti del Partito, assessori comunali, sindacalisti e cooperatori nonché eminenze grigie dell’intellighenzia comunista di quegli anni, ricostruendo un clima del tutto attendibile.

Con i nomi propri compaiono solo alcuni dirigenti massimi del Partito come Ingrao, Napolitano o Amendola, mentre il segretario nazionale di allora, Enrico Berlinguer, che pure ha un ruolo nella vicenda, è presente in modo anonimo.

Riconoscibilissima Milano e i suoi luoghi anche se alcune inesattezze, probabilmente volute, fanno sì che la sezione Sempione sia in via Rosmini, mentre era in realtà in via Canonica e che le feste dell’Unità di zona si tenessero all’Arco della Pace mentre in verità si tenevano nei pressi dell’Arena, nell’area della Acqua Marcia.

Nelle 527 pagine dell’affabulante romanzo si affacciano, come detto, decine di dirigenti e di militanti del Partito, sindacalisti, immobiliaristi, avvocati, architetti e notai, noti ristoratori, registi della RAI e giornalisti del Corriere e dell’Unità, membri del KGB e noti malviventi come il famigerato Angelo Epaminonda detto il Tebano.

Un’umanità vibrante che popola un mondo che, nella realtà e nella fantasia dell’autore, costituisce un universo compiuto, decisamente riconducibile alla quotidianità di quel tempo ormai lontano.

Vichi Festa si diverte a scoprire altarini e sollevare tappeti sotto i quali si sono depositati decenni di polvere, maneggia la materia con cinismo, a volte sopra le righe, ma senza mai allontanarsi troppo dalla realtà di quegli anni, per certi versi formidabili.

Compare anche una camuffata e divertente/divertita sequenza di ristoranti e trattorie, dove di norma si ristoravano i funzionari comunisti di allora. Ecco il ristorante ligure-pontremolese di “Pino e Pina” oppure ”Elmo e Natasha” dove ai commensali viene servito, in scarsa porzione, un raviolone con mandorle tritate e miele e una costina d’agnello con salsa di menta, il tutto annaffiato da una bottiglia di ottimo Sassicaia.

Tra un’indagine e l’altra, in questa pantagruelica avventura, l’autore si permette qualche corposa divagazione nella quale inserisce elucubrazioni di materia varia sui massimi sistemi: le grandi questioni politiche e sociali di allora, la politica estera e il rapporto del PCI con l’Unione Sovietica, economia e finanza e l’emergente, allora sottovalutato, mondo della televisione privata.

Tra qualche esagerazione narrativa, si distinguono per efficacia ed efficienza, i comunisti emiliani che costituiscono una categoria dello spirito a parte.

Sopra tutto e tutti, sembra che la pratica più diffusa nel Partito sia l’arte di dissimulare, di far apparire vero quello che vero non è e viceversa. Ad ogni buon conto il racconto è godibile per tutti, godibilissimo per chi ha frequentato quegli ambienti in quegli anni.

Una piccola raccomandazione del lettore all’autore e ai redattori: andatevi a rivedere l’incongruenza oraria che si manifesta tra le pagine 173, 182, 186. Ma è peccato venialissimo rispetto a una narrazione decisamente cinica, a volte un po’ sopra le righe, ma sempre avvincente.

Condivisibile e appropriata la definizione che viene utilizzata per il militante di quel Partito: “anima candida”

p.s. Il 6 novembre 1977 allo Stadio di San Siro si disputò la partita Inter-Milan (1-3) e non Milan-Verona (2-1) come sostenuto dal racconto ma, del resto l’autore sostiene che “fatti e personaggi sono rigorosamente frutto dell’invenzione narrativa”, un’ottima conferma dell’arte del dissimulare. A proposito, il tesseramento che sta tanto a cuore al segretario della Federazione provinciale, si concluse quell’anno con 85359 iscritti contro gli 88728 dell’anno precedente…

 


Lodovico Festa
La provvidenza rossa

Sellerio editore Palermo
PP. 527 € 15,00

(Massimo Cecconi)



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