Donne rifugiate e richiedenti asilo nell'Unione Europea

Al Palazzo delle Stelline per tutto marzo, un ciclo di eventi promossi dal Parlamento Europeo e dedicati al confronto e al dibattito fra le donne, le associazioni le istituzioni che a vario titolo si occupano di uguaglianza di genere. Ecco un report del primo incontro.
()
viso donna
“Il senso della libertà per le donne nelle varie culture”, questo il tema dell’incontro che si è tenuto al Palazzo delle Stelline, il 9 marzo scorso, su iniziativa dei Sindacati Confederali, con la partecipazione di Ivana Brunato, Chiara Martucci, Danilo Margaritella, Clara Lazzarini, Maria Grazia Bove.
L’incontro fa parte del ciclo “L'Europa è delle donne”, promosso dal Parlamento Europeo, che si sviluppa nel mese di marzo con tre eventi a tema che hanno lo scopo di “promuovere sinergie positive tra i soggetti partecipanti, pubblici e privati, e i parlamentari europei”.
Un filmato ha introdotto l'argomento presentando la situazione della giovane moglie di un emigrato indiano, alla quale non è permesso -con il consenso di lei- di uscire di casa da sola neppure per frequentare una scuola di lingua italiana e che quindi resta sola a casa sino al rientro del marito. Neppure un elevato livello d'istruzione fa superare i preconcetti al gentile consorte, che accampa l'incapacità di giudizio della giovane ragazza per giustificare i suoi pregiudizi.
È vero che spesso la donna esprime un consenso alla volontà maritale che corrisponde
più a una preferenza adattiva al reale, che al suo bisogno di libertà, come la favola della volpe e l'uva, in esame è quindi il concetto di libertà come pieno sviluppo ed espressione della realizzazione personale delle donne, che ancora oggi viene svalutato e negato.

Il concetto di libertà ha un significato univoco o può essere declinato adattandolo alle diverse culture? e in questo senso la legge dello stato d'accoglienza può essere anteposta alla tradizione che limita la libertà individuale?

Suping Huang, mediatrice culturale cinese, racconta che in Cina , specie nelle campagne, predomina una tradizione in cui il padre è padrone, una famiglia senza un figlio maschio è maledetta e questo è motivo di divorzio. Anche se le cose stanno cambiando, esistono ancora i matrimoni combinati, le donne lavorano moltissimo, molto più dei maschi, ma quando una donna imprenditrice ha successo, è pure malvista. In politica non viene lasciato molto spazio alle donne e non c'è parità. In questo campo le donne devono mettersi maggiormente alla prova.

Souheir Katkhouda è italo-siriana, in Italia dal 1976, presidente delle “Donne musulmane in Italia” cui partecipavano studentesse e che si fondava  sull'integrazione, su identità culturale e tradizione. L'inizio della guerra siriana ha spazzato via l'afflusso di studenti e portato i rifugiati.
Nel mondo musulmano esistono Paesi che hanno tradizioni diverse da quelle dei Paesi arabi che sono comunque molteplici. Il senso della libertà viene prima della religione e solo l'ignoranza ha portato le donne arabe alla situazione che conosciamo. Le nuove generazioni non cercano però integrazione, bensì interazione e lei attualmente sta collaborando con gli Imam per un progetto di sensibilizzazione del tema del rispetto nei confronti delle donne.

Felicité Ngo-Tonye si occupa d'immigrazione da dieci anni e viene dal Camerun. Racconta che le donne del suo Paese vivono realtà diverse perché vi sono regioni che sono state sotto dominio francese, le donne sono musulmane - ma non tutte portano il velo- e altre regioni in cui persiste ancora l'animismo. Sulla carta le donne hanno parità di diritti, ma in realtà è una società patriarcale in cui esiste la poligamia e la donna è spesso lasciata sola. Le donne non hanno una voce politica forte, tuttavia in alcune regioni esistono le quote per le donne, ma ottengono solo incarichi senza portafoglio e quindi senza potere effettivo. Alle bambine vengono insegnate le attività domestiche, ma non l'autorealizzazione. Studiare sino all'università è difficile, il governo stanzia pochi fondi, s'impegna poco e in alcune zone è difficile censire le ragazze in età scolare perché la nascita non sempre viene denunciata, dato che le famiglie preferiscono spendere i soldi per i maschi. L'insufficiente istruzione non consente loro di entrare nel mondo del lavoro e restano quindi escluse dalla protezione sociale. In famiglia vengono abusate dai mariti e una pubere su quattro subisce lo stiramento del seno con ferri roventi per evitare di attirare le brame maschili. Il capofamiglia è il maschio e alle donne è impossibile ereditare terreni agricoli.
Il governo però spinge a formare cooperative anche femminili e le donne si sono organizzate, specie nelle zone agricole, in società di mutuo soccorso, raccogliendo soldi e concedendo micro crediti a chi vuole avviare un'attività, perché non hanno accesso alle banche.

Carolina Ochsenius viene dal Cile ed è in Italia da 13 anni. In Cile, come in tutto il Sud America non è negato l'accesso allo studio alle ragazze, ma non c'è libertà per il corpo delle donne e pregiudizi e luoghi comuni nei loro confronti determinano la cultura dei luoghi. Nei casi di violenza sessuale la donna  viene indagata sull'avere provocato e giustificato la violenza con abiti o atteggiamenti. La violenza contro le donne è molto presente e anche l'incesto. L'aborto è reato e solo Cuba, Uruguay e Città del Messico lo consentono, in Argentina solo per gravi motivi di salute. Neppure una bambina di undici anni violentata ha potuto abortire. Ma, come si sa, si abortisce ugualmente: le donne ricche  nelle cliniche private, le altre lo fanno in casa.
Col virus Zika il tema è tornato attuale, ma invece di pubblicizzare l'uso dei preservativi, hanno preferito consigliare alle donne di non avere rapporti sessuali per due anni, giusto il tempo di trovare un rimedio, perché non viene fatta prevenzione e informazione e la religione vieta i metodi contraccettivi. La responsabilità resta individuale, ma non si può decidere cosa fare del proprio corpo.
In certi casi tutto il mondo è paese e, conclude la coordinatrice, se “politica” è un nome femminile, viene declinato però solo al maschile. Ci sarà un futuro in cui sarà possibile la collaborazione tra donne e uomini di buona volontà per conseguire un bene comune? Si spera.
 
 

Commenta

 
 Rispondi a questo messaggio
 Nome:
 Indirizzo email:
 Titolo:
Prevenzione Spam:
Per favore, reinserire il codice riportato nell'immagine.
Questo codice serve a bloccare i tentativi di inserimento automatici.
CAPTCHA - click right for audio Play Captcha