Gianni Brera. L'Arcimatto

A dire il vero è già accaduto, ma ci piace dare comunque notizia di un incontro dedicato a uno dei più grandi giornalisti italiani di tutti i tempi.

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Gianni Brera immagine

Nel pomeriggio di lunedì 29 febbraio l’Auditorium “Stefano Cerri” di via Valvassori Peroni era gremito all’inverosimile. In sala molti cultori della materia, qualche curioso e tantissimi giornalisti aspiranti a crediti formativi. Organizzano l’Ordine dei giornalisti e Cives Universi-Centro Internazionale di Cultura di Milano.

Sul palco, con qualche problema di natura tecnica per via dell’impianto di amplificazione, si susseguono a ritmo serratissimo giornalisti, studiosi, scrittori, docenti universitari. Persone che comunque hanno conosciuto e/o studiato la vita e l’opera di Giovanni Brera fu Carlo.

Nel corso egli interventi si scopre, ad esempio, che il termine “abatino”, che Brera attribuì a Gianni Rivera, venne in verità coniato nel 1952 per Giorgio Albani, un corridore ciclista, e poi riproposto nel 1960 per Livio Berruti in occasione della sua vittoria nei 200 metri piani alle Olimpiadi di Roma nel 1960.

Lo racconta, con documentata passione, Claudio Gregori che di Brera è stato collega ed esegeta. Gregori ricorda anche il Gianni Brera inventore di neologismi, paragonabile almeno nella lingua italiana a Gadda e a Landolfi. Termini come “cronacazze muscolari”, “snaticare”, “ingropparsi” o “sperlusciato” di breriano conio sono poi entrati nel gergo del giornalismo e non solo.

Di Brera, i relatori raccontano la profonda cultura e l’umanità, il piacere e la competenza per la tavola e la naturale ritrosia, non certo “il Gadda dei poveri” come sembra lo definì Umberto Eco, piuttosto “una persona sola che non voleva restare sola”, come lo ricorda Mario Sconcerti.

Vengono anche ricordati da più parti gli innumerevoli tentativi di imitazione del suo linguaggio, il suo grande amore per Fausto Coppi o per Adolfo Consolini e, su tutto, la sua competente passione per il calcio e per i suoi interpreti, eroi o umili che fossero.

Andrea Maietti ricorda nel suo intervento di avergli dedicato la tesi di laurea che poi è diventata, riveduta e corretta, un libro (“Il calciolinguaggio di Gianni Brera”) in cui sono analizzate gran parte delle parole che Brera utilizzava per il suo lavoro di cronaca e di interpretazione del gesto sportivo.

Qualche termine? Uccellare, incornare, gnagnera, fighetto o stortignaccolo. Qualche soprannome? Oltre al già ricordato “Abatino”, ecco “Rombodituono” e “Puliciclone”, tra gli altri.

Qualcuno ricorda, tra lo stupore dei più, che Brera intervistò il grande atleta finlandese, più volte olimpionico, Paavo Nurmi in lingua latina (un po’ maccheronica, invero) non avendo a disposizione altri linguaggi comuni.

L’aneddotica sulla persona è pressoché infinita, il figlio Paolo, a sua volta giornalista, ricorda che al padre piaceva cucinare la pasta e condirla con aglio, olio e peperoncino.

Uomo della Bassa, “padano di riva e di golena”, era nato a San Zenone Po nel 1919, laureato in Scienze Politiche a Pavia, paracadutista e partigiano in Val d’Ossola, Gianni Brera ha scritto tre i romanzi e migliaia di articoli su La Gazzetta dello Sport, Il Giorno, Il Guerin Sportivo, Il Giornale e La Repubblica, per citare solo le testate più famose.

Morì, in un incidente stradale, il 19 dicembre del 1992.

Giusti l’omaggio e l’attenzione che gli organizzatori dell’incontro gli hanno dedicato.



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