Alexandr Sokurov
La Cineteca Italiana ospita a Spazio Oberdan una importante rassegna dedicata al genio visivo del regista russo, tra i massimi autori contemporanei di cinema.
Dal 19 febbraio al 3 marzo una sequenza impressionante di capolavori.
(Massimo Cecconi)10/02/2016Alexandr Sokurov è un signore di mezz’età, come si sarebbe detto un tempo, educato e tranquillo, privo di qualsiasi atteggiamento divistico o narcisista.
Gode fama di cineasta rigoroso e ossessivo nel costruire le sue opere secondo schemi che si rifanno alla grande cultura del suo paese, cinematografica, artistica e letteraria.
Il suo cinema non è mai compiaciuto o autocelebrativo, è cinema di ricerca di linguaggi e di visioni, un cinema asciutto, riflessivo senza nessuna concessione allo spettacolo fine a se stesso.
Sokurov lavora sulla storia e sulla memoria, dove l’intreccio tra pubblico e privato non gli fa mai perdere di vista i valori più profondi della vita. Il cinema di Sokurov è visionario e contemplativo, indagativo e analitico, sicuramente senza alcun paragone con altri autori coevi.
In “Elegia del viaggio” (2001), ad esempio, indaga con la macchina da presa il quadro “Chiesa e piazza S.Maria, Utrecht” (1662) di Pieter Saenredam ospitato dal museo Boijmans di Rotterdam, alla ricerca dei particolari più nascosti, per scoprire e raccontare la vita e le storie che nel dipinto si nascondono.
Il suo cinema più “politico” ha affrontato i temi e le personalità più controverse del ‘900. In “Taurus-Il crepuscolo di Lenin” (2000) racconta il declino del grande rivoluzionario, ormai vicino alla morte. In “Moloch” (1999) il personaggio storico indagato è Hitler nella sua banale quotidianità, mentre ne “Il sole” (2005) il personaggio centrale è l’imperatore del Giappone Hirohito.
Al centro dell’indagine di Sokurov c’è però anche la famiglia come accade in “Padre e figlio” (2003) o in “Alexandra” (2007) che rilegge criticamente il conflitto russo-ceceno.
- Molti film dell’autore sono dedicati all’arte, come il citato “Elegia del viaggio” e come il famoso “Arca russa” (2002) in cui il museo dell’Ermitage di Leningrado, pardon San Pietroburgo, diventa lo scenario per un racconto magniloquente sull’arte e sulla storia russa: un unico piano-sequenza di 90 minuti realizzato con una troupe composta da 4500 persone.
Tra i film più recenti vale ancora citare “Faust” (2011), Leone d’oro a Venezia, e “Francofonia” (2015) dove si racconta, con apparizioni evocative di personaggi storici e immaginari, la lunga trattativa per salvare le opere del Louvre tra un gerarca nazista e il direttore del museo di allora.
Per quanto non segnalato, ma di uguale importanza, si rimanda al sito www.cinetecamilano.it che fornisce anche informazioni sulla programmazione del ciclo e sulle modalità di accesso alle proiezioni.
Dicono le note di presentazione:” …ciò che ne scaturisce è un geniale amalgama estetico in cui sembra di poter rintracciare, magari solo per improvvisi, rapidi bagliori, il senso nascosto, la verità più profonda di cose e persone. In una parola, della vita”.
Che le (buone) visioni siano con voi.